Mosca
(Getty Images)
Economia

Ormai è chiaro: le sanzioni contro la Russia non funzionano

Dovevano essere una delle mosse decisive della coalizione occidentale contro Mosca; si sono rivelate inefficaci

A due anni dall’invasione russa dell’ucraina e dall’applicazione di pesanti sanzioni nei confronti di Mosca è lecito chiedersi come mai questi provvedimenti non funzionino come previsto. Nella classifica dei Paesi più sanzionati al mondo il podio è infatti riservato proprio alla Russia, dietro la quale ci sono Siria, Corea del Nord e Iran. La memoria digitale del web ritrova facilmente titoli e dichiarazioni fatte nel momento della loro applicazione, come quella di Biden: “Il rublo è stato quasi immediatamente ridotto in macerie, l’economia russa è sulla buona strada per essere dimezzata”. Il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire prevedeva “il collasso dell’economia russa”.

Certo, Il 2024 sarà un esame severo per il sistema economico russo dopo due anni (2022 e 2023) salvati grazie alle riserve accumulate prima della guerra e alle entrate extra ottenute all’inizio dell’invasione con lo shock sul mercato internazionale del gas e del petrolio provocati dall’offensiva. Eppure, il Financial Time, in un recente articolo, osserva che nel 2023 la Russia è cresciuta più velocemente di tutte le economie del G7 e il Fondo monetario internazionale prevede che ciò accadrà anche nel 2024. Quindi non soltanto l’economia russa non è crollata, ma sta crescendo a un ritmo costante, ovvero del 2,6% nel 2023, rispetto allo 0,8% della Francia, allo 0,5% della Gran Bretagna, allo 0,1 italiano e soprattutto nei confronti del –0,3% tedesco.

L'errore principale degli esperti e dei politici occidentali è stato quello di inventare favole secondo cui l'intera economia russa è gestita dallo Stato; le sanzioni sono state applicate partendo dal presupposto che si trattasse di un’economia statale, non flessibile e quindi destinata a crollare rapidamente, mentre invece è in gran parte un’economia di mercato. Nonostante internet abbia reso il mondo più piccolo e interconnesso, la geografia insegna che in realtà è ancora abbastanza grande per garantire a Putin abbastanza clienti per ciò che vende, principalmente petrolio e gas, merci che nessuna nazione che non li abbia nel proprio sottosuolo può fare a meno di acquistare. Tanto che, tra agosto e ottobre 2023, la Russia rappresentava ancora il 12% delle importazioni di gas naturale dell’Unione e oltre il 20% delle importazioni di fertilizzanti. E ad oggi risulta che le importazioni dei Paesi Ue di Gas naturale liquefatto siano russe.

A parte noi italiani, che siamo stati capaci di distruggere tre miliardi di export verso Mosca grazie a sanzioni precedenti alla guerra, ben poche nazioni possono quindi fare a meno di ciò che Putin vende. Le aziende private russe hanno trovato il modo di sopravvivere nonostante le sanzioni creando nuovi canali di vendita e catene d’approvvigionamento alternative. Inoltre, se la Russia non cresce di più è, semmai, a causa dell'incapacità di trovare lavoratori, non a caso la disoccupazione è al 2,4% anche a causa della mobilitazione militare e dell'esodo di russi e immigrati a causa della guerra, non a caso la manodopera è spesso irachena, iraniana, pachistana e cinese. Un altro motivo è l’inflazione con gli alti tassi di interesse delle banche centrali, fino al 16%.

Il secondo grande limite all’efficacia delle sanzioni è il fatto che la Russia ha un forte alleato commerciale nella Cina, il secondo paese più potente del mondo e il principale rivale geopolitico degli Stati Uniti. Seppure Pechino non abbia ancora fornito armi letali ai russi per ovvie ragioni strategiche, il regime vuole assolutamente evitare uno scenario in cui lo Stato russo sia sconfitto, ma certo approfitterebbero del suo indebolimento a livello commerciale, come già avviene. Dall’inizio della guerra, le esportazioni cinesi verso la Russia sono cresciute del 40% e quelle russe verso i paesi vicini sono aumentate ancora di più il 63% in più di beni e servizi viene venduto al Kazakistan e le esportazioni verso Bielorussia e Georgia sono più che raddoppiate. Poco dopo l’inizio dell’invasione russa il valore totale delle merci vendute a Kirghizistan, Armenia, Georgia e Kazakistan è quasi triplicato.

Quanto agli acquisti russi, i cittadini vogliono ancora determinati prodotti e sono disposti a pagarli in valuta forte, che nonostante sia il rublo è più robusto di quelle locali di chi i prodotti li vende, quindi, i venditori trovano un modo per aggirare le sanzioni. Ma mentre questa mitigazione delle sanzioni è molto efficace, quella occidentale lo è meno, soprattutto per le esportazioni, e la politica fin qui applicata ha danneggiato non soltanto l’Unione europea, ma anche la Gran Bretagna. Una situazione pessima per l’Europa politica: costretta a sostenere Kiev per non giocarsi la credibilità, ma incapace di rinunciare ai beni di Mosca.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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