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(Getty Images)
Dal Mondo

Torna la minaccia della guerra mondiale nucleare

Non dobbiamo commettere l'errore di pensare sempre e solo che Putin stia bluffando ancora una volta

Mentre la guerra in Ucraina sta conoscendo uno stallo a Est e vede invece una lenta ma costante avanzata delle forze di Kiev a Sud, l’attivismo del presidente russo di queste ultime settimane si tocca con mano. E si esprime anzitutto a suon di dichiarazioni allarmistiche e minacce reiterate.

Come le speculazioni relative alla famigerata «bomba sporca» che Kiev potrebbe usare contro i russi: ovvero un ordigno che contiene parti di materiale esplosivo convenzionale e parti di materiale radioattivo (come l’uranio) che a seguito di una detonazione si disperdono nell’aria causando danni psicologici ancor prima che materiali.

Non è necessario che questa fantomatica bomba contenga materiale radioattivo raffinato, come quello utilizzato in una testata nucleare: potrebbe invece utilizzare materiali radioattivi di scarto provenienti da ospedali, centrali nucleari o laboratori di ricerca (da cui il significato di «bomba sporca»). Questo la rende un’arma piuttosto economica, veloce da realizzare e di volume ridotto: al punto che può essere trasportata, ad esempio, nel bagagliaio di un’automobile. Il che ne fa uno strumento perfetto per i terroristi.

In verità, però, la «bomba sporca» è più che altro una fantasia letteraria, in quanto non è mai stata impiegata. È vero però che ci sono stati alcuni tentativi (anche se non riusciti), i più pericolosi dei quali avvenuti - guarda caso - proprio in Russia: il primo risale al 1996, quando alcuni ribelli ceceni piazzarono una bomba contenente dinamite e cesio 137 nel parco Izmailovo di Mosca, disinnescato dalle forze di sicurezza russe. Mentre nel 1998 i servizi furono i segreti ceceni a scovare e disinnescare un ordigno simile vicino a una linea ferroviaria della Cecenia.

Per dovere di cronaca, va menzionato anche il caso di Jose Padilla, un cittadino statunitense che aveva avuto contatti con Al Qaeda, arrestato nel 2002 a Chicago perché sospettato di pianificare un attacco con presunte «bombe sporche». Condannato a 21 anni di carcere, non si è mai trovata la prova che fosse effettivamente in grado di realizzare quel tipo di esplosivo.

Dunque, le suggestive esternazioni di Vladimir Putin circa un possibile impiego delle «bombe sporche» da parte degli ucraini, suonano più che altro come fake news create ad arte per spaventare l’opinione pubblica. Ma proprio per questo il presidente ne ha fatta menzione, nel vano tentativo di «rallentare o sospendere gli aiuti militari occidentali all'Ucraina e possibilmente indebolire l’alleanza Nato con appelli allarmistici», come ritengono gli analisti dell’Isw, l’Istituto per gli studi sulla guerra di Washington Dc.

A quanto pare, infatti, le antenne delle intelligence occidentali non avrebbero rilevato alcuna imminente attività terroristica o minaccia nucleare di alcun tipo, e derubricano la questione alla voce «provocazioni e disinformazione». D’ufficio è stata anche la reazione dell’Alleanza Atlantica: «La Russia non usi falsi pretesti per un’escalation. La Nato non sarà intimidita nel suo sostegno all'Ucraina. La Nato difenderà tutti gli Alleati».

Intanto, però, Putin ha messo quest’ipotesi sul tavolo, nel malaugurato caso che dovessero usarla prima i russi. Inoltre, nell’alzare l’asticella della tensione, ha personalmente supervisionato alle esercitazioni delle forze nucleari strategiche della Russia, un appuntamento annuale calendarizzato da lungo tempo, che cade però nel momento di maggiore tensione con l’Occidente.

Informando gli Stati Uniti dell’esercitazione secondo i termini imposti dal trattato sugli armamenti nucleari New Start, il Cremlino ha appena lanciato in Estremo Oriente e nell’Artico missili balistici e da crociera. Si tratta di test che preludono a un possibile scontro nucleare, per stessa ammissione degli addetti ai lavori. I russi, in ogni caso, «hanno rispettato gli obblighi di controllo degli armamenti», come conferma il Pentagono.

Anche la Nato ci mette del suo: a sua volta, in questi giorni ha organizzato le proprie esercitazioni nell’Europa nord-occidentale. Denominate Steadfast Noon («mezzogiorno costante»), sono iniziate il 17 e dureranno fino al 30 ottobre. Coinvolgono 14 Paesi dell’Alleanza e almeno 60 aerei da guerra - tra cui caccia di quinta generazione, e i mitici bombardieri a lungo raggio B-52 - e consistono proprio nel simulare azioni di risposta a un attacco nucleare.

In questo clima di prove muscolari e reciproche accuse, c’è spazio anche per l’ora di religione: già, perché nelle stesse ore è intervenuto anche il Vaticano a chiedere - tanto a Putin quanto a Zelensky - di partecipare entrambi a un tavolo per la pace, che si potrebbe tenere presto a Roma e che avrebbe già ottenuto un’apertura in linea di principio da parte del Cremlino. L’annuncio arriva dopo la visita del presidente francese Emmanuel Macron in Italia, ospite della Comunità di Sant’Egidio nella capitale, che continua a tenere aperto un canale di comunicazione per giungere se non alla fine delle ostilità, almeno a un cessate il fuoco duraturo.

Mentre le diplomazie sono al lavoro, però, è Aleksey Pavlov, assistente segretario del consiglio di sicurezza della Federazione Russa, a riattizzare le polemiche. E lo fa in maniera piuttosto bizzarra, parlando di «de-satanizzazione»: una novità assoluta rispetto alla «de-nazificazione» cui ci ha abituato la narrativa russa. Pavlov ha lanciato l’allarme su «centinaia di sette» luciferine che sarebbero presenti in Ucraina, a minacciare i valori ortodossi della popolazione locale.

Infine, in rispetto del pluralismo religioso, è intervenuto anche il leader ceceno Ramzan Kadyrov, che invece ha definito la guerra in Ucraina letteralmente «una jihad». Ecco le sue parole, come al solito incendiarie: «Li attaccheremo ogni giorno. Non faremo prigionieri questi sheitan (demoni in arabo, ndr). Li bruceremo. Il nostro territorio è Odessa, Kiev, Kharkiv. L'Ucraina ci appartiene interamente».

Dunque, nulla di nuovo. Il che significa che tutto prosegue come da copione, con gli eserciti di Russia e Ucraina determinati a infliggere al nemico quante più perdite possibili entro l’arrivo dell’inverno, quando combattere sarà quasi impossibile e inizierà la seconda fase della guerra: quella delle trincee e dei riposizionamenti tattici. In attesa di nuovi rifornimenti, per poter riprendere nuovamente le ostilità nella primavera del 2023.

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Luciano Tirinnanzi