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Lo Sport è nella Costituzione. Ora il paese cambi mentalità
All’indomani dell’inserimento tra i valori della nostra Carta costituzionale, Giovanni Sciancalepore, giurista dello sport nell’Università degli Studi di Salerno, commenta come «la novità dovrà condurre, necessariamente, ad un mutamento del nostro atteggiamento mentale nei confronti dello sport»
02 October 2023
Rimarrà una data storica, per lo Sport italiano, quella del 20 settembre 2023. Infatti con la seconda e ultima deliberazione della Camera dei deputati, si è positivamente concluso l’iter legis che ha condotto all’approvazione del disegno di legge costituzionale che ha inserito lo sport, appunto, nella nostra Carta costituzionale, proprio nei giorni che ne ricordano il settantacinquesimo anniversario dalla sua entrata in vigore. La modifica unanime dell’art. 33 della Costituzione ha, così, permesso, l’introduzione del secondo comma: «La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme». Un comma che sintetizza, in poche e chiare parole, il significato vero e profondo di una vera rivoluzione costituzionale che nel corso degli anni a venire potrà migliorare la qualità della vita dei cittadini e delle comunità da essi formate. Un’impostazione che segue pedissequamente, nel solco della storia democratica del nostro Paese, la forza programmatica dei valori e dei principi di rango costituzionale chiamati a penetrare nella nostra vita quotidiana. Dunque il sacrosanto riconoscimento di un valore che da oggi sarà anche un diritto di rango costituzionale, per ciò stesso arruolabile tra quelli posti nella superiore gerarchia delle stesse fonti del diritto.
Panorama.it ha chiesto al professore Giovanni Sciancalepore, un commento sulla rivoluzionaria novità giuridica, intesa ad innovare diritto e mentalità quotidiana.
Professore, un traguardo giuridico fondamentale…
«Lo è, sia dal punto di vista formale che sostanziale. Dal primo versante, visto l’inserimento nella nostra Carta costituzionale, intesa come regina delle fonti del diritto, e poi anche sostanziale, perché la modifica dell’art. 33 di tale fonte apicale riconosce, nell’ambito dei valori costituzionali, la centralità dell’attività sportiva».
…caratterizzato da un alto valore sociale.
«Direi che l’attività sportiva e non lo “sport” in sé, si caratterizza per un’alta valenza sociale proprio perché espressione di un valore educativo. Nel contesto costituzionale non viene presa in considerazione la performance agonistica, la prestazione e la massimizzazione dei risultati, ma un’attività che sia strumentale al raggiungimento di un equilibrio psico-fisico, a sua volta diretto alla piena realizzazione della persona umana. Concetti, questi ultimi, già conducenti tra i valori sanciti dalla Costituzione».
Addentriamoci nel campo del diritto: cosa cambia adesso?
«Dovrà cambiare, innanzitutto, l’approccio di noi tutti al tema della pratica sportiva, non intesa come mero esercizio fisico, ma come messa in pratica dei valori della civile convivenza, che lo sport, da sempre, ha cercato di rendere parte integrante della nostra coabitazione sociale. Cambia, quindi, nella misura in cui lo sport, il suo diritto, assumerà la piena rilevanza costituzionale. Nella ben nota gerarchia delle fonti -lo sappiamo bene- la Costituzione rappresenta la “fonte delle fonti”, quindi parliamo di una nuova impostazione culturale che dovrà necessariamente farsi largo a partire dalla nostra vita quotidiana, dalla pratica sportiva di ognuno di noi».
Le parla di convivenza civile…
«Ragioniamo di concetti portanti l’assetto democratico e liberale del nostro ordinamento, non c’è che dire. Se volessimo virare, nello specifico, proprio sul tema del “diritto dello sport”, al di là di questa consapevolezza, mi permetterei di sottolineare, con estrema franchezza, che non è che si stravolgerà il mondo. E’ il nostro approccio mentale e culturale che dovrà necessariamente modificarsi alla luce di tale importante innovazione».
Prima della modifica dell'articolo 33, nella Costituzione italiana l’unico riferimento allo sport era presente all’articolo 117 comma 3.
«Quella norma inseriva l’ordinamento sportivo (già presente nella legislazione ordinaria) tra le materie di legislazione concorrente, ossia a metà tra le competenze dello Stato e quelle delle Regioni. E’ stata finalmente bilanciata l’attività sportiva passando da un contesto di carattere “procedimentale” a un profilo più marcatamente “sostanziale”. Si rifletta sulla seguente circostanza sistematica: l’art. 33 seguire l’art. 32 che sappiamo bene valorizzare la salute umana come diritto di rango primario».
Pare di capire che lei faccia riferimento ad un processo di riassetto dell’economia generale della Costituzione…
«Esatto, un riassetto non insignificante o formale, ma che acquista, evidentemente, un suo senso nell’inserimento dell’attività sportiva in quel novero di diritti e valori fondamentali che caratterizzano la Carta come centrale nel nostro ordinamento».
La Costituzione finora non aveva però annoverato alcun riferimento specifico all’attività sportiva o allo sport in generale.
«Non è stato però scelto il termine “sport”, preferendosi invece quello di “attività sportiva”. Senza assumere atteggiamenti aprioristici, molto verosimilmente la terminologia non è stata dettata dalla casualità, visto che l’“attività sportiva” rappresenta un’attività ludica ma che, al contempo, può sfociare in qualcosa di professionistico, cioè di agonistico. Probabilmente il legislatore, pensando al contesto costituzionale, ha prediletto il concetto di “attività” forse anche come forma espressiva, quasi a voler sottolineare l’evolversi di un procedimento sportivo».
Il passaggio sembra essere centrale!
«Con l’attività sportiva è come se ci trovassimo di fronte ad una forma espressiva della persona, ad una sua peculiarità, ad una sua attitudine, anche come momento di realizzazione e di attuazione della singola persona. Se questa è -come penso- la ratio della norma, ci troviamo innanzi ad un passaggio nobile nell’atteggiamento assunto dal legislatore costituzionale, diretto ad un inserimento della pratica sportiva nel novero fondante il nostro assetto costituzionale».
Una distinzione soltanto formale?
«Una chiara scelta politica per sottolineare l'attenzione verso la pratica sportiva generalizzata, quella di tutti i giorni, piuttosto che nei confronti dell’agonismo d’élite professionistico».
Lei è un giurista dello sport, ora si sentirà più responsabilizzato?
«Una delle prime lezioni che tengo ai miei studenti, ad inizio corso, serve sempre a far capire loro che pur nella peculiarità del contesto sportivo in cui ci troviamo, il tutto va inquadrato in una logica sistematica di natura costituzionale. Personalmente non cambierà quasi nulla, nel senso che ho sempre parlato e predicato della necessità che lo sport -e la stessa autonomia del suo ordinamento, dichiarata dal legislatore- continuano a fare parte integrante del sistema ordinamentale statuale. In primis di quello costituzionale, ovviamente».
Ora, però, c’è un riconoscimento al più alto livello…
«Certo, oggi il riconoscimento “nominale” da parte del legislatore costituzionale amplifica questo aspetto e, personalmente, questo passaggio mi inorgoglisce ancora di più ».
*
Giovanni Sciancalepore, salernitano, classe 1967, è professore ordinario di Sistemi giuridici comparati presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche (Scuola di Giurisprudenza) dell’Università degli Studi di Salerno di cui è direttore. Dal 2000, è titolare dell’insegnamento di Diritto dello Sport. In tale ambito ha pubblicato, tra gli altri, Lineamenti di giustizia sportiva (a cura di G. Sciancalepore e P. Stanzione, S. Palazzi, Giappichelli, 2015), mettendo in risalto -tra l’altro- la considerazione delle modalità operative della giustizia sportiva per la ricostruzione di una giurisdizione domestica nel contesto delle regole di talune federazioni sportive, illuminando le regole proprie del processo sportivo.
Panorama.it Egidio Lorito, 22/09/2023
Social network
Esselunga "pesca" anche in rete
La parola chiave collegata al nuovo spot del colosso dei supermercati ha conquistato gli internauti
02 October 2023
In principio fu una pesca.
Esselunga negli ultimi giorni ha scatenato il dibattito - anche politico - con il suo nuovo spot in cui una pesca (sì, il frutto) è lo strumento con cui una bambina di una coppia separata tenta il riavvicinamento di mamma e papà. C'è chi come Vecchioni, lavagna alla mano, ha spiegato l'etimologia della parola e chi, come Matteo Salvini, fa il pieno di buste gialle con la S rossa sopra: "Le pesche erano finite, ma tanta roba". E se la premier Giorgia Meloni ha trovato lo spot "bello e toccante", Nicola Fratoianni innalza la bandiera del "mi sembra davvero sbagliato, in questo e in altri casi, mettere in mezzo la sofferenza dei bambini su temi delicati per scopi commerciali".
Ma che cosa ne pensa il web?
Il dibattito, accesissimo, ha interessato tutte le piattaforme di social networking, da X a Facebook passando per Instagram o TikTok. Per questo, Arcadia ha studiato le due parole chiave regine della scorsa settimana, Esselunga e, appunto, pesca, per dipingere un quadro più dettagliato di questa ondata inaspettata.
Sono oltre 9 milioni le interazioni che le due keyword più discusse hanno raccolto in questi ultimi 7 giorni online. Il 65% è stato calamitato da Esselunga e il 35% dal nuovo frutto proibito, la pesca.
Sono l'incredibile cifra di 45.729, invece, le menzioni cumulative delle 2 keyword in questi ultimi 7 giorni online. Il picco massimo è stato raggiunto da entrambe, come mostra la linea temporale, giovedì 28 settembre.
Entrambe le keyword hanno incassato la quota maggiore di parlato, oltre il 60% su Facebook. È significativo che Esselunga abbia ottenuto la fetta più ampia di discussione su X con il 19%, mentre la keyword 🍑 pesca (con tanto di disegnino, per confermare che il mondo dei social è ormai governato dalle emoji) si porta a casa un 3% su Instagram.
La pesca sì, la pesca no. La pesca sì, però, la pesca no, anche se.
In questi giorni, ci siamo confrontati lungamente, poi divisi e scontrati a ripetizione, qualche volta anche mandati a quel paese, come ha fatto Carlo Calenda verso Matteo Salvini, sullo spot della Esselunga. Da un alto, ci sono quelli che hanno espresso il loro stupore e la meraviglia per l’ampiezza e l’inutilità del dibattito, dall’altra, invece, si sono accomodati coloro che hanno evidenziato un qualche aspetto di interesse.
Così, sono passati circa sessant’anni, eravamo nel 1964, da quando Umberto Eco diede alle stampe il suo celeberrimo Apocalittici e integrati e a distanza di decenni ci capita ancora di indossare l’elmetto per accapigliarci su questo o quell’argomento, serio, meno serio, futile o futilissimo. Solo che rispetto a quando ne scriveva Eco, sottolineando in quella duplice visione l’avvento della cultura di massa, con la piattaformizzazione delle nostre esistenze, le occasioni di contrapposizione si sono moltiplicate senza fine. Anzi, non solo ogni santo giorno abbiamo una cesta stracolma di opportunità per dividerci e sentenziare, per puntare il dito e condannare, ma con l’invadenza dei social network sempre più spesso a rendere obese le discussioni digitali sono principalmente gli argomenti leggeri, meno impegnativi, caratterizzati da una matrice fortemente emotiva.
Lo spot ci ha coinvolti volente o nolente in massa, nonostante Elly Schlein si sia affrettata a dichiarare di non averlo visto, è la rete registrata come i vecchi e precisissimi termometri a mercurio, la temperatura di questo parlato.
In sette giorni, infatti, online le due chiavi di ricerca, pesca ed Esselunga, hanno incassato oltre 9 milioni di interazioni. Un consistente volume di discussioni che non nasce da qualche BOT o dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale, ma è solo una conseguenza di quanto su questo tipo di argomenti la profilazione algoritmica può rendere virali temi all’apparenza privi di un interesse diffuso. Una seconda conferma di questo aspetto, ci arriva non solo dalle interazioni, ma anche dalle fonti che hanno ospitato le discussioni, per oltre l’80% di Esselunga e per poco più del 77% per la keyword pesca, si è parlato sui social.
Calcio
La guerra fuori dal tempo di Sarri ai calendari del calcio moderno
Il tecnico della Lazio (e non solo) contro il moltiplicarsi delle partite. Ma dimentica che solo così il sistema regge i mega-stipendi dei protagonisti (compreso lui) e che le regole le hanno scritte i club
02 October 2023
La crociata di Maurizio Sarri contro i calendari del calcio moderno sarebbe condivisibile se non fosse completamente fuori dal tempo e, nel suo come in altri casi, incoerente con lo status di Sarri, degli allenatori e dei calciatori di oggi come beneficiari di un sistema che si regge proprio sulla moltiplicazione degli eventi. Che significa più patite da vendere alle televisioni in tutto il mondo, più soldi e, al termine della filiera del pallone, stipendi più alti per tutti.
Non ha torto Sarri quando denuncia l'eccessivo sforzo cui sono sottoposti i calciatori, tra viaggi e gare ravvicinate. Lo sostengono in tanti, a partire dal sindacato mondiale dei giocatori, solo che all'orizzonte non si vede possibilità per cambiare il sistema. Anzi. Dal prossimo mese di settembre la riforma della Champions League aumenterà il numero degli impegni di altissimo livello (minimo otto partite), Fifa e Uefa esigono la loro parte per le nazionali e l'ipotesi di ridurre il contingente di squadre della Serie A si scontra con l'atavico problema che - offrendo meno partite - è difficile richiedere ai broadcaster gli stessi soldi.
Per questo Sarri ha ragione, ma anche profondamente torto. E come lui tutti gli altri che sollevano il tema senza fare il passo successivo. Il calcio romantico delle 30-40 partite a stagione, delle gare tutte la domenica pomeriggio alle 14, delle radiocronache di 'Tutto il calcio minuto per minuto' e dei gol da vedere in una botta sola a '90°' è finito da un pezzo. Non da ieri, almeno da vent'anni. Se lo si evoca con nostalgia può passare, se si immagina che possa essere un progetto futuribile allora bisogna contemporaneamente dichiararsi disponibili a un poderoso taglio dei propri guadagni.
Un passo che nessuno ha finora compiuto. Lo stesso vale per gli strali che ciclicamente vengono indirizzati da tecnici e dirigenti a chi i calendari li compila, non appena il procedere delle giornate presenta in conto con cicli di sfide impegnative in rapida successione. Non è una peculiarità solo dell'allenatore della Lazio, convinto che aver preso in trasferta Napoli-Juventus-Milan nelle prime 7 giornate sia un'anomalia assoluta.
La verità è che la compilazione dei calendari del campionato risponde a qualche criterio base posto dalla Lega e da centinaia di vincoli e richieste che lo rendono un gioco ad incastro complicatissimo. Poi tocca alle televisioni decidere chi gioca e quando. Fa parte del pacchetto di opzioni garantite nei vari bandi per la cessione dei diritti tv, dunque una facoltà ben remunerata e che DAZN e Sky esercitano come pieno diritto. Il bando tv lo hanno scritto e votato i presidenti delle società e con quei saldi pagano i propri tecnici e giocatori. Sarebbe il caso che si parlassero tra di loro per cercare una linea comune.
Difesa e Aerospazio
L'Ucraina si prepara a costruirsi le armi con l'aiuto di aziende estere, anche italiane
Per paura di non superare l'inverno e deludere la Nato, l'Ucraina vuole produrre armi e chiama oltre 150 aziende della difesa da 26 nazioni
02 October 2023
La visita del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg e dei ministri della Difesa francese e britannico a Kiev segnano un importante momento della guerra russo-ucraina: nel timore che sotto la pressione delle campagne elettorali per le elezioni europee e americane cambi la politica di armare l'Ucraina, il presidente Zelensky ha offerto l'Ucraina come prossima fabbrica delle armi europee e luogo per discutere sulle tecnologie degli armamenti e per aumentare la produzione sul suo territorio. A chiedere che Kiev aumenti la produzione però fu, nella primavera scorsa, lo stesso Stoltenberg, che avrebbe anche ricordato come, secondo gli analisti occidentali e i proclami russi, per vincere la guerra sarebbe necessario un aumento del 69% delle spese militari di Mosca per il prossimo anno, cosa che però probabilmente non avverrà, salvo aiuto da parte nordcoreana e cinese. Ecco il motivo per il quale, con speciali accordi di produzione interna firmati con i paesi occidentali, si potrebbe aiutare l’economia ucraina e nello stesso tempo fare affari redditizi con gli appaltatori militari. Così, senza troppo rumore, il piano è stato presentato da Dmytro Kuleba, ministro degli affari esteri ucraino, innanzi ai rappresentanti di 165 appaltatori militari provenienti da 26 nazioni. “Un’importante opportunità per le aziende ucraine di stringere nuove partnership con l’industria attraverso l’alleanza e oltre”, aveva detto giovedì 28 settembre Stoltenberg in una conferenza stampa con Zelensky. Specificando: “Più forte diventa l’Ucraina, più ci avviciniamo alla fine dell’aggressione della Russia”.
Ma nonostante l’afflusso di armi sofisticate fornite dagli alleati occidentali, i progressi nella controffensiva ucraina sono pochi e lenti. In un anno la linea del fronte si è spostata di pochi chilometri e uno stallo prolungato delle posizioni sta già indebolendo il sostegno occidentale, il sostegno politico di Washington per continuare le costose donazioni minaccia di scemare, in particolare all’interno del Partito Repubblicano, e l’Europa fatica a mantenere le sue promesse di aiuti in termini di munizioni. Zelensky afferma di aver discusso dell’importanza di rafforzare le difese aeree dell’Ucraina prima dell’inverno con Stoltenberg, che stava effettuando la sua seconda visita dall’inizio dell’invasione su vasta scala della Russia nel febbraio 2022, e con i ministri della Difesa britannico e francese, dichiarando: “Il Segretario generale della Nato si è impegnato a compiere sforzi personali per sostenerci, per radunare gli alleati dietro proprio questo scopo; dobbiamo superare insieme questo inverno, proteggere la nostra infrastruttura energetica e la vita delle persone”. Dei presenti a Kiev, Sébastien Lecornu, ministro della Difesa francese, ha dichiarato giovedì che sarebbe stato accompagnato da una ventina di rappresentanti dell’industria della difesa francese produttori di vari tipologie di armi: robot, droni, pezzi d'artiglieria e intelligenza artificiale.
La Francia ha stanziato circa 530 milioni di euro in aiuti militari all’Ucraina, compresi cannoni a lungo raggio, veicoli corazzati da combattimento e lanciarazzi, ma conoscendo le velleità francesi nell'esportazione militare non c'è da stupirsi che Parigi possa cogliere la palla al balzo per piazzare commesse, tuttavia è lecito chiedersi quali controindicazioni avrebbe per l'Europa geografica, prima che politica, l'impiantare fabbriche di armi così vicino al confine russo.
Grant Shapps, nuovo segretario alla Difesa britannico, si era recato a Kiev già mercoledì 27 settembre per discutere con Zelensky del sostegno alla difesa in corso e del rafforzamento delle difese aeree dell’Ucraina, e al termine del bilaterale ha affermato: “Sono impegnato a mantenere il sostegno militare del Regno Unito, in particolare con l’avvicinarsi del gelido clima invernale”. Secondo il Kiel Institute for the World Economy, la Gran Bretagna ha stanziato diversi miliardi di dollari in assistenza militare all’Ucraina, il terzo maggiore sostenitore dopo Stati Uniti e Germania.
Intanto il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov, nell'ambito di un forum economico, ha dichiarato: “La struttura del bilancio statale indica che l'enfasi principale è nel garantire la nostra vittoria, quindi per l'esercito, le capacità di difesa, le forze armate, i combattenti. Tutto il necessario per la vittoria è previsto nel bilancio, che vede una pressione significativa per il nostro budget, ma questa è la nostra priorità assoluta”. Dunque la domanda che da italiani dobbiamo farci è: seppur mantenendo una posizione si condanna per l'aggressione russa e continuando a supportare Kiev insieme con l'Europa, quali conseguenze avremmo, eventualmente, producendo armi su suolo ucraino o creando una dipendenza futura, specialmente il giorno in cui la guerra finirà e dovremo tornare agli scambi commerciali con Mosca? La posizione prudente è oggi d'obbligo e Zelensky, nel timore di perdere le forniture, sta tentando un'altra manovra per aumentare il nostro coinvolgimento diretto nel conflitto. Del resto, essendo la Difesa un settore globalizzato, in quelle 165 aziende della Difesa chiamate a Kiev ci sono anche partecipazioni e indotto italiani.
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Politica
Quella voglia, di pochi, di Governo Tecnico che non si realizzerà
Le condizioni politico-economiche del 2011 sono lontane ma in questo paese c'è chi ha ancora nostalgia di vecchie, inutili soluzioni. Soprattutto quando la sinistra è in crisi
02 October 2023
È davvero realistica la possibilità di un governo tecnico in Italia nei prossimi mesi? A volte giornalisti e analisti farebbero bene a non confondere i propri desideri con la realtà. Non è il 2011 ed è evidente a tutti.
La maggioranza di centrodestra è ampia e ad oggi non ci sono mai state defezioni o rotture, al contrario di quanto avvenne con Fini nel 2010; lo spread è quasi a 200 e non a 600, per lo più derivante da dinamiche economiche internazionali; non c’è una crisi finanziaria generalizzata in corso in tutto il mondo, almeno per ora; paesi come Germania e Francia sono molto più deboli e instabili rispetto all’epoca di Monti; infine il governo Meloni non ha avuto particolari attriti né con la Commissione Europea né con i principali paesi europei. Dunque, di cosa parliamo?
Semplicemente del sogno di un pezzo di classe dirigente italiana, dispersa politicamente tra centro e sinistra, di eliminare il governo di destra senza passare dalle elezioni. Di realistico, in questi scenari, c’è ben poco. L’Italia è un paese a sovranità limitata, fiscalmente in amministrazione controllata e resterà così. I cosiddetti sovranisti hanno capito, pur senza dirlo, che non c’è alcuno spazio di sovranità recuperabile né in campo economico né sull’immigrazione. Il governo Meloni nell’ultimo anno è la plastica dimostrazione di questo adattamento: leggi di bilancio prudenti e contrattate con Bruxelles, PNRR con le rate a posto per quanto con fatica, niente scontri frontali con la Commissione, richiesta di collaborazione europea sui migranti. E i mercati?
Se la tassazione sulle banche per come presentata è stata una scivolata, pur non irrimediabile, non va dimenticato che il governo ha messo in pratica provvedimenti che ai mercati non dispiacciono: eliminazione del reddito di cittadinanza e stop al super bonus. In conclusione, fino ad oggi la vicenda del governo Meloni dimostra che anche la destra conosce i limiti oltre i quali non spingersi ma la passione per i governi tecnici di un pezzo di classe politica mostra una differenza di fondo tra maggioranza e opposizione: la prima accetta le elezioni e i suoi risultati, se vince si adegua ai vincoli esterni con realismo; la seconda mal sopporta la sconfitta elettorale e cerca la scorciatoia del commissariamento emergenziale per prendere il potere che non riesce ad estrarre dalle urne.
Quanto è utile all’opposizione l’invocazione della crisi finanziaria e del governo tecnico per mero opportunismo politico? Poco, almeno sul piano del consenso, visto che ogni governo tecnico (Ciampi, Monti e Draghi) ha generato una catastrofe elettorale per centro e sinistra.
TUTTE LE NEWS DI POLITICA
Calcio
Il mio ritorno allo stadio per scoprirmi «boomer»
Diario del ritorno a San Siro dopo anni e scoprire che tutto è cambiato
01 October 2023
Erano anni che non andavo allo stadio e tornarci mi ha regalato una nuova ulteriore consapevolezza del mio inguaribile boomerismo. Del mio essere uomo di un altro tempo. Lo stadio, la partita di calcio, anche vissuta da tifoso, è un’esperienza coinvolgente, in un certo senso totalizzante. Ancora più ricca se interpretata con gli occhi aperti e un minimo spirito critico. Ero in compagnia di mio figlio millennial, più tifoso di me. Poco alla volta, la diversità delle sue reazioni è risaltata come un evidenziatore sul mio straniamento. Com’è noto, allo stadio non c’è solo il fatto agonistico. C’è tutto il contorno, l’arrivo all’impianto sportivo, che per me era quello di San Siro per la partita fra Milan e Lazio. Ci sono il popolo dei tifosi, i colori delle tribune, gli striscioni, i cori.
Bene, prima di entrare nel catino urlante di passione, ecco la prima notazione. Le magliette indossate dai tifosi. Sono espressione di generazioni ed ere calcistiche diverse, quasi sempre superate, archiviate da tempo. Si leggono sulle spalle delle persone, dove compaiono i nomi dei protagonisti. Kakà è uno degli idoli tuttora più gettonato. Ma poi ecco Kessie, Saelemekers, De Keteleare, Tonali. Tutta gente che non è più al Milan. Qualcuno rimpianto, altri meno. Donnarumma non se ne vedono. Molti Ibrahimovic, invece. E persino, Menez. Preistoria. Anche mio figlio ride di gusto.Qualcuno di mezza età si autoproclama, orgoglioso, Nesta. Poi sì, ci sono anche quelli aggiornati: Theo, Calabria, Giroud, Rafa Leao. Idoli che permangono. E qualcuno di nuovo nuovissimo: Pulisic. Così ci si rincuora, pensando che alla fugacità del tempo si oppone il perenne presente. E la speranza di migliorare che sempre anima il cuore del tifoso.
Finalmente si accede alle tribune e il posto assegnato è particolarmente felice. Primo anello rosso. La vista è ottima, il prato brilla lì davanti, i giocatori non sono pedine minuscole com’erano quando le scrutavo, ragazzo del terzo anello. I cori rimbombano, bellissima la coreografia di bandiere e striscioni. Sul corridoio che separa il mio settore dalla tribuna che sta proprio a ridosso del campo di gioco è un via vai di persone che cercano il loro posto. O di quelle che cercano birre e panini. Scopro che allo stadio il pubblico ha molta sete e molta fame. Nella tribuna riservata ai vip spunta Zlatan Ibrahimovic. Poi arriva il Ct della Nazionale Luciano Spalletti. Osserverà soprattutto la Lazio, rifletto puntiglioso, visto che nel mio Milan gioca solo il capitano Davide Calabria, da qualche tempo uscito dal giro. Ibra e Spalletti catalizzano le attenzioni dei presenti. Poi finalmente la partita comincia e il traffico sul corridoio davanti si dirada. Ma non del tutto. Ogni tanto, per continuare a seguire un’azione di gioco, tocca allungare il collo per non restare impallati da qualcuno che transita reduce dal bar con boccali di birra, piadine e tranci di pizza come fossero tanti camerieri.
Intervallo. Spalletti esce dal box riservato e si avvicina ad altri spettatori vip. C’è Zlatan, come dicevo. C’è Scaroni, presidente del Milan. Ci sarà qualcuno che mi sfugge. Gli steward faticano a far scorrere il pubblico che si arresta catalizzato, cellulare alla mano per immortalare le celebrities. Molte donne hanno lineamenti pronunciati e indossano canottiere aderenti. Sta per cominciare il secondo tempo, i giocatori sono già schierati con la palla al centro, ma la muraglia di magliette onomastiche non si sgretola e, spalle al prato, innalza ancora gli smartphone per fotografare i famosi in tribuna. Il pallone ha cominciato a rotolare sul prato. A quel punto, rompo gli indugi. Ragazzi, guardate che la partita è dall’altra parte, non in tribuna. Va bene, va bene… ciondolano la testa e si allontanano. Mio figlio: ma papà, lascia che la gente faccia quello che vuole.
All’inizio del secondo tempo, il Milan entra in campo più determinato. Per i primi cinque minuti la Lazio non supera la metà campo. I cori si fanno più potenti e incalzanti. È un crescendo sia nella qualità del gioco che nella spinta dagli spalti. Quando, con una formula abusata, si dice che i tifosi sono il dodicesimo giocatore in campo… Infatti, la pressione raggiunge l’apice. E, al quarto d’ora, con una bellissima azione sulla sinistra che coinvolge quattro giocatori, il Milan passa. Più tardi, procurato da uno slalom vertiginoso di Leao, arriva anche il raddoppio. La festa è piena. I colori si accendono ancora di più. Sulla fila davanti a noi una famiglia, marito, moglie, bambino e figlia adolescente cantano. La più scatenata è la signora, conosce tutti i cori. Il marito è più compassato. La figlia adolescente si scatta raffiche di selfie, rivolta alla tribuna (non al campo di gioco).
La partita è finita. Per oggi il Milan è ancora primo in classifica (in condominio con l’Inter). Il popolo sciama euforico sul piazzale dello stadio con vincolo storico che i club presto abbandoneranno (scegliendo impianti fuori dal Comune a causa dell’insipienza della giunta cittadina). Una donna con le gambe storte da calciatrice parla animatamente con il tizio al suo fianco che inalbera la maglietta di Maldini…
TUTTE LE NEWS DI CALCIO
La band francese che negli anni Settanta inventò il rock spaziale e fu la prima a proporre musica elettronica racconta a Panorama il nuovo disco: Time Machine. I brani sono rivisitazioni di grandi classici, dai Doors a Bob Marley passando per Piccola Katy dei Pooh.
L’enologo francese Hervé Birnie-Scott è andato in Argentina per superare il senso del limite: ha coltivato vitigni ad alta quota, sfidando il clima rigido, in una regione in cui ci si accontentava di altopiani assolati. Così sono nati i vini di Terrazas de los Andes, che arrivano da terreni irrigati con l’acqua purissima dei ghiacciai dell’imponente catena sudamericana.
Dal castello di Harry Potter agli accampamenti degli antichi romani, passando per villaggi ispirati a videogame come Assassin’s Creed e fumetti. Viaggio nelle nuove attrazioni ad alta tecnologia che regalano emozioni ed esperienze multisensoriali.
Vent’anni fa nasceva Second life e si affermavano i mondi virtuali. Erano e sono territori di gioco e sperimentazione, dove tutto, o quasi, è possibile, dove si impersona chi si vuole, si vive in una perenne dimensione ludica, e soprattutto si vola. Sono parchi dei divertimenti immateriali, presenti solo in internet. Ma ora i parchi a tema veri hanno rivendicato la loro paternità di luoghi dell’inventiva senza limiti, proprio prendendo spunto anche dall’esperienza del virtuale.
Volete volare mentre guardate un film? A Cinecittà World di Roma si può: con Volarium ci si libra nell’aria comodamente seduti in poltrona, davanti alla vita di Leonardo da Vinci. Volete mettervi alla prova con il cambio delle gomme a tempi record durante una gara di Formula 1? Prenotatevi per una simulazione del classico pit stop al Ferrari World di Abu Dhabi, dove c’è anche l’ottovolante più veloce al mondo, che raggiunge i 240 km orari in meno di cinque secondi. Non vedete l’ora di unirvi ai ribelli capitanati da Luke Skywalker, brandire una spada laser e affrontare Kylo Ren? C’è Star Wars: Rise of the Resistance, una delle attrazioni più coinvolgenti di Disneyland. Insomma, i parchi a tema sono alla riscossa, decisi a convincerci che sono loro a offrire le esperienze più immersive. La tecnologia è una componente fondamentale nel concept di strutture all’avanguardia, come Cinecittà World, a Roma. «In ordine di tempo, il nostro è l’ultimo dei grandi parchi a tema italiani, e per questo motivo non potevamo proporre attrazioni tradizionali, dovevamo innovare, usando le tecnologie per proeittare il pubblico in storie legate all’epopea del cinema» spiega Stefano Cigarini, ceo di Cinecittà World. «C’è una massiccia presenza di realtà aumentata e virtuale, schermi, piattaforme dinamiche che fanno diventare l’ospite protagonista di una storia. Oltre al Volarium, il cinema volante dove gli spettatori sono seduti in poltrona a 12 metri nel vuoto, ci sono Jurassic War, con un tunnel immersivo e schermi a 360 gradi, e Assassin’s Creed, con un labirinto virtuale e fisico. Per ora non è ancora arrivata l’intelligenza artificiale, ma stiamo lavorando a un progetto di attrazione che la impiegherà. Il futuro è creare mondi reali e immaginari dove il pubblico possa vivere esperienze multisensoriali».
Anche a Gardaland la parola d’ordine è coinvolgere. «Con l’avvento delle nuove tecnologie, gli ospiti richiedono esperienze sempre più immersive» dice Enrico Baldazzi, Head of marketing di Gardaland Resort. «Novità di questa stagione è Nautilus, un live show che fa della tecnologia impattante e del fattore umano i due punti chiave del successo». L’altro aspetto da considerare è la storia. Perché il pubblico si appassioni, bisogna offrirgli un’esperienza solida e ricca di riferimenti. Il parco francese di Puy du Fou è stato tra i primi a offrire la possibilità di rivivere varie epoche, passando dai vichinghi ai moschettieri di Richelieu, alla realizzazione di un film in uno studio della Belle Epoque. Ed è sempre il senso della storia a rendere intrigante Roma World, una realtà della capitale dove si può vivere una giornata da antico romano, mangiando in una taberna, dormendo nell’accampamento dei legionari, diventando gladiatore per un giorno e visitando il set di Ben Hur.
Grande storia, ma anche storytelling. Come nota Baldazzi, «entrando a Gardaland si ha a disposizione un percorso non solo ricco di divertimento, ma anche di storie da scoprire. Oblivion The Black Hole, Space Vertigo e Flying Island sono tutte legate a una missione spaziale e vanno a creare una vera e propria area dedicata. Così come Jumanji The Adventure e Jumanji The Labyrinth». Un ulteriore concetto chiave è l’interazione con altri visitatori. «Oltre a essere al centro dell’azione, i nostri ospiti vogliono vivere esperienze sociali» afferma Cigarini di Cinecittà World. «Negli anni Ottanta all’Aquafan si scendeva da soli sullo scivolo a tubo, oggi si usa un gommone dove salgono più persone». In certi casi si condivide la meraviglia del parco a tema a prescindere dall’età. Come nota Nicolas de Villers, presidente del parco Puy du Fou, «da noi ci sono molte famiglie, composte da genitori, figli e nonni. Possono restare insieme per l’intera durata del soggiorno, perché le nostre attrazioni sono per tutti». In generale c’è un desiderio di partecipazione collettiva, di comunicare le proprie emozioni.
La passione condivisa è il motore dei grandi parchi come di eventi più raccolti, sul genere di Villaggio Fantozzi, il tributo di San Felice sul Panaro (Modena) al personaggio ideato da Paolo Villaggio, con 200 tra attori e figuranti che il 1° ottobre popoleranno il cuore della città. Per le strade, una serie di set ispirati alle scene più famose dei film del ragionier Ugo. «È un tributo collettivo a Paolo Villaggio» dice Federico Mazzoli, ideatore della manifestazione. «Tutto il centro storico del nostro paese celebra Fantozzi». I riferimenti in genere sono al cinema e ai videogame. Ma in un futuro prossimo è ipotizzabile pensare di creare dei parchi a tema legati a romanzi famosi? Per esempio, un parco ispirato al mondo di Agatha Christie o alla Recherche di Marcel Proust? «Perché no?» risponde Baldazzi. «Noi abbiamo già dato vita a quest’esperienza attraverso il nostro live show Nautilus, il leggendario sottomarino protagonista di Ventimila leghe sotto i mari». Naturalmente tutto dipende dal mondo che si vuol rappresentare. Come afferma Nicolas de Villers, «l’immaginario collettivo è quel che fa sognare, e bisogna partire da ciò che è già nell’immaginazione dei nostri spettatori, partendo dai loro ricordi. Memorie legate a libri, a film, a lezioni scolastiche. Quelle memorie sono gli ingredienti delle nostre creazioni».
La pensa così anche Stefano Cigarini. «Creare un’area dedicata a Harry Potter o a Star Wars è facile, chiudo gli occhi e la visualizzo. Ma in altri casi non conosciamo il mondo visivo di certi autori, ed è difficilissimo immaginare un parco legato alle loro opere». Infine c’è chi sta progettando strutture ispirate ai fumetti. Si sta lavorando, in Veneto, al progetto del Tex Willer World Village, che si ispira a Tex e che dovrebbe sorgere sui Colli Euganei. Giorgio Bonelli, figlio di Gianluigi, il creatore del noto comic, ha acquistato l’area di una cava dismessa da 23 ettari e anche l’Hotel Imperial, ai piedi della zona. Lì sorgerà il parco. Il Far West sta approdando in Italia.
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Vissuto nella seconda metà del Cinquecento, l’artista sarà protagonista di una mostra a Palazzo Reale, a Milano, con oltre 40 capolavori. Un percorso che dimostra la sua assoluta «contemporaneità». E l’intensità delle sue opere lo mette in dialogo con altri grandi, da Diego Velázquez a Pablo Picasso.
Vi sarà capitato di non aver fatto la spesa e di dover arrangiare comunque un piatto gustoso per gli amici o per la famiglia. Abbiamo pensato a una ricetta molto economica che si potrebbe definire da «zona Cesarini» e che però mantiene con i profumi ricordanze estive.
Ingredienti - 360 grammi di spaghetti di grano italiano della migliore qualità, una trentina di foglie di basilico, due cucchiai di pinoli 4 più 2 cucchiai di Parmigiano Reggiano o Grana Padano, 6 cucchiai di olio extravergine di oliva, 5 pomodorini secchi sottolio, sale e pepe q.b.
Procedimento - Mette a bollire una pentola colma d’acqua. Nel frattempo in un mortaio (meglio che nel mixer) battete a crema il basilico, 4 cucchiai di formaggio, i pinoli, 4 cucchiai di olio, 4 pomodorini secchi con un pizzico di sale e di prezzemolo. Cuocete la pasta dopo aver salato l’acqua e scolatela al dente. Condite gli spaghetti con il falso pesto aggiungendo altro formaggio, un giro di olio extravergine e con striscioline di pomodoro secco.
Come far divertire i bambini - Fatevi aiutare a pestare il basilico.
Abbinamento - Ni abbiamo optato per un Pigato del Ponente Ligure, vanno benissimo Vermentino, Ansonica e Inzolia.
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Il Nicaragua del dittatore sandinista assegna la quinta ambasciata al figlio dell’ex piduista Licio. Mentre l’altro suo fedelissimo «messaggero nel mondo» è Mohamed Farrara Lashtar, il nipote dell’ex leader libico. Una doppia scelta che nasconde interessi opachi.
Questo è il periodo ideale per regalarsi una passeggiata (o un lungo weekend) nei boschi e osservare lo spettacolo del foliage: a piedi, in treno, in cabinovia o in canoa, ecco dove immergersi nelle sfumature mozzafiato della natura autunnale. Che fanno bene agli occhi e anche all’anima.
Un’ondata di epurazioni e licenziamenti eccellenti ha scosso le fondamenta del potere di Pechino. Una prova che il presidente cinese sta affrontando seri problemi, certamente di tenuta economica. Che potrebbero risolversi con la presa di Taiwan. Scopriremo presto se con le buone o con le cattive.
In visita al Complesso della Nuova Pilotta, a Parma, tra capolavori pittorici restaurati e meraviglie archeologiche. Un esempio di come trasmettere la cultura con energia contemporanea.
Costruite per «difendere» il Continente bianco e studiare i cambiamenti climatici, le tante basi dei ricercatori hanno finito per danneggiare questo ambiente fragile: troppi rifuti tossici e troppa plastica in luoghi un tempo incontaminati. Un problema vasto e sottovalutato.