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(Getty Images)
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Dietro le proteste pro Palestina nelle università Usa la crisi del Partito Democratico

Dalla prestigiosa Columbia University a Yale ci sono state agitazioni e manifestazioni contro Israele che dividono il partito del presidente Usa, filo-israeliano (ma non si sa fino a che punto)

Sta crescendo la tensione nei college americani a causa delle virulente proteste pro Palestina che si sono verificate in questi giorni. Stando a quanto riferito dall’Associated Press, la Columbia University ha cancellato le lezioni in presenza, mentre a Yale e alla New York University alcune decine di manifestanti sono stati arrestati. In particolare, proprio alla New York University alcune centinaia di dimostranti si erano accampati, lasciandosi andare a “cori intimidatori e a diversi episodi antisemiti”: una situazione che, nella serata di ieri, ha portato la polizia a intervenire.

Insomma, la situazione si sta facendo sempre più incandescente. “Se ogni americano ha il diritto di protestare pacificamente, gli appelli alla violenza ed intimidazione verso gli studenti ebrei e la comunità ebrea sono apertamente antisemiti, irresponsabili e pericolosi”, ha dichiarato la Casa Bianca. “In questi giorni vediamo attacchi e appelli alle violenze contro gli ebrei. Questo chiaro antisemitismo è riprovevole e pericoloso e non deve avere posto nei college universitari, o in nessun'altra parte nel nostro Paese”, ha aggiunto lo stesso Joe Biden. Intanto però la deputata di estrema sinistra, Alexandria Ocasio-Cortez, ha ritwittato un comunicato degli studenti pro Palestina della Columbia in cui, invocando il “disinvestimento dal genocidio”, sostengono che gli episodi di estremismo sarebbero da attribuire a singoli individui e che i media li starebbero dipingendo in maniera distorta.

Ecco, proprio la discrepanza tra Biden e la Ocasio-Cortez mette in luce il problema strutturale che attraversa il Partito democratico americano. Se la sua ala centrista è tendenzialmente a favore di Israele, quella di estrema sinistra è invece su posizioni filo-palestinesi e non rinuncia a strizzare talvolta l’occhio ad ambienti piuttosto radicali. E qui emergono quattro tipi di problemi.

Il primo è ovviamente quello della sicurezza degli studenti ebrei, che si trovano sempre più a doversi confrontare con manifestanti ostili e con episodi di vero e proprio antisemitismo. Il secondo riguarda l’estremismo di fasce piuttosto ampie della sinistra dem: un radicalismo, il loro, che per troppo tempo è stato ignorato (o comunque sottaciuto) dal punto di vista mediatico. Il terzo ha poi a che fare con l’alto grado di ideologizzazione che attraversa molti grandi atenei d’Oltreatlantico. Il quarto nodo riguarda infine le prossime elezioni presidenziali americane.

L’ala filo-palestinese del Partito democratico accusa da mesi Biden di essersi rivelato troppo favorevole a Israele nell’attuale crisi di Gaza. In questo quadro, appena pochi giorni fa, Nbc News ha riferito che la comunità musulmano-americana sarebbe irritatissima per il pacchetto di aiuti a Israele che presto arriverà sulla scrivania dello stesso Biden. Un Biden che teme il boicottaggio elettorale degli ambienti filo-palestinesi alle elezioni di novembre, soprattutto in alcuni Stati chiave come il Michigan e il Wisconsin. Il punto è che, per cercare di tenersi buoni quei mondi, il presidente americano tende spesso a barcamenarsi. Una linea, questa, che ha tuttavia portato Biden ad assumere delle posizioni al limite della contraddizione nella sua politica mediorientale. Quando qualcuno vi dice che i responsabili della polarizzazione negli Stati Uniti sarebbero i conservatori, ricordategli di che cosa si sta dimostrando capace l’estrema sinistra americana.

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Stefano Graziosi