Coppa Italia: vince la Juventus, perde Allegri
Il finale del tecnico livornese svela le tensioni con cui è stata vissuta la stagione in casa bianconera. Coppa Italia vinta, bilancio salvato, ma in un clima di guerra fredda che si trascinava da mesi
L'ira funesta di Massimiliano Allegri si è abbattuta su tutto e su tutti nella notte che ha consegnato alla Juventus la Coppa Italia rendendo vincente anche la stagione dell'Anno Zero (copyright John Elkann). Vittoria meritata e per nulla scontata con finale choc. Protagonista il tecnico livornese, in uscita a breve malgrado l'anno di contratto rimanente. Prima la rabbia sorda scaricata sul quarto uomo e sul direttore di gara, colpevole di aver omesso un rigore netto che avrebbe chiuso prima la contesa. Poi la ricerca del designatore Rocchi in tribuna (i due si sono chiariti quasi subito tra sorrisi e abbracci).
Il peggio, però, è arrivato poi perché si è consumata in campo e davanti agli occhi di tutti la rottura più clamorosa. Allegri ha allontanato il direttore sportivo Giuntoli dalla festa con i giocatori, rifiutato il suo applauso e poi è arrivato quasi allo scontro fisico con il direttore di Tuttosport, Guido Vaciago (insulti e minacce inqualificabili) accusato di non aver raccontato la verità in questo lungo e tormentato inverno. Insomma, Allegri contro tutti.
Un burn out emotivo difficilmente accettabile per un professionista dell'esperienza del tecnico e che non può essere spiegato solo con la consapevolezza ormai acquisita che l'avventura in bianconero è finita. Semplicemente sono venute a galla tutte le tensioni che hanno punteggiato il rapporto impossibile tra lui, Giuntoli, uomo chiamato dalla proprietà con un progetto a lungo termine per rifondare sulle macerie dell'ultima parte della vecchia gestione, e la nuova Juventus.
Allegri si è sentito lasciato solo, sia nelle decisioni interne che nell'affrontare la delegittimazione esterna. E' convinto di aver estratto il valore massimo possibile da una rosa incompleta, giovane e con limiti tecnici e tattici. I fatti gli danno ragione, perché due erano gli obiettivi consegnati a inizio anno ed entrambi sono stati raggiunti: qualificazione alla Champions League, vitale per il bilancio, e riportare un trofeo a casa. Eppure, mentre lui era impegnato sul campo la dirigenza già lavorava al futuro senza prenderlo in considerazione.
Può essere stata una situazione scomoda in cui trovarsi, di sicuro non inedita per chi fa di mestiere il gestore di grandi squadre: oneri e onori. La sbrocco romano sarà una macchia dalla quale non sarà semplice liberarsi anche in ottica futura: Max non si è reso un buon servizio con le sceneggiate sul prato e nella pancia dell'Olimpico e con un po' di lucidità arriverà a comprenderlo anche lui.
Tornando al malessere di fondo, il mercato di gennaio, nel momento in cui c'è stata l'illusione di poter andare oltre i limiti, è stato grottesco: serviva un rinforzo pronto a centrocampo e sono arrivati un giovane in prestito (oneroso) con operazione difficile da comprendere a priori e posteriori e un difensore in convalescenza. Il prossimo allenatore della Juventus avrà certamente di più. Il punto di non ritorno nella dialettica interna, da quanto si è capito, era stato superato da tempo arrivando al gelo. Un'eredità con la quale dovrà fare i conti anche il prossimo allenatore, perché con Allegri si chiude anche l'era Agnelli e il turn over ha riguardato e riguarderà anche le altre figure che ne hanno fatto parte nell'area sportiva.
Con un anno di ritardo nasce la Juventus di Giuntoli. Aver conquistato la Coppa Italia alza l'asticella. Sarà difficile ottenere una separazione indolore da Max, sarà impossibile non pretendere da Thiago Motta o chi per lui di lavorare nel rispetto del dna del club che significa sempre e comunque puntare a vincere. Anche se non si hanno gli strumenti adeguati.