A Firenze un nuovo Rinascimento gastronomico
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A Firenze un nuovo Rinascimento gastronomico

Due giovani chef stanno portando il loro tocco, la loro visione ed esperienza in location fiabesche. Da scoprire e gustare.

Il rinascimento in cucina passa da chef illuminati, raffinati, talentuosi che fanno della ricerca il loro stile di vita. Si può scegliere di mangiare o gustare, di fare un percorso di presentazioni stupefacenti, vere e proprie forme di arte, dove ogni boccone è un viaggio. Due grandi chef, Ariel Hagen e Vito Mollica, stanno portando in quella che fu la culla del rinascimento il loro tocco, visione ed esperienza gastronomica in location fiabesche.

Ariel Hagen, chef fiorentino classe 1993, al Borgo Santo Pietro Saporium Firenze, offre un’esperienza di alta cucina innovativa seguendo i principi della biodiversità e dell'agricoltura rigenerativa e Vito Mollica, classe 1971, nel Palazzo Portinari Salviati con Atto trasmette con ogni piatto amore, passione, dedizione e creatività.

Ariel Hagen è allievo di uno dei più grandi chef italiani Norbert Niederkofler del St. Hubertus (***Michelin) dove ha lavorato negli anni del conseguimento delle tre stelle e dello sviluppo della filosofia «Cook the Mountain». La sua ultima esperienza come Sous Chef del mentore Gaetano Trovato all’Arnolfo (**Michelin) di Colle Val d’Elsa, ha permesso al suo talento e alla sua passione di correre libero e di creare i propri piatti d’autore.

Saporium

A Saporium Firenze, un salotto chic e raffinato, dall’ospitalità impeccabile e professionale, si può godere di una cucina meravigliosamente inventiva rispettando ed evidenziando il ritmo della natura e il gusto autentico dei prodotti della terra.

L’etimologia di Saporium deriva dalla parola che in latino significa gusto, e il subfisso "orium" significa identificare un luogo con una specifica funzione. Entrambi i ristoranti della proprietà, quello di Chiusdino che quello di Firenze, infatti, mirano a celebrare il gusto dei prodotti della tenuta di Borgo Santo Pietro.

«Le due sedi celebrano il viaggio che inizia con la raccolta degli ingredienti della tenuta e culmina in seducenti tecniche culinarie per raggiungere quella che - per noi - risulta essere la migliore esperienza culinaria guidata dalla natura».

I tre menu – Proiezioni Territoriali, Pes-care, Profondita Vegetali - includono piatti unici che Ariel ha creato come la Pappardella al Cibreo, Riso Carnaroli Riserva San Massimo cavolo nero e brie di pecora, raviolo ripieno di branzino con salsa cacciucco e basilico, rombo con cime di rapa e mandarino, castagna cassis meringa e caffè, rosa di Caterina de’ Medici.

La carriera di Vito Mollica inizia invece nel 1996 al Four Seasons Hotels & Resorts, prima a Milano, poi a Praga nel 2000, per arrivare nella proprietà di Firenze nel 2007. La città lo affascina: «Ho trovato subito un paradiso di perfezione: l’arte, la storia, la cucina».

Nel 2013 si aggiudica il titolo di piatto dell’anno per la Guida dell’Espresso, con «Cavatelli cacio e pepe con gamberi rossi marinati e calamaretti spillo». Nel 2014 è Chef dell’anno per la Guida ai ristoranti de Il Sole 24 Ore. A partire dall’aprile 2022 torna stabilmente a Firenze per curare la ristorazione di Palazzo Portinari Salviati, uno dei più antichi edifici della città trasformato in elegante hotel cinque stelle.

Atto

Uno degli edifici più suggestivi della capitale del Rinascimento italiano è ogni sera il palcoscenico d’eccezione di uno spettacolo di gusto orchestrato a regola d’arte, dove ogni dettaglio è meticolosamente studiato per conquistare e incantare ogni ospite.

L’esperienza di ogni ospite è concepita come un atto teatrale, dall’inizio alla fine, il percorso culinario si sviluppa come un’opera che lentamente si svela agli occhi dei commensali.

E proprio come ogni forma d’arte, la cucina di Vito Mollica è pensata per esprimere e suscitare sentimenti e sensazioni.

Prodotti scelti e selezionati, che vengono sublimati in piatti d’autore, come i signature dello Chef, uovo morbido, spugnole e topinambur; linguine con arselle e caviale oscietra royal; piccione alla brace con mais e mirtilli (oggi in menu nella versione piccione alla brace con rabarbaro e ribes). In carta, tra i primi piatti, bottoni di anatra all’arancia con crema di sedano e spuma alle carote; cappelletti ripieni di fiori di zucchina, olive Celline e pinoli di San Rossore; “Corallini” Gerardo di Nola con cecino rosa e chiocciole di mare. Tra i secondi, Secreto iberico Joselito con susine e salsa al rafano; carpaccio di controfiletto di wagyu arrostito, armagnac e funghi estivi; in condivisione, spalla di agnello fondente con fieno alla camomilla e bietolina.

Dietro alle divise inamidate di questi due grandi chef ci sono due belle persone con dei valori ben saldi, che amano la nostra terra, rispettano i suoi tempi e le stagioni, cercando con le loro creazioni di esaltarne le materie prime che selezionano meticolosamente. Se, come diceva Gualtiero Marchesi «la cucina è di per sé scienza, sta al cuoco farla diventare arte» allora loro sono due grandi artisti che meritano la fama del Brunelleschi e di Michelangelo.

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Federico Minghi