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(Ansa)
Economia

L'Europa si ribella alla linea dura della Bce e della Lagarde

Dal Parlamento Europeo il primo voto contrario alla continua corsa ai rialzi dei tassi di interesse amata, tanto, dalla ex numero 1 del Fondo Monetario Internazionale

Dopo la conferma di ieri sera al Parlamento Ue di Christine Lagarde, presidente della Bce, di voler continuare ad “aumentare i tassi di interesse di riferimento di 50 punti base” il dissenso verso la decisione è andato crescendo. I primi a storcere il naso contro l’operato della Bce sono stati proprio gli europarlamentari che in una raccomandazione adottata con 376 voti favorevoli, 96 contrari e 35 astenuti hanno invitato la Bce a contrastare l’inflazione in maniera più ponderata, riflettendo “su un aggiustamento più equilibrato e graduale della politica, dato l'elevato livello di incertezza” e di fornire “una maggiore giustificazione sulle future decisioni sui tassi”, dato che la stessa Bce "ha ripetutamente riconosciuto che un aumento dei tassi di interesse non farebbe scendere i prezzi dell'energia e non inciderebbe sull'inflazione nel breve periodo". Ma non solo, nel documento approvato il Parlamento Ue ha anche espresso la sua preoccupazione per un possibile rischio di frammentazione tra le economie nazionali nel mercato unico, viste le differenze nei livelli di inflazione tra i paesi dell'Eurozona, (si va dal 25,2% dell’Estonia al 6,6% in Francia, dati di agosto 2022).

Punti di criticità emergono anche dal discorso fatto dal capo economista della Bce, Philip Lane, che se da una parte ci tiene a sottolineare come “la nostra politica monetaria garantirà una discesa dell'inflazione all'obiettivo del 2%”, dall’altra non può negare che le azioni di politica monetarie intraprese dalla Bce stanno chiaramente inasprendo le condizioni finanziarie, riducendo i volumi di credito e alterando il comportamento di famiglie e imprese: "i costi del finanziamento delle banche stanno aumentando rapidamente e le condizioni di prestito più restrittive che gli istituti di credito devono affrontare oggi per rifinanziare le proprie attività si riflettono in tassi di prestito più elevati a imprese e famiglie (mutui più alti)". Lato imprese, il costo dell'indebitamento bancario "ha subito una forte accelerazione da settembre, portandosi a circa il 3,4% a dicembre mentre il costo complessivo del finanziamento del debito si è attestato al 3,7%”. “Per le famiglie - conclude Lane - il costo del denaro per l'acquisto di abitazioni è aumentato di oltre 160 punti base nel corso del 2022, al 2,9% a dicembre”. Ripercussioni di non poco conto su cui anche Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea, pone l’attenzione, invitando la Bce ad un atteggiamento più cauto e riflessivo. "Nell'area dell'euro i tassi di mercato sono aumentati in modo significativo e il credito bancario sta rallentando bruscamente. Mentre gli investimenti immobiliari e commerciali si sono già indeboliti, l'effetto dei nostri impulsi di politica monetaria sulla domanda interna si farà sentire pienamente solo nei prossimi trimestri. In questo contesto, sosterrò che la Bce non dovrebbe pre-impegnarsi incondizionatamente a future mosse politiche. Al contrario, dobbiamo calibrare la nostra politica monetaria in modo che sia dipendente dai dati, lungimirante e adattabile ai mutevoli sviluppi". Bisogna essere saggi e cauti nelle decisioni visto che al momento le banche centrali si trovano a navigare un certo livello elevato di incertezza in merito all’inflazione. Sarebbe meglio “agire con gradualità e non prendere una direzione in piena velocità perché poi potrebbero pentirsene". "Muoversi con piccoli passi - conclude Panetta - non significa muoversi di meno".

Critiche arrivano infine anche dai sindacati. Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil nella relazione di apertura del congresso del sindacato dei metalmeccanici della Cgil ha definito la scelta di aumentare il costo del denaro da parte della Bce come “criminale” dato che “aumenta l'impoverimento del lavoro” e “dei tassi dei mutui ma anche quelli sugli investimenti in un momento di aumento generalizzato dei costi". "Fermare l'inflazione bloccando la crescita dei salari, non intervenendo in modo strutturale sui prezzi e sull'energia, con l'aumento del costo del denaro vuol dire che la classe dirigente ha deciso che chi dovrà pagare i costi siamo noi" conclude De Palma

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Giorgia Pacione Di Bello