Lagarde bce
(Ansa)
Economia

Il rialzo dei tassi d'interesse frena la crescita. Anche il FMI va contro la BCE

Dopodomani la Banca Centrale Europea dovrebbe decidere un nuovo balzo del costo del denaro. Eppure il Fondo Monetario Internazionale lo ritiene uno deu due fattori di freno alla crescita per il 2023, insieme alla guerra in Ucraina

La Bce tirerà dritto per la sua strada? Questa è la settimana (giovedì 2 febbraio a Francoforte) in cui ci si attende un annunciato altro rialzo dello 0,50% dei tassi, arrivati al 2% dopo il Consiglio direttivo dello scorso 21 dicembre, che ha alzato di un altro mezzo punto percentuale. La politica monetaria della Bce continuerà su questa strada, nonostante le prospettive economiche mondiali (eurozona compresa) anche del Fondo Monetario Internazionale siano favorevoli e l’inflazione stia rallentando?

Nelle scorse settimane in Europa, come in tutte le Banche centrali (Fed compresa) il dibattito e lo scontro tra falchi e colombe si è acceso. Ma Christine Lagarde ha continuato a ribadire che: “I tassi d’interesse ufficiali devono essere più alti per frenare l’inflazione e riportarla indietro”. Moltissimi autorevoli economisti hanno risposto, spiegando che siamo davanti ad un’inflazione diversa, che non si ferma con una politica monetaria che alza i tassi di interesse. L’inflazione a due cifre degli ultimi mesi è un’inflazione anomala, data dalla guerra e dal fortissimo conseguente rialzo dei prezzi energetici, non da un’economia che tira e vuole investire. In questa situazione alzare i tassi vuol dire strozzare l’economia. Il fronte scettico e contrario all’agire sui tassi da parte delle banche centrali chiede di aspettare, perché i prezzi caleranno e lo stanno già facendo.

A dare man forte allo schieramento che chiede a Francoforte (e alla Fed) di rallentare sulla politica monetaria arriva anche l’aggiornamento del Weo (World Economic Outlook di ottobre) del Fondo Monetario Internazionale che prevede un rialzo del 3,9% del Pil del mondo nel 2023 per poi aumentare al 3,1% nel 2024. "Il rialzo dei tassi delle banche centrali per contrastare l'inflazione e la guerra della Russia contro l'Ucraina continuano a pesare sull'attività economica", spiega l'Fmi che prevede un calo al 6,6% dell’inflazione nel 2023 (contro l’8,8% del 2022).

Per quanto riguarda l’Italia il Fondo Monetario Internazionale prevede una crescita del Pil dello 0,6% quest’anno e dello 0,7% per l’Eurozona. Insomma, le prospettive economiche mondiali sono meno cupe di qualche mese fa. Il Fondo Monetario Internazionale parla di un “punto di svolta e di una crescita economica che si è dimostrata sorprendentemente resiliente”.

Facciamo la somma: previsioni a tinte chiare, una pressione inflazionistica che ha iniziato a ridursi (grazie al diminuire dei prezzi dell’energia dopo il boom degli scorsi mesi), riapertura della Cina che apre la strada a un rimbalzo dell’attività. E in Italia? Bollette che scenderanno nelle prossime settimane del 35%, Bankitalia che ha rivisto al rialzo la crescita e prevede un’inflazione poco sopra il 6% nel 2023 per arrivare a un 2,6% nel 2024. Ciò significa che i consumi ripartono e la eccessiva rigidità della politica monetaria delle Banche centrali potrebbe mettere a rischio la ripartenza. È per questo che Olivier Blanchard, ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale è tornato a dire a gran voce che serve un ritocco al rialzo dell’obiettivo del 2% di inflazione (la mission della Bce e delle banche centrali). Questa visione è diventata sempre più popolare tra gli operatori finanziari nel 2022, ma fatica a imporsi tra i fautori della politica monetaria.

Bisogna però tenere in considerazione, sottolineano in molti, che la Bce in questi mesi si è mossa a una velocità diversa rispetto alla Fed, aumentando meno e meno velocemente i tassi d’interesse. Francoforte è lontana dal 4,5% dei tassi americani, dove il tasso d’inflazione è comunque inferiore. Una Bce, dunque, con una politica non classificabile come particolarmente restrittiva e che quindi potrebbe a ragione voler continuare sulla strada del rialzo dei tassi, ancora per qualche mese, in attesa di un raffreddamento più certo e duraturo dell’inflazione.

Certo l’Europa (Italia compresa) ha bisogno di politiche economiche concordate e non di una politica monetaria basata sul continuo rialzo dei tassi di interesse per abbattere un’inflazione che è dettata dal rialzo dei prezzi dell’energia (non da un’economia che tira) e quindi non si vince con la politica dei tassi, ma con una politica fiscale e un’indipendenza energetica.

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Cristina Colli