Dimmi quanto rame usi e ti dirò quanto sei Green
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Dimmi quanto rame usi e ti dirò quanto sei Green

Il metallo noto per il suo essere un ottimo conduttore, è al centro delle scelte energetiche di ogni paese, come il Tyrrhenian Link

Il Tyrrhenian Link di Terna viene definito l’elettrodotto dei record che porterà l’energia verde prodotta nelle isole sul continente. Il progetto prevede collegamenti in alta tensione per circa 1500 km al fine di consentire al nostro paese di raggiungere gli obbiettivi della transizione energetica.

Una delle domande che è lecito porsi, per quanto fuori dagli schemi in un paese che ha lasciato al resto del mondo il compito di estrarre, elaborare e trasformare le materie prime in prodotti finiti, è quanto rame, certamente molte decine di migliaia di tonnellate, sarà necessario per realizzare una simile opera. In un momento in cui, secondo l’opinione unanime di tutti i principali analisti del settore, il rame entrerà in una crisi di approvvigionamento, in questo decennio, che tendenzialmente potrebbe portarlo a raddoppiare l’attuale quotazione.

Il rame, com’è noto, è un ottimo conduttore di elettricità e quasi l'80% dei suoi utilizzi sono legati a questa sua proprietà: di conseguenza, la crescita futura della domanda globale di elettricità con lo sviluppo delle economie comporterà anche la crescita del consumo del metallo rosso.

Le energie rinnovabili, come eolico e fotovoltaico, sono estremamente “affamate” di rame così come i veicoli elettrici ma un ulteriore aspetto, legato alla transizione energetica, è l’espansione delle reti elettriche. I produttori di cavi come Prysmian, che ha siglato con Terna un contratto da 1,7 miliardi di euro per il Tyrrhenian Link, stanno espandendo la capacità delle loro unità produttive di cavi per soddisfare la nuova domanda di reti elettriche, che comporterà una domanda aggiuntiva di 6,7 milioni di tonnellate di rame, oltre il 30% dell’attuale produzione globale, entro il 2040.

Un’opera come il Tyrrhenian Link spiega bene come l’attuale impostazione della transizione “verde” rappresenti plasticamente lo squilibrio tra un Occidente green ed il resto del Pianeta reso numericamente palese da un semplice parametro: il consumo di rame pro-capite.

Il consumo del metallo rosso infatti esprime una ben definita correlazione tra lo sviluppo economico e la sua disponibilità per abitante, le sue diffuse applicazioni nella maggior parte dei settori dell'economia — dalle case e fabbriche all'elettronica, alla produzione e trasmissione di energia — lo rendono un indicatore del livello di sviluppo di un’economia e del benessere di un paese. I cittadini di un paese occidentale, come l’Italia, consumano mediamente circa 10 chilogrammi all’anno pro-capite per espandere le loro infrastrutture, le loro aziende, in ultima analisi, il loro benessere. Quello che forse non è così chiaro è il fatto che un cittadino dell’India, con i suoi 1,4 miliardi di abitanti, consuma a stento 1 chilogrammo all’anno. Ed è anche opportuno non farsi trarre in inganno dai dati della Cina: buona parte del suo consumo, comunque inferiore a quello di un paese occidentale, è legato alla produzione di beni che vengono lì prodotti e poi esportati. L’Impero di Mezzo infatti oggi assorbe poco più della metà della produzione di rame globale. Ma il vero problema resta l’Africa, dove si trova circa la metà delle economie più in rapida crescita del mondo, soprattutto in considerazione del fatto che entro il 2050 un abitante del Pianeta su quattro sarà africano.

Nel 2010–2011 la domanda di approvvigionamento dal mercato è stata di 2,4 chilogrammi di rame primario pro capite all'anno e, con 7,3 miliardi di persone nel mondo, per soddisfare questa domanda l’industria mineraria ha estratto circa 17,5 milioni di tonnellate. Se la popolazione mondiale raggiungesse il picco di 9,5 miliardi di persone nel 2050, e nel contempo la domanda globale pro capite arrivasse anche a solo 6 chilogrammi di rame all'anno, questo implicherebbe la fornitura di circa 57 milioni di tonnellate di rame all'anno al mercato, ovvero quasi 3 volte la produzione attuale. Non serve fare grandi calcoli per scoprire che le riserve conosciute e previste a livello globale sarebbero consumate in circa due decenni.

In questo senso vanno le previsioni di tutti i maggiori analisti di materie prime a livello globale. Da Wood Mackenzie, secondo cui nel prossimo decennio il volume aggiuntivo di rame necessario, circa 10 milioni di tonnellate, dovrà provenire da miniere al momento neppure identificate completamente, a CRU International che ritiene, anche solo per tenere gli attuali livelli produttivi, che nella seconda metà dell’attuale decade, mancheranno circa 5 milioni di tonnellate di produzione. Alla recente analisi di S&P Global che evidenzia come nel 2035 saranno necessari circa 50 milioni di tonnellate di rame di cui 20, ossia l’attuale produzione globale, destinati alla transizione energetica. Un crescente disavanzo di mercato, esacerbato dal forte aumento della crescita della domanda di metallo raffinato, che porterà ad un aumento del prezzo del rame, ben oltre 11.000 euro per tonnellata, entro cinque anni.

Il tutto in un contesto globale in cui l’apertura di una nuova miniera, tra scoperta e messa in produzione richiede almeno una decina d’anni: secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, IEA, possono essere anche diciotto. Nel contempo le licenze sociali e ambientali all’attività estrattiva si stanno rivelando sempre più complesse da ottenere nei principali paesi produttori. L'incertezza sul panorama politico e sulla politica fiscale sta condizionando le scelte delle grandi compagnie minerarie in paesi come Cile e Perù per citarne due. Mentre in altri paesi, dove potrebbero esserci nuove risorse, come Ecuador e Argentina ad esempio, l’arretratezza infrastrutturale del paese condiziona pesantemente i tempi di sviluppo. Ci sono poi paesi come Iran e Russia che sono chiusi ad investimenti esteri. Sono solo alcuni degli aspetti di quello che ormai viene definito nazionalismo delle risorse.

Nel 2021 l’industria mineraria ha estratto circa 20 milioni di tonnellate di rame ma il concreto problema è che l'investimento necessario per produrre una tonnellata di rame è in costante aumento, legato fondamentalmente, oltre all'attuale contesto inflazionistico, al calo del tenore, ossia alla percentuale di metallo presente nei giacimenti che stiamo progressivamente consumando.

La realtà è che in un pianeta con quasi otto miliardi di abitanti che estraggono compulsivamente risorse la disponibilità di materie prime sta rapidamente crollando: se fino a 30-40 anni fa era possibile trovare giacimenti di rame con tenori anche del 5%, dove una tonnellata di roccia forniva cinquanta chilogrammi di metallo, oggi stiamo coltivando giacimenti il cui tenore medio spesso non supera lo 0,6%: dove in una tonnellata roccia di chilogrammi di metallo rosso ce ne sono solo sei.

La scarsità di risorse è una delle principali sfide che la società umana dovrà affrontare in questo secolo molto prima della transizione “verde” che al contrario di queste risorse ne farà un colossale quanto indiscriminato uso.

Forse è bene ricordare che estrarremo più rame nei prossimi 25 anni che nei 5.000 anni che ci hanno preceduto.

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Giovanni Brussato