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Economia

La lotta sul salario minimo si scontra con il vero nemico del mondo del lavoro: la contrattazione

L’idea venne avanzata già nel 2018 da Matteo Renzi. Ma la sua introduzione non sarebbe la panacea a tutti i mali e dovrebbe fare i conti con problemi strutturali del mondo del lavoro

Si torna a parlare del salario minimo. Ciclicamente l’argomento torna di moda, per il Pd e il M5S, per poi concludersi nel nulla. L’idea era stata avanzata da Matteo Renzi nel 2018, quando era segretario del Pd e seguito poi nel 2019 da Nicola Zingaretti. Il 2020 ha visto un anno di pausa a causa della pandemia, ma nel 2021 Enrico Letta, ex segretario Pd e Giuseppe Conte (M5S) hanno riproposto nuovamente il tema. Nel 2022 è infine tornato il tormentone del salario minimo in vista delle elezioni. Tema dunque che non sorprende essere stato di nuovo riproposto anche per quest’anno.

Il problema è che l’introduzione di un salario minimo a 9 euro l’ora non andrebbe a risolvere i problemi strutturali dell’Italia che vedono come protagonisti principali il precariato, il lavoro in nero e l’eccessivo peso fiscale sulla busta paga. Secondo l’Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche in Italia il salario orario lordo mediano dei lavoratori dipendenti, riferito alle posizioni lavorative nei settori privati non agricoli, è pari a 11,2 euro e la contrattazione collettiva è superiore al 97%. Secondo i dati del Cnel (Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro), abbiamo 919 Ccnl nel solo settore privato, al quale si devono aggiungere 15 Ccnl nella Pa e 48 del mondo dei lavoratori parasubordinati. Per un totale di ben 982 contratti collettivi nazionali. L’Unione europea indica di percorrere la via del salario minimo per tutti quei paesi che hanno una contrattazione collettiva inferiore all'80%. Caso che non comprende l’Italia.

Il salario minimo non rappresenta la panacea a tutti i mali. Questo rischia anzi di peggiorare la situazione, alimentando il sommerso e schiacciando le retribuzioni medio-alte. Il salario minimo, come ricorda il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, “deve scaturire, settore per settore, dai trattamenti economici dei contratti nazionali prevalenti", che mediamente sono ben al di sopra dei 9 euro l'ora, ma contengono anche tante altre tutele. Parliamo “delle 13me e 14me, le maggiorazioni, la sanità, la pensione integrativa, buoni pasto, ferie, Tfr, straordinari, flessibilità, lavoro notturno, ecc”.

Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria intervenendo a Milano all’Assemblea generale di Assolombarda ha infatti ricordato che il tema del salario minimo "non è un problema per Confindustria perché i nostri contratti sono tutti superiori alla soglia di 9 euro lordi".

Per risolvere la questione di quelle categorie di lavoratori che invece non rientrano sotto il tetto dei Ccnl, Sbarra spiega come la soluzione può essere trovata estendendo i “trattamenti economici fissati dai contratti maggiormente diffusi, focalizzandosi su quei comparti ancora non coperti dalle relazioni industriali per associarli al contratto leader più prossimo”. Azione che secondo la Cisl può essere fatta in tempi brevi, andando a garantire importi maggiori di 9 euro l'ora e un riferimento preciso agli ispettori per combattere i contratti pirata.

Un problema che il salario minimo non risolverebbe è il netto in busta paga. La pressione fiscale sulla busta paga è eccessiva e infatti il governo Meloni ha iniziato a ragionare sul taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 35.000 euro. Misura, che per il momento, è confermata solo fino a dicembre 2023. Il focus deve infatti essere quello di collegare il taglio contributivo a una riforma fiscale complessiva che abbassi la pressione sulle fasce medie e basse del lavoro e delle pensioni, “azzeri la tassazione su premi di risultato e accordi di welfare, operi una forte detassazione delle tredicesime per lavoratori e pensionati, rafforzi l'azione di contrasto a evasione ed elusione fiscale", conclude Sbarra.

L’introduzione del salario minimo vedrebbe poi due problemi. Il primo che una sua introduzione andrebbe a sostituire i vari Ccnl in vigore che hanno un livello minimo inferiore a 9 euro. Il problema in questo caso è che sarebbe difficile individuare nei fatti tutti quei contratti collettivi che presentano questa caratteristica, dato che il livello base di retribuzione nella maggior parte dei casi è quasi sempre formale.

Il secondo è una questione tecnica. La proposta del salario minimo potrebbe avere anche dei problemi di costituzionalità, andando a scontrarsi apertamente con l'articolo 39 della Costituzione che ha il suo focus sui sindacati.

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Giorgia Pacione Di Bello