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(Uac)
Difesa e Aerospazio

Missili e aerei; la macchina bellica della Russia spinge al massimo

Velivoli moderni, ordigni da crociera e nuove bombe plananti. Secondo gli analisti occidentali, con l’attuale produzione la Russia potrebbe combattere in Ucraina per altri due anni

La recente pubblicazione del fascicolo Military Balance (MB, edito da The International Institute for Strategic Studies (IISS), ovvero la raccolta delle produzioni e delle spese militari nel mondo (si acquista online), consente di dare uno sguardo ragionato all’attuale produzione russa di velivoli d’attacco stimata dagli analisti. Le cifre non mostrano un Paese nel quale ci siano difficoltà produttive, semmai soltanto un rateo di costruzione più lento, paragonabile però a quelli occidentali, la cui rapidità di assemblaggio è condizionata soprattutto dalla necessità di predisporre più parti di ricambio a causa dell’uso intensivo nella guerra in atto e dall’aumentata richiesta di missili.

Secondo lo MB la Forza aerea russa (Vks) avrebbe ricevuto almeno una decina di caccia multiruolo Sukhoi Su-35S, oltre ad alcuni Su-30SM2 biposto, versione aggiornata del Su-30SM dotata di un nuovo radar e della possibilità di trasportare più tipi di armamento rispetto ai precedenti, caratteristica in parte comune agli esemplari destinati alla Marina militare. Tutti questi sarebbero parte delle commesse iniziate nel 2020 e destinate a completarsi entro la fine dello scorso anno.

Sempre secondo la pubblicazione in Russia continuano anche le consegne dei velivoli multiruolo Sukhoi Su-57, definiti di quinta generazione e previsti in 76 esemplari dal 2019, la cui consegna dovrebbe terminare entro il 2028. Questi sono gli aeroplani che Mosca “nasconde”, nel senso che appaiono molto raramente in operazioni contro le truppe ucraine e poi “spariscono” perché ricoverati in basi militari ben lontane dal fronte. Il pericolo che un esemplare sia abbattuto a causa della difesa a saturazione (l’impiego di un gran numero di munizioni concentrate in poco spazio) e finisca in mano agli occidentali è alto, così non essendoci per ora una supremazia aerea da riconquistare non c’è ragione per rischiare. Si tratta, tuttavia, di una condizione destinata a cambiare con l’arrivo degli F-16 occidentali, seppure ci si augura che guerra possa in qualche modo finire prima.

La strategia russa oggi prevede che a fare la parte degli incursori ci sono i Sukhoi 34M, dei quali sei sarebbero nuovi di fabbrica a completare l’ordine deciso da Mosca nel 2020. In questo caso la variante è modernizzata in fatto di sistemi di comunicazione (rete dati), ma a un livello non ancora avanzato come quello previsto per la Vks. Del resto, in fatto di elettronica i russi hanno sempre sofferto di un certo ritardo tecnologico, tanto che si ipotizzano forniture cinesi.

Riguardo i sistemi missilistici appare evidente la “sterzata” della difesa di Mosca verso la costruzione di ordigni a medio e lungo raggio da impiegare rapidamente rispetto alla data di costruzione e di consegna. Oltre al vantaggio di non dover addestrare nuove leve al loro utilizzo, le forze russe in questo modo evitano di esporre ad attacchi i loro soldati.

Il calcolo sul fatto che la produzione di missili sia stata accelerata è desunto dall’analisi dei relitti recuperati dagli ucraini e passati agli analisti occidentali, dei quali il numero di serie e del lotto di produzione proverebbe una costruzione molto recente, al massimo di qualche mese. Questo sarebbe accaduto per alcuni Kh-101, un tipo di missile da crociera subsonico (vola a circa 800 km/h) dalla forma tale da rendere difficile il puntamento dei radar di difesa (stealth), sviluppato dal Design Bureau Mkb Raduga negli anni Novanta ed entrato in servizio nel 2012, un missile lanciabile da velivoli Tu-160M, Tu-95MS e Tu-22M3. Cuore del sistema che lo rende molto preciso – l’errore massimo è di circa sei metri – è il sistema di navigazione Glonass, cioè l’omologo russo del Gps statunitense.

Quest’anno la Russia inizierà a produrre anche bombe a grappolo “plananti”. Il primo lotto di “Drel”, questo il nome, sarà prodotto insieme con circa 10.000 munizioni guidate da aviolanciare del tipo S-8KL. Le Drel erano state annunciate nel 2016 mentre le prove e la qualificazione è stata completata nel 2023. Si tratta di una bomba da 540 chilogrammi composta da 15 submunizioni "intelligenti" in grado di volare autonomamente alla distanza richiesta dal bersaglio e aprirsi sopra di esso al momento giusto, riconoscendo anche se il bersaglio è amico o nemico, per ridurre episodi di fuoco amico. Drel viene lanciata da alta quota, circa 14 chilometri e scendendo può planare fino a 50 chilometri dal punto di sgancio, andando a colpire obiettivi come veicoli corazzati, stazioni radar terrestri, centri di controllo, centrali elettriche e sistemi missilistici antiaerei. Ulteriori caratteristiche includono la bassa osservabilità e la resistenza alla guerra elettronica.

Infine, l’Aeronautica militare russa starebbe anche per ricevere due velivoli radar Beriev A-50 che erano in fase di aggiornamento, per rimpiazzare quelli abbattuti dagli ucraini negli ultimi tre mesi. Con l’intensità attuale degli scontri, l’arsenale aerospaziale russo potrebbe continuare a colpire con la stessa o con più forza per altri due anni. Riguardo alla forza nucleare, il Cremlino dispone di un arsenale molto ampio di circa 6.000 testate, una cifra simile all’arsenale degli Stati Uniti. La differenza, tuttavia, sono le 2.000 testate tattiche della Russia, cioè piccole bombe nucleari che non sono elencate nei trattati di disarmo e che sono al centro di un importante dibattito tra gli esperti occidentali a proposito di quanto reale sia la minaccia di un uso da parte di Putin. Per completezza d’informazione è corretto ricordare che gli Stati Uniti e la Russia possiedono oltre il 90% delle bombe nucleari del pianeta. Solo un anno fa Putin sospese l’accordo New Start con Washington finalizzato alla non proliferazione delle armi di distruzione di massa. Congelato nella pratica dalla pandemia, quando Mosca non permise agli Stati Uniti di ispezionare i propri arsenali, era il 2020, questo patto limitava il potere distruttivo di entrambe le potenze a 700 sistemi di lancio strategici (missili balistici intercontinentali, missili balistici lanciati da sottomarini e bombardieri pesanti); a 1.550 testate nucleari strategiche e 800 lanciatori non schierati. Secondo gli analisti, a oggi entrambe le parti sono sospettate di possedere circa 200 testate nucleari in più.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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