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(Ansa)
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La Meloni, Saied e gli Accordi di Abramo

La sponda tra il governo italiano e Tunisi potrebbe rivelarsi geopoliticamente centrale, se Trump tornasse alla Casa Bianca

C’è un aspetto spesso trascurato della sponda in corso tra il governo Meloni e la Tunisia: quello degli Accordi di Abramo. Ma andiamo con ordine.

Il presidente tunisino, Kais Saied, ha spesso criticato Israele e ha anche ufficialmente escluso di volerlo riconoscere formalmente. Eppure, lo scorso novembre, ha di fatto bloccato un disegno di legge del parlamento tunisino, che puntava a criminalizzare la normalizzazione dei rapporti tra Tunisi e Gerusalemme. Guarda caso, Al Jazeera, emittente qatariota assai vicina alla Fratellanza musulmana, pubblicò un articolo molto critico di quella mossa, tacciando Saied di ipocrisia.

Ma non è tutto. La decisione del presidente tunisino va collegata a un altro elemento: negli scorsi mesi, i legami tra la Tunisia e l’Arabia Saudita si sono notevolmente rafforzati. A luglio, Riad ha concesso al Paese nordafricano un prestito agevolato da 500 milioni di dollari. Era inoltre lo scorso dicembre, quando i sauditi hanno firmato con Tunisi sette memorandum d’intesa in vari settori, tra cui quello della cooperazione industriale.

Ora, non è un mistero che il recente attacco iraniano contro Israele abbia impensierito Riad, la quale, sebbene abbia avviato una distensione con Teheran l’anno scorso, continua a temere le ambizioni nucleari del regime khomeinista. Sia chiaro: non è che i sauditi abbiano al momento rotto le relazioni con gli iraniani. Si registra però un atteggiamento un poco più freddo, che potrebbe spingere Riad a riavvicinarsi a Gerusalemme. Uno scenario tanto più concreto soprattutto se Donald Trump dovesse vincere le presidenziali di novembre.

Il candidato repubblicano ha infatti intenzione di ripristinare la politica della “massima pressione” sugli ayatollah, per rispolverare la logica degli Accordi di Abramo e spingere così Israele e l’Arabia Saudita alla normalizzazione dei rapporti: una normalizzazione che, a settembre scorso, sembrava vicina, ma che è deragliata a causa del brutale attacco del 7 ottobre, perpetrato da Hamas contro lo Stato ebraico.

Ecco che quindi, qualora rientrasse alla Casa Bianca, Trump punterebbe molto sul ritorno degli Accordi di Abramo. Se i sauditi e gli israeliani scommettono assai su questo scenario in funzione anti-iraniana, Saied si è lasciato libero le mani per essere eventualmente della partita. Già nel 2022, il think tank conservatore americano Heritage Foundation aveva auspicato una normalizzazione dei rapporti tra Tunisi e Gerusalemme. Inoltre una simile prospettiva permetterebbe in caso a Saied di infliggere un duro colpo politico agli ambenti della Fratellanza musulmana, con cui è notoriamente in pessimi rapporti.

La sponda di Giorgia Melonicon la Tunisia si rivela allora fondamentale. Qualora Trump tornasse presidente e Saied dovesse optare per una normalizzazione con Israele, il governo italiano potrebbe svolgere un ruolo cruciale, viste le sue ottime relazioni tanto con Tunisi quanto con Gerusalemme. Un ruolo che sarebbe ovviamente assai apprezzato dalla Casa Bianca e che potrebbe accrescere l’influenza del nostro Paese nel Mediterraneo.

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Stefano Graziosi