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Cina, Russia, guerra in Ucraina ed elezioni Usa 2024. L'opinione di Edward Luttwak

Sono mille le tematiche globali di questa delicata fase storica. Questa l'opinione del politologo ed economista Usa

Guerra in Ucraina, economia globale, le ormai prossime elezioni presidenziali Usa del 2024. Siamo in un periodo a dir poco decisivo per le sorti dell'America e del mondo e Washington diventa luogo sempre più al centro dell'attenzione. Ne parliamo con Edward Nicolae Luttwak economista, politologo, esperto di strategia militare e di politica internazionale e consulente strategico del Governo degli Stati Uniti d'America.

Donald Trump riuscirà a candidarsi nonostante tutti i problemi giudiziari?

«Siamo molto lontani dall'elezione, non è domani non è neanche quest'anno. È l'anno prossimo. A questo punto la dinamica politica degli Stati Uniti è tale che è una perdita di tempo fare previsioni. Perché da adesso al giorno delle elezioni tutto può cambiare ed è facilissimo che non ci saranno né Biden né Trump. Ecco perché ci sono tanti candidati. È improbabile che ci saranno Trump o Biden».

Che giudizio da della politica estera americana con Joe Biden ed in particolare nel Medio Oriente, con la Cina e con l'Iran?

«C’è stato l’enorme errore di Kabul perché sarebbe stato molto facile continuare a pagare un po’ di gente laggiù e rimanere visto che i Talebani sono entrati dopo che Biden ha abbandonato ogni residuo aiuto. È vero che l’esercito afghano era una truffa ma era un imbroglio che funzionava e nemmeno i Talebani erano molto efficaci ma a parte questo enorme errore che ha un suo peso la politica con la Cina è stata di perfetta continuità con l’approccio di Donald Trump che aveva adottato sanzioni economiche contro i cinesi che urtavano contro i veri interessi dell’America e Biden ha mantenuto al 100%. Continuità anche in Medio Oriente a parte una specie di intervallo durante il quale Biden ha lasciato che la gente messa li da Bill Clinton prima e da Barack Obama poi la Casa sabotassero ad esempio i rapporti con l’Arabia Saudita».

Ma quindi alla Casa Bianca non ci sono uomini di Joe Biden?

«No, non ci sono. Sono tutti morti tempo fa oppure sono andati in pensione. È pieno di “clintoniani” e “obamiami” ma non ci sono “bidenisti”».

Mi diceva dell’Arabia Saudita, perché hanno sabotato i rapporti con il Regno?

«È stato a causa del fatto che gli agenti sauditi avevano trucidato all’interno del consolato saudita a Istanbul il 2 ottobre 2018 il giornalista saudita Jamal Khashoggi ma uccidere gli oppositori è un fatto che in Medio Oriente succede ogni giorno. Visto questo volevano sabotare i rapporti Usa- Arabia Saudita che sono fondamentali per i rapporti con tutti Paesi che ci sono nell’area del Golfo Persico. A parte questa deviazione che è stata corretta quando hanno più o meno chiesto scusa dopo aver insultato il Principe, ora la politica mediorientale Usa è solida perché ancorata da parte su Israele e dall’altra sull’Arabia Saudita. Prima quando questi due Paesi non erano dalla stessa parte era difficile ma ora è tutto molto facile per gli americani che devono solo sostenere e non devono fare niente di loro iniziativa e questo è positivo. Mentre in Asia orientale la politica di Biden è stata iper-perfetta per il fatto che lì tutta la strategia non è fatta dagli americani ma è fatta dai cinesi: ogni volta che gli Usa hanno bisogno di un alleato i cinesi arrivano e lo prendono a calci fino a che diventa alleato americano. L’Indonesia è l’ultima. Tre giorni fa ha aderito all'Alleanza. Per anni per vent'anni hanno tentato di rimanere neutrali nella disputa fra Cina e paesi quali Malesia, Filippine, Vietnam, eccetera, hanno tentato disperatamente di rimanere neutrali ma i cinesi alla fine hanno voluto attaccare pure loro e avanzando queste pretese sulle isole di Natuna e quindi gli indonesiani volevano disperatamente rimanere lontani ma sono stati reclutati dagli americani. Come gli americani hanno reclutato i filippini che avevano buttato fuori gli americani con tanta gioia e hanno obbligato i filippini a reinvitare gli americani. Hanno rafforzato l'alleanza col Giappone e nel momento dell'unico del governo nazionalista giapponese (2009-2010) i cinesi decidono di attaccare il Giappone per l'isola di Senkaku, che è un’isola di un 1 km, disabitata, inutile, vanno a caccia di isole e poi i soliti semi-intelligenti spiegano che lo hanno fatto per petrolio per il gas. Ma neanche per idea! È solamente espansionismo territoriale senza cervello. Puro espansionismo».

È lo stesso che vogliono fare a Taiwan?

«No. Taiwan è differente. L'unico che vuole attaccare Taiwan è Xi Jinping – neanche sua moglie - e la ragione per cui vuole attaccare Taiwan non è Ad maiorem Dei gloriam ma per il fatto che è ossessionato dall’idea che il popolo cinese è stato un popolo incapace di combattere. Come Benito Mussolini che voleva militarizzare e ringiovanire la società italiana. Ricordi Giovinezza, giovinezza…? Dunque Xi Jinping usa continuamente due termini cinesi: ringiovanimento, perché vuole ringiovanire il popolo cinese; prontezza a combattere, il popolo cinese deve essere pronto a combattere e a vincere. Per lui l'invasione di Taiwan non è economica, né strategica, ma è riprovare che il popolo cinese sa combattere. Cosa che non può fare anche con gli indiani perché i cinesi disprezzano gli indiani. Dunque non c’è gloria nel combattere gli indiani. Mentre è per loro motivo di gloria combattere gli americani devono invadere Taiwan e poi fare di tutto per evitare il conflitto. Vogliono una guerra limitata per dimostrare che il popolo cinese sa combattere. Ma la verità storica è che sono stati sconfitti da tutti».

Qual è la situazione dell’economia cinese?

«La peggiore crisi dagli ultimi 30 anni a causa dei sovrainvestimenti. Non è cresciuta grazie ai consumi, quindi attraverso una crescita con investimenti razionale. Loro hanno puntato sulla crescita infrastrutturale. In tutta la Cina ogni località ha il suo ente, misto, privato, comunale regionale, provinciale… che prende soldi dalla banca di Stato per costruire un ponte. Ora, il primo ponte era molto necessario ma il millesimo ponte no. Hanno costruito circa 250 aeroporti che hanno costruito. Di questi 100 hanno un solo volo al giorno. Il terminal delle navi da crociera di Xiamen costruito per ricevere 2 navi contemporaneamente ma hanno qualcosa come sei passeggeri perché c’è sola una barchetta locale che porta la gente a vedere delle rocce che funziona. Hanno 550 città cinesi collegate attraverso i treni ad alta velocità ma ne sono utilizzati solamente circa 250. La produttività degli investimenti quindi è scesa a zero. Inoltre, avendo costruito milioni di appartenenti vuoti, adesso la costruzione civile si è fermata. Quindi strutturalmente l’economia cinese in questo momento non sta crescendo affatto e c'è molta disoccupazione. Xi Jinping personalmente ha distrutto l'industria dell'insegnamento da quando ha detto che ‘è vietato dare lezioni private’. Ha obbligato le industrie che assumevano i nuovi neolaureati a licenziarli tutti e circa mezzo milioni sono stati licenziati. Poi attaccato l’industria hi tech, ha attaccato Alibaba e invece di assumere 20.000 persone dall'anno scorso ne hanno licenziati 20.000. Xi Jinping ha attaccato l’industria hi tech, non voleva tra i piedi Elon Musk o gente di questo tipo, per paura che diventassero più importanti di lui. Adesso l’industria dell’hi tech cinese si nasconde nel proprio guscio e quindi non cresce. Licenzia. Quindi i giovani sono disoccupati. Parliamo del 30% di disoccupazione giovanile che per la Cina è fenomeno ultra-drammatico».

Come si esce dalla guerra in Ucraina? C'è una mediazione possibile e quale è?

«La guerra in Ucraina è una guerra di satelliti e radar. I satelliti e i radar non permettono sorprese. Niente sorpresa quindi niente manovra. La guerra diventa trasparente e siamo alla Prima Guerra mondiale: attrito, puro attrito. Solo che il fronte del sud è di 1000 km mentre il fronte della Prima Guerra mondiale dal Mare del Nord fino alla Svizzera era di circa 700 km. Quindi un fronte lunghissimo. Questo significa che gli ucraini non posso vincere perché non possiedono la superiorità numerica: hanno solo 33 milioni di persone e fino adesso non sono riusciti a reclutare la giusta proporzione di combattenti. Nella guerra dell'indipendenza dovrebbero avere tre milioni di soldati e ne hanno a stento un milione. Quindi gli ucraini non possono vincere. E i russi non possono perdere perché il popolo russo sostiene Putin a continuare questa guerra. Quindi la cosa più normale è che la guerra continui».

Ma fino a quando?

«Allora l'economia russa ha avuto dei problemi ma niente di grave: la produzione industriale russa è molto aumentata da quando la guerra è incominciata perché importano di meno e producono di più. Hanno riavviato le loro industrie, hanno dei problemi di inflazione ma sono controllabili. Putin non obbedisce a nessuno tranne che a Elvira Nabiullina, presidente della Banca centrale della Federazione Russa. Ed è molto ubbidiente quindi manterrà l'equilibrio dell'economia. Quindi questa guerra in questo momento può continuare».

Non c'è nessuna mediazione?

«Gli ucraini devono sentire che potrebbero essere abbandonati e allora cominceranno a cercare il dialogo. I russi devono sentire di essere aggrediti. Al momento le attività contro i russi sono molto deboli, per esempio le sanzioni economiche. Queste sanzioni sono di natura simbolica. Le sanzioni devono colpire obbiettivi specifici di cui l’economia russa ha bisogno. Esistono ad esempio dei produttori di alcune valvole e sono pochi nel mondo. Ogni anno inviavano 67 milioni di queste valvole alla Russia mentre adesso zero. Ma stanno esportando queste valvole in Portogallo che prima non importava queste valvole. Non si possono fare sanzioni generiche semplicemente firmando un documento. Occorre creare team specifici che controllino meticolosamente i commerci verso la Russia. Ad esempio l’industria del gas russo necessita di attrezzature specifiche che solo poche aziende al mondo possono produrre. Queste aziende vanno vigilate».

C'è chi vuole morto Putin o chi crede che possa essere deposto ma cosa c'è dopo Putin in Russia?

«Putin non è vecchio e sta bene di salute: beve poco, non fuma, ha 70 anni, fisicamente non è in pericolo di vita, tantomeno politicamente. Potrebbe restare a governare per altri 10 anni a differenza di altri leader europei che invece staranno già in pensione. Per finire questa guerra parola c'è bisogno di diplomazia ma diplomazia fatta sul serio non con le dichiarazioni del Papa o cretinate del genere, come gli appelli della Commissione europea. Ci deve essere un leader che è disposto a finire questa guerra. Se ci fosse una persona alla Casa Bianca con più energia di Biden si sarebbe chiusa questa guerra. Per finire la guerra occorre un presidente degli Stati Uniti che dica: ‘il nostro nemico è la Cina. Non ha senso combattere contro Cina e Russia, dobbiamo separare i due. I cinesi sono quelli che stanno attaccando dovunque nel nostro mondo quindi la finiamo con i russi per confrontarci con i cinesi. Quindi andiamo dai russi e finiamo questa guerra per il nostro interesse. Se fossi il Presidente americano vorrei uscire applaudito e non condannato e il presidente dell'Ucraina deve uscire come una persona responsabile non come un traditore. E questo si può fare trasferendovi la decisione principale all'elettore dei plebisciti. Occorre organizzare plebisciti nel Donetsk. Così Putin e Zelenski trasferiscono la responsabilità a questo elettorato che va a votare in questi nuovi plebisciti. Il popolo decide. A chiunque è nato lì prima del 2009 viene concesso il diritto di voto, anche se fuori dall’Ucraina, basta solo che dimostri di essere nato lì prima del 2009. Occorre poi che vengano coinvolti migliaia di ispettori di paesi neutrali. La guerra è come un teatro in fiamme, una uscita c’è e non la vediamo per il fumo. E’ ora di finire questa guerra. E naturalmente niente rivendicazioni: non parliamo di riparazioni, sanzioni, processi conto Putin. Si esce dalla guerra e basta. Così l’Ucraina si può ricostruire e 3 milioni di ucraini potranno ritornare a casa ma il Governo ucraino da domani mattina dovrebbe annullare il passaporto di qualsiasi ucraino in età militare se lui non ritorna e devono finalmente mettere la loro popolazione a combattere questa guerra: 33 milioni di abitanti dovrebbero averci 3.3 milioni di gente in uniforme di cui due milioni e mezzo di combattenti. Non c’è li hanno. Ritirare il passaporto di tutti gli ucraini nel mondo di età militare che non ritornano entro un mese in Ucraina per arruolarsi, questo è una misura amministrativa semplicissima».

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Stefano Piazza