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(Ansa)
Salute

Confusione nella sanità dove mancano i medici ma si vuole il numero chiuso nelle università

Abbiamo provato a capire come mai, con una crisi evidente di personale, molti medici siano contrari allo stop del numero chiuso nelle facoltà dove stanno nascendo i dottori di domani

Il Comitato ristretto della Commissione Cultura del Senato ha adottato quasi all'unanimità il testo base per superare il sistema dei test per l'accesso a Medicina. Il provvedimento punta a lasciare libera l'iscrizione al primo semestre, subordinando l'ammissione al secondo al conseguimento di tutti i crediti formativi universitari stabiliti per gli esami del primo semestre. A un primo semestre aperto a tutti ne seguirà un secondo al quale potranno accedere gli aspiranti camici bianchi che avranno superato, prima, gli esami individuati come propedeutici e poi un quiz nazionale, dove nel caso di mancata ammissione, verranno riconosciuti i crediti formativi utili per potere cambiare facoltà.

Scopo del provvedimento è il potenziamento del Servizio sanitario nazionale (Ssn), alle cui esigenze di personale medico dovrà essere calibrata la programmazione formativa universitaria. Un decreto che già ha creato polemiche e tensione tra i medici per la maggior parte contrari alla sua adozione perchè solleva importanti questioni riguardo all'accesso e alla formazione nel campo della medicina e delle professioni sanitarie. Infatti se da un lato, il superamento del sistema dei test potrebbe offrire una maggiore apertura e incisività nel processo di ammissione, consentendo agli studenti di dimostrare le proprie competenze in modo più completo, dall’altro solleva preoccupazioni riguardo alla selezione dei candidati e alla qualità della formazione, con alcuni professionisti che temono una possibile diminuzione dello standard degli studenti ammessi ai corsi di medicina.
Ma non solo l’apertura del test d’ingresso potrebbe favorire il mercato privato.

«I problemi della carenza dei medici e altri sanitari nel Ssn è solo in minima parte risolvibile aumentando i numeri se non si rende più attrattivo il servizio sanitario pubblico in termini di qualità del lavoro. Il rischio fondato e realistico è che formeremo un gran numero di medici e specialisti che poi andranno all'estero» commenta Claudio Pagano medico endocrinologo che attualmente lavora nella sanità in Irlanda.

È un rischio concreto?

«Sta già succedendo da 20 anni, all'estero e nel privato in Italia, entrambi ringraziano per la qualità della formazione a carico dello Stato. Io ad esempio ho lavorato prima in Arabia ed ora sono in Irlanda»

Ad intervenire sulla questione anche Fabrizio Pregliasco, direttore della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva presso l’Università Statale di Milano.

«Non credo sia la soluzione per i problemi di organico che la categoria sta affrontando e che dovrebbero peggiorare nel tempo. Di per sé eliminare il test di ingresso per l’iscrizione alla facoltà di Medicina serve a poco se non si interviene strutturalmente per rendere più appetibili alcune specialità».

Come spiega la carenza di personale sanitario?

«Oggi esistono specializzazioni che hanno una grande capacità di attrazione perché consentono una remunerazione importante e ci stanno portando ad avere una folta schiera di aspiranti cardiologi, dermatologi, neurologi, ma pochissimi specializzandi in chirurgia generale, medicina d’emergenza-urgenza. Il rischio, se non si effettua una programmazione sensata e non si rendono più attrattive le specialità per le quali vi è una reale necessità di incrementare gli organici, è quella di aggravare le attualità criticità producendo un imbuto formativo in alcune aree terapeutiche e lasciare completamente sguarnite altre. Dal punto di vista logistico sarà molto complesso per alcune università riuscire a gestire un primo semestre con lezioni e sessioni d’esame prevedibilmente super affollate».

Mentre Valentina Bucefalo manager che si occupa di formazione in ambito sanitario, amministratore unico di ECMmedici, ha espresso un’opinione più favorevole, sottolineando che consentire un accesso maggiore di studenti al primo anno di Medicina potrebbe essere positivo.

«Consentire un accesso maggiore di studenti al primo anno di Medicina mi sembra una buona cosa, ma in generale ho come l’impressione che così come è concepita la modifica il meccanismo di sbarramento all’ingresso sia solo posticipato alla fine del primo semestre».

Cosa si rischia?

«Un sistema che verrà gestito in funzione della capacità logistica di ogni singolo ateneo. Gli atenei che avranno poca possibilità di ospitare in maniera continuativa lezioni con alcune centinaia di studenti alzeranno e di molto l’asticella nelle valutazioni degli esami del primo semestre al fine di ottenere una scrematura importante. Sarebbe un aspetto di per sé positivo ma andrebbe reiterato su tutto il percorso di studi e non solo come tagliola”. “In ogni caso credo che senza una riforma strutturale dei piani formativi e una gestione degli accessi alle specializzazioni organizzata con maggiore aderenza ai fabbisogni del SSN, l’eventuale eliminazione del test di ingresso sia un pannicello caldo, destinato a raffreddarsi velocemente».

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Linda Di Benedetto