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Niente Conference e niente ricorsi: ma la Juventus ora riparte

La Uefa esclude i bianconeri per un anno (con forte multa): il conto dell'inchiesta Prisma è pesantissimo ma la scelta di rinunciare al Tas di Losanna indica la volontà di cominciare subito la risalita

Ora è ufficiale. La Juventus non giocherà la Conference League nella prossima stagione e dovrà pagare alla Uefa una multa di 20 milioni di cui una parte (la metà) per il momento congelata in attesa di verificare se nei bilanci dal 2023 al 2025 il club torinese sarà stato capace di rispettare i parametri delle norme Uefa. Impresa non semplice, considerando lo squilibrio da cui si parte e l'handicap di un'annata da portare avanti senza i ricavi della Champions League, competizione che la squadra di Massimiliano Allegri si era conquistata sul campo al netto della penalizzazione inflitta per le note vicende legate all'inchiesta Prisma della Procura di Torino.

La Uefa si è presa fino all'ultimo momento utile o quasi (il 7 agosto sono in programma i sorteggi) per esprimere il proprio verdetto contro il quale la Juventus non farà ricorso pur "non condividendo l’interpretazione che è stata data delle nostre tesi difensive" ha detto il presidente, Gianluca Ferrero, e restando "fermamente convinti della correttezza del nostro operato e della fondatezza delle nostre argomentazioni". Un percorso già compiuto in Italia con il patteggiamento per il filone stipendi con rinuncia a tutti i ricorsi, la stessa cosa che avviene ora a livello europeo perché la Juventus non andrà al Tas di Losanna per far valere le proprie ragioni.

La vicenda processuale del club bianconero, dunque, si chiude qui. L'inchiesta sui bilanci della gestione precedente ha portato un autentico terremoto, è costata un centinaio di milioni di euro di mancati ricavi nella prossima stagione, l'azzeramento dei vertici operativi della società e un danno evidente di immagine e reputazione oltre al passo indietro sulla Superlega, a lungo il convitato di pietra nei rapporti con la Uefa del presidente Ceferin a caccia di rivalsa su Andrea Agnelli.

Piaccia o non piaccia, questo è il conto pagato sulla base delle pagine di un'inchiesta non ancora arrivata nemmeno all'udienza preliminare e la cui competenza è stata tolta a Torino e trasferita a Milano. La giustizia sportiva ha tempi, modi e necessità differenti ma quanto accadrà nei prossimi anni davanti a un tribunale ordinario, tra perizie e accese contrapposizioni, racconterà molto di una storia che oggi vede un solo colpevole (la Juventus) e tutti gli altri che sono rimasti al di fuori della tempesta.

La Juventus si ferma qui perché, come hanno spiegato più volte i manager incaricati di traghettarla nel futuro, ha bisogno di certezze. Il tempo dei tribunali non poteva essere dilatato all'infinito col rischio di una sterile guerra di trincea con poco da guadagnare e molto da perdere. Molti tifosi bianconeri non condividono la resa, ma la scelta è dettata dal pragmatismo e anche dalla consapevolezza che proprietà e società ora devono correre per recuperare il tempo perduto. L'appuntamento è con la Champions League del 2024, la prima con la nuova formula e con introiti superiori rispetto a quelli attuali. E poi ci sarà da ricostruire il peso politico di un club che fino al 2021 era potentissimo anche nelle stanze che contano in Italia ed Europa e negli ultimi tre anni è stato spazzato via.

E' amaro e paradossale che tutto ciò avvenga nei giorni del centenario della storia che lega la famiglia Agnelli alla Juventus. Mai ricorrenza è stata celebrata in modo peggiore, ma la decisione di dare un taglio netto - pur non condividendo forma e sostanza - apre a una nuova era. Il calcio italiano ha più che mai bisogno di ritrovare serenità e una società che ne ha rappresentato per decenni una parte virtuosa; lo raccontano le difficoltà attuali a vendere il prodotto Serie A e la ristrettezza di cui godono anche altri club della filiera, abituati a vivere anche dei tanti soldi investiti a beneficio di tutto il sistema.

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Giovanni Capuano