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(Ansa)
Economia

Fare senza il gas russo si può, con l'austerity, subito

L'Europa, non unita, valuta l'embargo ma in Italia malgrado sforzi ed annunci a tempo breve è impossibile

Non si scappa, per eliminare la dipendenza dal gas russo l’Europa ha di fronte a sé tre possibili scenari: ridurre gradualmente gli acquisti dalla Gazprom cercando delle fonti alternative, ma ci vorranno anni; rinunciare immediatamente alle forniture del gigante russo del metano, e prepararsi quindi ad un periodo di austerity e di probabile recessione; infine sperare in un cambio di regime con Putin che se ne va in pensione e con la riapertura di relazioni commerciali normali con Mosca, evento non del tutto impossibile.

In base ai dati dell’International energy agency (Iea), nel 2021, l'Unione europea ha importato una media di oltre 380 milioni di metri cubi al giorno di metano via gasdotto dalla Russia, quasi 140 miliardi di metri cubi per l'intero anno. A questi si sono aggiunti circa 15 miliardi di metri cubi consegnati dai russi sotto forma di gas naturale liquefatto. I 155 miliardi di metri cubi totali importati dalla Russia rappresentano circa il 45% delle importazioni di gas dell'Ue nel 2021 e quasi il 40% del suo consumo totale di gas.

La Iea ha messo a punto un decalogo per dimostrare che nel giro di un anno l’Unione potrebbe ridurre di un terzo, ovvero di oltre 50 miliardi di metri cubi, gli acquisti di gas russo. Queste misure prevedono di non firmare nessun nuovo contratto di fornitura di gas a lungo termine con la Russia; massimizzare le forniture di gas da altre fonti; accelerare la diffusione del solare e dell'eolico; sfruttare al massimo le fonti di energia a basse emissioni esistenti, come il nucleare e le fonti rinnovabili; e aumentare le misure di efficienza energetica nelle case e nelle aziende. Se poi l'Europa accettasse di inquinare un po’ di più, con un passaggio temporaneo dalla produzione di energia elettrica con gas a quella con carbone o con petrolio, potrebbe ridurre la domanda di metano di altri 28 miliardi di metri cubi. Così le importazioni di gas russo a breve termine potrebbero essere ridotte di più di 80 miliardi di metri cubi, o ben oltre la metà.

Dunque, pur con un programma abbastanza ambizioso di diversificazioni delle fonti e di altri interventi, la Iea ammette che nel giro di un anno si potrebbe al massimo dimezzare gli acquisti di gas dalla Russia. E che del restante 50 per cento ne avremmo ancora bisogno.

Per quanto riguarda l’Italia, il nostro Paese nel 2021 ha consumato 76,1 miliardi di metri cubi di gas, di cui 29 miliardi cioè il 38,1%, provenienti via gasdotto dalla Russia. I piani messi in campo dal governo prevedono una serie di azioni per liberarci di questa dipendenza che però richiedono anni. Le idee che circolano posso essere riassunte così: affittare due navi rigassificatrici (cioè che trasformano il gas liquefatto comprato in America o in Qatar in metano gassoso immesso nella nostra rete di metanodotti) che potrebbero smaltire 10 miliardi di metri cubi; accrescere l’import dall’Algeria e dalla Libia di altri 10 miliardi di metri cubi; aumentare di due miliardi di metri cubi le estrazioni in Italia; 2 miliardi potenziando il flusso dal gasdotto Tap; 8 miliardi di gas liquido portato dall’Eni; un miliardo potenziando i rigassificatori esistenti. Un piano bello sulla carta ma non veloce da realizzare. Ci vorranno almeno due o tre anni.

A più lungo termine potremo contare sul raddoppio del Tap da 10 a 20 miliardi di metri cubi nel giro di quattro anni, e sul nuovo gasdotto EastMed-Poseidon in arrivo dal Mediterraneo orientale, altri quattro anni almeno. Ma i lavori non sono ancora iniziati.

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Guido Fontanelli