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Calcio

Scandalo scommesse, serve giustizia (non sentenze esemplari)

Una vicenda dai contorni non ancora delineati, l'ombra della ludopatia e il la giustizia sportiva tirata per la giacca tra la voglia di stangare e il ricorso a patteggiamenti taglia condanne - L'ULTIMA ONDATA DI FANGO SUL CALCIO ITALIANO

L'ultimo scandalo che ha investito il calcio italiano non è nemmeno delineato nei suoi reali contorni e già è partita la corsa a trovare la strada per uscirne. Se accertate le responsabilità, sportive e non penali visto che di questo si occupa chi gestisce il pallone, cosa dovrà accadere agli eroi della domenica caduti in tentazione e disgrazia? Come sempre si viaggia da un opposto all'altro. C'è la corsa a vuotare il sacco, per prendere coscienza degli errori commessi ma anche per garantirsi un trattamento meno duro in sede di giudizio. E c'è la malcelata necessità di dare un segnale forte, magari stangando qualcuno dei protagonisti, per non dare l'impressione che tutto si possa liquidare con un buffetto o poco più.

Sia la prima che la seconda soluzione sono un errore. Intanto perché davvero ancora non c'è contezza di quale sia la dimensione dello scandalo che potrebbe trasformarsi in epidemia oppure, non si può escludere, in somma di comportamenti individuali sbagliati. Sapere e capire sono il primo passo, poi viene tutto il resto compreso il dibattito più ampio sul tema della ludopatia che pare essere uno dei fili conduttori della vicenda ma che è cosa estremamente seria e non può essere utilizzato, nemmeno a livello dialettico, come via per spiegare tutto.

La stangata peer dare un segnale e lo scontificio a tutti i costi, insomma, sono strade sbagliate. Bisogna fare i conti con la platea di appassionati che è disorientata e pretende risposte, dopo essere stata tramortita nei mesi scorsi dallo tsunami che ha azzerato la Juventus e condannato tutti a una stagione in bilico tra campo e tribunali. Questa è la priorità per i vertici di un sistema in ginocchio dal punto di vista dell'immagine. Non da ieri.

E sarebbe utile anche avviare una riflessione sulle regole che il calcio italiano si è dato. E' chiaro che se qualcuno ha scommesso sulla propria squadra o, peggio ancora, su se stesso non c'è alcuna attenuante da applicare: sarebbe stata messa in discussione l'integrità del gioco stesso e servirebbero punizioni durissime. Ma in altri casi - ad esempio puntate su partite estere, pure vietate dalle norme - ha senso che la giustizia sportiva intervenga con una sorta di ergastolo agonistico (quale è una squalifica pluriennale) laddove quella penale tratta in maniera marginale il fatto di essersi rivolti a piattaforme illecite?

Se l'elenco dei coinvolti dovesse allungarsi a dismisura, coinvolgendo magari anche calciatori per omessa denuncia e cioè per essere comparsi in qualcuna delle chat incriminate, il rischio è che il calcio italiano si azzoppi con le proprie mani. Quanti squalificati? E per quanto? E' corretto che un sistema si esponga alla possibilità di pagare un prezzo così alto per comportamenti di scarso rilievo o non centrali dentro un'inchiesta su un malcostume? E' forse tardi per intervenire, ma una riflessione sulla vera posta in palio di tutta questa vicenda andrebbe comunque fatta.

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Giovanni Capuano