GdF di Catanzaro, operazione anti-sfruttamento del lavoro: cinque misure cautelari

Questa mattina, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro hanno eseguito un’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Procura, applicando misure cautelari nei confronti di 5 soggetti, per la ritenuta sussistenza di gravi indizi in ordine ai delitti di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro, alle estorsioni e ai reati di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

In particolare, nei confronti del titolare delle aziende coinvolte è stata disposta la custodia cautelare in carcere; il consulente del lavoro e una responsabile amministrativa sono stati posti agli arresti domiciliari; per due responsabili dei punti vendita è stato disposto l’obbligo di dimora nel proprio comune di residenza.

Inoltre, è stata data esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo, emesso dal Giudice per le indagini preliminari, di due società di capitali che gestivano le attività commerciali. La gestione di queste aziende è stata affidata a amministratori giudiziari nominati dal Giudice per le indagini preliminari.

I provvedimenti cautelari, richiesti dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, sono il risultato di un’indagine condotta dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro. L’indagine ha riguardato le condizioni di impiego dei lavoratori di cinque supermercati di Montepaone, Soverato e Chiaravalle Centrale, in provincia di Catanzaro.

La complessa attività investigativa, che ha incluso intercettazioni e perquisizioni, ha evidenziato – in questa fase preliminare che richiederà successiva verifica processuale – gravi indizi di reato relativi a un’associazione a delinquere e a molteplici episodi di sfruttamento lavorativo, estorsioni e falsificazione di documenti.

Gli elementi raccolti hanno consentito di ricostruire che componenti dell’associazione a delinquere, sotto le direttive del titolare delle imprese ed approfittando della condizione di necessità e vulnerabilità derivante da precarietà economica, avevano imposto condizioni di lavoro degradanti e pericolose sul luogo di lavoro ad oltre 60 dipendenti, violando sistematicamente la normativa sull’orario di lavoro; dando una retribuzione palesemente inadeguata rispetto alla quantità e qualità del lavoro svolto (4,00 euro all’ora, a fronte di una prestazione di attività lavorativa di oltre 50 ore a settimana) o sottraendo parte della retribuzione (con restituzione in contanti); limitando il godimento dei giorni di riposo settimanale e delle ferie annuali, garantiti dalla legge, con fruizione di sole due settimane di ferie all’anno; costringendo i lavoratori ad operare in ambienti che non rispettavano le norme di sicurezza ed a falsificare la natura dell’infortunio, non dichiarando gli infortuni sul lavoro come tali, ma indicandoli come incidente domestico, impedendo così di ottenere le necessarie tutele previdenziali e risarcitorie previste dalla legge.

Il consulente del lavoro e la responsabile amministrativa dell’azienda avrebbero svolto un ruolo attivo nel sostenere l’imprenditore: essi avevano il compito redigere contratti di lavoro apparentemente part-time e false buste paga non riportanti le reali ore lavorate e di occuparsi della gestione contabile delle attività, collaborando nella redazione dei contratti di lavoro. I responsabili dei punti vendita erano incaricati di controllare i dipendenti, obbligandoli a turni massacranti e a rinunciare a parte delle ferie, accompagnandoli in ospedale in caso di incidenti per far loro rilasciare false dichiarazioni sulle dinamiche degli infortuni.

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