Silicon valley bank
(Ansa)
Economia

Dal martedì nero di Wall Street al crac della Silicon Valley Bank: storia delle grandi crisi

Quando il panico dei mercati anticipa una crisi economica e quando invece si rivela un fatto limitato

Le Borse tracollano e il mondo trema. O viceversa. La stretta connessione tra contesto socio economico negativo e crollo dei mercati si ripete nella storia. Dal martedì nero di Wall Street del 1929 al crac della Silicon Valley Bank l’ultimo secolo è stato cadenzato da una serie di giri di valzer dove le peggiori crisi economiche di cui si ha memoria sono state accompagnate da altrettanti vortici dei mercati con un copione che presenta sostanziali analogie e analoghe conseguenze e un ingrediente chiave: il panico.

Il crac SVB

L’Europa oggi si lecca le ferite dopo la giornata nera di ieri quando Milano ha ceduto un secco 4% trascinata al ribasso dai venti di tempesta che arrivavano dall’altra parte dell’oceano con il timore che il crac della Silicon Valley Bank potesse essere la prima pedina di un domino per l’intero settore bancario a stelle e strisce. All’origine del crollo – in estrema sintesi - c’era stato un boom imprevisto delle richieste di prelievo di denaro da parte delle start up tecnologiche che vivono, germogliano e crescono sul terreno creativo della Silicon Valley dagli inizi del millennio e che hanno nella SVB il proprio forziere.

Cosa è successo

Dopo l’aumento dei tassi di interesse annunciato dalla Federal Reserve i clienti della Silicon Valley Bank per timore che i capitali raccolti perdessero valore hanno cominciato una corsa per recuperare i fondi depositati. La banca così ha dovuto trovare liquidi per un valore di circa 21 miliardi di dollari. Per fare questo ha cominciato a vendere obbligazioni, perdendo così circa 1,8 miliardi di dollari di capitale e terrorizzando investitori e risparmiatori. Il pensiero è andato subito al crollo del 2008 della Washington Mutual con l’esplosione della bolla dei subprime.

Sta per accadere qualcosa di simile? Il crac della SVB anticipa la fine dell’epoca dell’oro dell’hi tech? Secondo gli analisti è ancora prematuro poter dare una risposta in questo senso, ma a giudicare dal panico che pervade i mercati e a guardare all’ultimo secolo di storia non c’è molto da stare tranquilli.

1929: Wall Street e la Grande Depressione

Era giovedì 24 ottobre quando l'indice Dow Jones perdeva più del 22% del suo valore all'apertura della sessione, per poi recuperare terreno e chiudere al 2,1%. Era solo l’anticipo di quanto sarebbe accaduto da lì a quattro giorni. Il 28 ottobre New York avrebbe perso il 13% e poi il 12 per cento il 29 ottobre. Fu il panico. Il prezzo delle azioni di numerose aziende di grandi dimensioni precipitò con perdite economiche enormi che, secondo la stragrande maggioranza degli analisti, furono alla base della cosiddetta Grande Depressione, ovvero della prima vera crisi economica dell’epoca industrializzata. Tale crisi, per altro, creò le premesse che favorirono lo sviluppo della tensione sfociata nel secondo conflitto bellico mondiale.

Con la globalizzazione e l’introduzione delle nuove tecnologie, le crisi si sono moltiplicate in brevissimo tempo in tutto il mondo, amplificando l’eco del collasso dei mercati finanziari.

1987: il primo crollo dell'era dell'infotech, il “lunedì nero” di Wall Street

Il “black monday” - nome dato al crollo delle borse del 1987 – a differenza del martedì nero del 1929 ha avuto un forte impatto sulle più importanti sedi economiche del mondo, tra cui Hong Kong, Londra, Berlino e, per l’appunto, New York ed è considerato il primo crollo dell'era informatica. Il 19 ottobre 1987, Wall Street ha perso miliardi di dollari a causa di un forte deficit commerciale negli Stati Uniti e di un aumento dei tassi d'interesse da parte della Banca Centrale Tedesca con un effetto a catena su tutto il comparto. L'indice Dow Jones ha perso il 22,6% in un solo giorno trascindando nel baratro le principali borse mondiali.

Il rublo in picchiata nel 1998

Nell'agosto 1998 l’epicentro della catastrofe è stata la Russia con il rublo che ha perso il 60 per cento del suo valore in 11 giorni. I soldi erano diventati carta straccia e venivano buttati per strada. Si faceva incetta di qualsiasi merce si trovasse nei negozi e ci si ingegnava per sopravvivere con il dollaro scambiato di colpo a 26 rubli invece che sei. Negli Stati Uniti, a salvare l'hedge fund Long Term Capital Management (LTCM) fu la Federal Reserve dopo aver subito perdite rilevanti su investimenti altamente speculativi a seguito della crisi finanziaria asiatica.

2000: la prima bolla dell’epoca Internet

Prima o poi sarebbe dovuto arrivare il momento. Con la globalizzazione e l’introduzione delle nuove tecnologie, le crisi hanno iniziato a espandersi in brevissimo tempo in tutto il mondo, amplificando la rapidità del collasso dei mercati finanziari. Nel 2000 si è infatti sgonfiata la bolla di dot.com. Dopo il record di 5.048,62 punti del 10 marzo l’indice ha registrato un calo del 39,3 per cento nel corso dell'anno. Questo calo ha avuto un effetto domino su tutti i mercati legati alla nuova internet economy. Le premesse della bolla vanno ricercate tra il 1997 e il 2000 quando gli investitori furono investiti dal un’ondata di speranza di fare il “colpo grosso” investendo nelle nuove tecnologie e riversarono miliardi di dollari in dot.com facendo lievitare il prezzo senza che questo fosse sostenuto da una vera sostanza dell’intero impianto. Quando il giochino speculativo venne smascherato dilagò il panico e la bolla scoppiò.

2002, l’anno degli scandali contabili

Si tratta degli scandali contabili del gigante dell'energia statunitense Enron e del gruppo di telecomunicazioni Worldcom che coinvolgevano investitori di tutto il mondo presi dal panico quando è emersa la gravità dei falsi in bilancio del gruppo. Una colossale truffa contabile durata anni e che, nel giro di due, fece crollare un gruppo con ventimila dipendenti e che vantava ben 101 miliardi di dollari di fatturato.

2008: la crisi dei subprime

Quella del 2008 è la crisi madre da cui deriva la situazione di incertezza globale attuale. I cosiddetti mutui “subprime” erano dei mutui che le banche USA concedevano anche a famiglie e cittadini che, palesemente, non sarebbero stati in grado di restituire i prestiti erogati dalla banche. L’effetto è stato quello di creare la bolla immobiliare perfetta con un boom di vendite di case ipotecate, ma con un elevatissimo grado di insolvenza dei mutuatari. Quasi tre milioni di famiglie americane erano inadempienti e dovettero lasciare le loro proprietà, sequestrate e poi messe in vendita da istituti di credito, determinando un aumento dell'offerta sul mercato immobiliare e quindi un ulteriore abbassamento dei prezzi. Lehman Brothers, la quarta banca d'affari americana, e da molto tempo ha valicato il limite dell'esposizione ai mutui concessi alle famiglie. Così come altre istituzioni bancarie in quegli anni ci è dentro fino al collo e i prezzi delle case cominciano a calare dopo una bolla durata per molto tempo. Alle ore 1:00 del 15 settembre 2008 l'annuncio: Lehman Brothers è fallita. E’ l’inizio dell’apocalisse.

La crisi del debito del 2011

I mercati finanziari sono andati, poi, in panico in seguito al declassamento del debito statunitense del 5 agosto 2011 (figlio anche lui della crisi dei subprime). Lo spettro di un crollo incombe sulle borse mondiali, colpite dal crollo del settore bancario e dalle voci di un peggioramento della situazione del debito nell'eurozona. Il Pil diminuisce in tutta l’Eurozona e lo spettro di una nuova bolla torna a far lievitare il livello di panico sui mercati.

Nel 2015 tocca alla Cina

Dopo che il facile accesso al denaro preso in prestito porta a una bolla di debiti, a metà del 2015 in Cina l'indice di riferimento di Shanghai crolla del 40% e in mese svaniscono 3mila miliardi di dollari, ovvero il valore annuo dell’intero listino di Paesi come Spagna o Italia. Si tratta di un ribasso figlio dell’eccessivo rialzo dei 12 mesi precedenti che, ancora una volta, ha scatenato panico e terrore sulle piazze borsistiche del mondo.

2020, l’anno ZERO del Coronavirus

E’ ancora in atto a tutt’oggi il crollo dell’azionariato innestato dalla pandemia di Covid 19. Il blocco dell’economia globale su aziende che, almeno dalla crisi del 2008, vedevano continuamente spinto al rialzo il livello di indebitamento ha causato il black out dei mercati. Il 2022 è stato l’anno maglia nera dei mercati globali. E il 2023 non promette di essere da meno.

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Barbara Massaro