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Calcio

Scommesse, perché la strada dei patteggiamenti è quella giusta

Espone la Figc e il suo presidente Gravina (contestato dalla politica) all'accusa di non voler usare il pugno duro, ma anche in Inghilterra si è scelta una via di compromesso

Il patteggiamento sottoscritto da Nicolò Fagioli con la Procura federale, benedetto dal presidente della Figc Gabriele Gravina, è il primo passo della strategia che il calcio italiano sta mettendo in campo per uscire dalle sabbie mobili dello scandalo scommesse. Il messaggio è chiaro ed è stato ripetuto in maniera esplicita dallo stesso Gravina: se qualcuno si è macchiato di comportamenti illeciti venga allo scoperto, si denunci prima che a denunciarlo siano le carte di un'inchiesta, collabori per ricostruire la vicenda e si metta a disposizione per un percorso di riabilitazione. Che prevede anche una pena afflittiva, non potrebbe essere diversamente, ma che punta fondamentalmente a non gettare via carriere e patrimoni di tutto il sistema.

Sulla strada di Fagioli si è messo anche Sandro Tonali, seppure l'apparenza sia una situazione più complessa avendo scommesse anche su partite della sua squadra di appartenenza. L'idea è fare in fretta per non lasciare l'impressione di non saper governare l'evento, dare un segnale forte anche all'esterno e mettere dei punti fermi. La formula del patteggiamento può non piacere a tutti, perché si presta alla critica di essere uno sconto eccessivo rispetto alla gravita di quanto fatto, ma è prevista dalle norme e forse è anche l'unica strada per uscire dalle secche.

Le priorità sono recuperare un minimo di credibilità agli occhi dei tifosi, già provati dai mesi dell'inchiesta sulla Juventus che ha impattato su tutta la scorsa stagione, e provare a dare una cornice sostenibile all'applicazione delle regole. Perché il grande rischio è che, se comportamenti scorretti personali dovessero essere solo la punta dell'iceberg di una situazione più diffusa, il calcio italiano si trovi nei prossimi mesi a dover incidere in maniera massiccia su se stesso.

Non è solo quanto potrà accadere ad altri calciatori (se ci sono) con il vizio delle scommesse o con il problema della ludopatia. Sullo sfondo c'è, ad esempio, la gestione dell'eventuale accusa di "omessa denuncia" (prevista sempre dall'articolo 24 del Codice di Giustizia Sportiva) che potrebbe travolgere tutti i compagni di squadra dei reprobi, magari semplicemente perché inseriti in chat di gruppo in cui c'è stata qualche battuta o allusione sulla moda di scommettere di altri. Carte alla mano significa andare in contro a uno stop di sei mesi, nei fatti diventerebbe una sorta di boomerang autodistruttivo di tutto il movimento.

Il passaggio è stretto ma va percorso. Gravina è alle prese con l'assalto della politica che ne chiede la testa, imputandogli una responsabilità che non ha non avendo la Figc alcun potere di controllo su cosa fanno i calciatori nel loro tempo libero (vale anche per i club). L'opinione pubblica in generale oggi non è disposta a concedere grandi sconti agli ex idoli e urla al colpo di spugna. La necessità, però, è evitare l'implosione anche respingendo al mittente eventuali lezioni che possono venire dall'estero.

Il caso dell'attaccante del Brentford Toney è fresco e dice come anche in Premier League si sia scelta la strada del pragmatismo. A fronte di accuse, provate, per centinaia di scommesse su se stesso e sulla propria squadra, Toney si è visto condannato a 8 mesi di stop (da 15 che erano in prima istanza), perdendo le chance di andare a Qatar 2022 ma potendo poi ricominciare la sua carriera. Nessuno in Inghilterra ha fiatato. Sarebbe particolare che ora si sollevassero contro l'Italia.

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Giovanni Capuano