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(Ansa)
Economia

Gli errori e le cose impossibili del Pnrr che tutti vedevano e sapevano. Senza dirlo

Opere irrealizzabili, tempistiche impossibili da seguire, problemi burocratici. Chi oggi attacca il Governo che chiede una rianalisi del Pnrr mente dato che certe lacune erano chiare a tutti, fin dal principio

Programmazione del Pnrr incentrata su progetti troppo ambiziosi, amministrazioni pubbliche con scarse competenze e problemi di reperimento di manodopera nel settore delle costruzioni stanno rallentando l’esecuzione dei progetti del Pnrr. Ma andiamo con ordine. Partiamo dal fatto che il governo ha fatto delle modifiche nella programmazione delle risorse destinate al Piano nazionale di ripresa e resilienza, nell’ultima nota di aggiornamento del Def, che dovrebbero portare ad un ritardo degli investimenti effettuati, rispetto al cronoprogramma iniziale, di circa 15 miliardi di euro a fine 2023. Il nuovo piano ''contempla una traslazione in avanti delle spese originariamente assegnate al triennio 2020-2022, per oltre 20 miliardi complessivi'', sottolinea l’ultima relazione presentata ieri dalla Corte dei Conti.

Ritardo che il viceministro alle infrastrutture e mobilità, Edoardo Rixi, lega ad una programmazione sbagliata fatta dal governo Draghi. A Radio 24 ha infatti sottolineato come il precedente governo avrebbe dovuto indirizzare i fondi su “opere semplici e non sempre si è fatto”. Nel settore ferroviario, spiega Rixi, si sono messi dei soldi per la realizzazione di opere che non sono compatibili con le scadenze imposte dal Pnrr. Una riprogrammazione, secondo il viceministro, è dunque necessaria: “Si devono spostare alcune partite finanziarie in opere meno complesse. Vuol dire finanziarie opere che possono essere realizzate entro il 2026”, visto che precedentemente le risorse sono state allocate su opere, sicuramente necessarie per il miglioramento infrastrutturale dell’Italia, ma che risultano essere incompatibili con le tempistiche dettate dal Pnrr. Un’errore che sta ipotecando i futuri fondi dell’Ue e la realizzazione dei progetti previsti.

La sbagliata programmazione non è però l’unico fattore di criticità. Un altro tassello che sta ostacolando la realizzazione dei progetti del Pnrr, secondo Rixi, è la macchina pubblica che non può essere fermata ma che risulta essere in affanno. Aspetto sottolineato anche dal report della Corte dei Conti che evidenzia come le Pa stanno trovando delle difficoltà nell’espletare tutte le pratiche necessarie per avere accesso ai fondi del Pnrr, con il consequenziale rischio che le complessità riscontrate, specie in campo infrastrutturale, “finiscano con lo spingere inevitabilmente la spesa prevista per il 2022 verso gli anni 2023-2026”, criticità quest’ultima evidenziata anche nella relazione di inizio 2022 a cui però il governo Draghi non ha prestato attenzione né cercato correttivi. Se infatti si guardano i dati forniti dal sistema ReGiS, si può capire come questa criticità hanno influito negativamente sui progetti del Pnrr. Osservando i numeri con riferimento agli investimenti risulta infatti che le risorse finanziarie del Pnrr messe a disposizione delle Amministrazioni nel periodo 2020/2022 ammontavano a 1.501.710.000 euro. La spesa che però è stata dichiarata, nello stesso periodo, è stata di solo 833.280.000 euro (55,49%). Stessa sorte nel rapporto fra risorse finanziarie messe a disposizione per l'intero Pnrr nel periodo 2020/2022, pari a 20.440.560.000 euro e quella che realmente è stata sostenuta pari invece a 12.854.210.000 euro (62,89%). Le difficoltà delle pubbliche amministrazioni centrali e locali sono legate a due fattori principalmente. Il primo è che la maggior parte dei dipendenti della Pa ha un’età media tra i 50 e i 60 anni e i giovani tra i 18 e i 34 anni hanno un peso minimo nell’organico. Questo ha conseguenze sul tema delle competenze. Attualmente all’interno delle pubbliche amministrazione c’è poco personale con una laurea tecnica o Stem. Professionalità, queste ultime, che sono molto richieste per effetto della necessità di governare i cambiamenti tecnologici, come la transizione digitale richiesta dal Pnrr. Per ovviare a questo problema è stata data la possibilità alla Pa di assumere del personale tecnico qualificato per seguire i lavori del Pnrr. Anche in questo caso le criticità sono due. La prima è che la pubblica amministrazione offre dei contratti a tempo determinato e poi che le professionalità tecniche ricercate per gestire i progetti del Pnrr sono molto richieste anche dal privato che nella maggior parte dei casi riesce ad accaparrarsi le figure prescelte.

Criticità ci sono poi anche nella filiera delle costruzioni. La Corte dei Conti ha infatti evidenziato come “data l’enfasi sulla dotazione infrastrutturale, una parte significativa delle risorse mobilitate con il Pnrr e il Piano complementare andrà ad attivare la filiera delle costruzioni". Questo settore negli ultimi due anni ha visto importanti aumenti nella domanda, sia a seguito del recupero spontaneo degli investimenti privati, che per effetto dell’intensa attività di ristrutturazione legata agli incentivi dei superbonus 110%. “Si sono registrati significativi incrementi occupazionali, sfociati in problemi di reperimento di manodopera”, sottolinea la Corte dei Conti. Se a tali tensioni si aggiungono poi anche quelle legate alla dinamica dei prezzi, si ha un comparto vicino alla saturazione della capacità produttiva. Proprio per questo è necessario fare degli investimenti ad hoc per allargare la base produttiva e riuscire, di conseguenza, a tenere il passo con gli obiettivi del Pnrr. “Va inoltre tenuta presente la scarsa attrattività che alcuni settori, a elevata presenza di occupati con skill ridotte, hanno per i più giovani, dato anche il progressivo aumento del tasso di scolarizzazione delle generazioni all’ingresso nel mercato del lavoro. Non è un caso che da diversi anni le costruzioni abbiano visto un progressivo incremento della presenza di lavoratori stranieri.” sottolinea la Corte dei Conti.

Nel settore delle costruzioni, sottolinea il report, c’è poi un cortocircuito legato al genere. Se infatti da una parte si deve investire per trovare la manodopera necessaria per portare a termine, entro i tempi previsti, i progetti del Pnrr, dall’altra parte la filiera delle costruzioni è composta in prevalenza da settori caratterizzati, anche per motivi fisiologici legati alle mansioni da svolgere, da uomini. E dunque, un aumento dell’attività nell’edilizia, e negli altri manifatturieri dell’indotto, rischia “di aumentare le distanze di genere, esito questo non coerente con gli obiettivi trasversali del Pnrr”. Gap che dovrà essere compensato in altri settori.

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Giorgia Pacione Di Bello