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Joe Biden (Ansa)
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Adesso Hunter e Joe Biden sono veramente nei guai

Il Dipartimento di Giustizia ha nominato un procuratore speciale per portare avanti l'indagine in corso sul figlio del presidente americano. E adesso anche Joe Biden trema

E' una svolta assai significativa quella registratasi sull’indagine relativa ad Hunter Biden. Poco fa, il procuratore generale degli Stati Uniti, Merrick Garland, ha annunciato che nominerà un procuratore speciale per portare avanti l’inchiesta in corso sul figlio dell’attuale presidente americano. La scelta è ricaduta sul procuratore federale del Delaware, David Weiss, che stava già indagando su Hunter. In particolare, Garland ha riferito che lo stesso Weiss gli ha detto che “a suo giudizio, la sua indagine ha raggiunto una fase in cui dovrebbe continuare il suo lavoro come procuratore speciale, e ha chiesto di essere nominato tale”. “Dopo aver considerato la sua richiesta, così come le circostanze straordinarie relative a questa questione, ho concluso che è nell'interesse pubblico nominarlo come procuratore speciale”, ha concluso il capo del Dipartimento di Giustizia. Al termine dell’inchiesta, Weiss consegnerà un rapporto.

Vale la pena sottolineare che il procuratore speciale gode di poteri molto più ampi del semplice procuratore federale. Ne consegue che, se Garland si è deciso a compiere un simile passo, è probabile ritenere che l’indagine in corso sul figlio di Biden abbia delle basi piuttosto concrete. Weiss aveva già concluso un’inchiesta al termine di cui Hunter si era dichiarato colpevole di due reati fiscali, raggiungendo anche un accordo per un’altra accusa relativa al possesso illecito di arma da fuoco. Ne era scaturito un patteggiamento, poi naufragato nel corso della prima udienza davanti al giudice. E proprio nel corso di quell’udienza era emerso che la procura stava continuando ad indagare sul figlio del presidente. In particolare, secondo quanto riportato due settimane fa dalla Cnn, Hunter è sospettato di aver violato la legge americana che impone ai lobbisti, operanti per conto di entità straniere, di registrarsi. Il che pone nuovamente sotto i riflettori i controversi affari internazionali del figlio del presidente.

Appena pochi giorni fa, la commissione Sorveglianza della Camera dei rappresentanti aveva pubblicato nuovi documenti bancari, secondo cui la famiglia Biden aveva ricevuto oltre 20 milioni di dollari da soggetti stranieri assai controversi (tra cui oligarchi russi, cinesi, ucraini e kazaki). Non solo. Una recente testimonianza parlamentare dell’ex socio di Hunter, Devon Archer, ha rivelato che lo stesso Hunter usava il padre come un “brand” per aumentare la propria influenza nel mondo degli affari. Sempre Archer ha riportato che Joe Biden, all’epoca della vicepresidenza, fu messo in contatto circa 20 volte dal figlio con i suoi soci. Quello stesso Joe Biden che partecipò a un paio di cene a Washington, nel 2014 e nel 2015, a cui presero parte anche la miliardaria russa Elena Baturina e il magnate kazako Kenes Rakishev: entrambi, pochi mesi prima, avevano versato soldi a delle società di Hunter.

È quindi possibile che l’indagine penale di Weiss possa adesso intersecarsi con quella parlamentare dei repubblicani. I controversi affari del figlio di Biden sono sempre più sotto i riflettori. E rischiano di coinvolgere sempre di più l’attuale presidente americano. Il che rappresenta un grosso problema per lui anche sul piano della campagna elettorale in vista delle presidenziali del 2024. Biden, che è a sua volta sotto indagine da parte di un procuratore speciale per aver indebitamente trattenuto documenti classificati, potrebbe uscire politicamente azzoppato dalle vicende del figlio, proprio perché quelle vicende sembrano chiamarlo sempre più direttamente in causa. L’inquilino della Casa Bianca rischia sul fronte politico, penale e - soprattutto - parlamentare, visto che i repubblicani avvieranno probabilmente contro di lui un processo di impeachment in autunno.

Ricordate quando dicevano che i sospetti su Hunter Biden erano tutte teorie del complotto? Beh, chi lo diceva aveva torto marcio. E adesso i nodi per i Biden stanno venendo al pettine.

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Stefano Graziosi