Mohammad Reza Zahedi
(Ansa)
Difesa e Aerospazio

L'uccisione di Zahedi e la possibile reazione dell'Iran (che preoccupa)

Israele da tempo è impegnata in una lotta contro Hezbollah e chi, anche a Teheran, collabora con lui

Tra le sette vittime dell’attacco israeliano al consolato iraniano di Damasco ci sono il comandante Mohammad Reza Zahedi e il suo vice Mohammad Hadi Hajriahimi. In pratica, le forze del governo di Netanyahu hanno annientato il riferimento iraniano degli Hezbollah libanesi e lo hanno fatto con un’azione precisa e pianificata da tempo, utilizzando armi di precisione, presumibilmente una o più bombe guidate sganciate da un velivolo mentre il bersaglio, la palazzina attigua alla sede diplomatica, in una cui stanza c’era il generale, veniva tenuto sotto puntamento laser. Un colpo preciso ma tutt’altro che chirurgico, dal momento che la palazzina è stata rasa al suolo completamente, dimostrando quindi che l’obiettivo era primario e che per colpirlo si era disposti a considerare effetti collaterali nel quartiere di Al Mezzeh, nella parte sudovest della città. Ma l’azione è avvenuta, non a caso, quando l’ambasciatore Hossein Akbari non si trovava nell’area da colpire, segno che l’intenzione di Israele non era quella di azzoppare la diplomazia iraniana in Siria. La risposta di una vendetta da parte di Teheran è da prendere molto sul serio, soprattutto perché potrebbe essere compiuta proprio in Libano, dove l’Italia è presente con un contingente di 1.300 soldati impegnati ad addestrare e collaborare con gli apparati di sicurezza del Paese, possibili bersagli degli Hezbollah.

Gli interventi israeliani in terra siriana non sono certo rari: la scorsa settimana alcuni jet avevano attaccato postazioni di miliziani nei dintorni di Aleppo causando, secondo i siriani, una dozzina di vittime. Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha descritto l’attacco come “una violazione di tutti gli obblighi e le convenzioni internazionali”, mentre in una dichiarazione separata, il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanani ha affermato: “Condanniamo fermamente questo attacco inaccettabile contro la missione consolare iraniana in Siria, l’Iran si riserva il diritto di effettuare una reazione e deciderà il tipo di risposta e la punizione dell’aggressore”. Più duro l’ambasciatore iraniano in Siria, Hossein Akbari, scampato all’attacco, il quale ha affermato che la risposta dell’Iran all’attacco sarà “della stessa entità e durezza”. Di fatto, da quando Israele ha subito l’attacco del 7 ottobre, ha anche intensificato gli attacchi aerei in Siria contro la milizia Hezbollah libanese, sostenuta dall'Iran come il governo del presidente siriano Bashar al-Assad; tuttavia, l’Iran ha sempre dichiarato di non voler essere trascinato direttamente in una guerra regionale, quindi, se rispondesse con una reazione da parte delle sue forze militari creerebbe un pretesto giustificato per Israele che espanderebbe la guerra. La missione contro Zahedi, e in generale quelle israeliane, dimostrano però ancora una volta come la Siria non sia in grado di intercettare velivoli militari che si avvicinano o penetrano il suo spazio aereo, e che Israele mantiene nell’area la supremazia del dominio aereo. Un fatto positivo per gli attacchi, ma negativo per la stabilità dell’area e per la credibilità delle istituzioni siriane.

L’obiettivo ad alto valore dell’azione di ieri era dunque soltanto il generale Mohamad Reza Zahedi, 63 anni, comandante di alto rango della Forza Quds, nota per le sue operazioni militari e intelligence all’estero per conto del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche dell’Iran dal 2005. Conosciuto anche con altri nomi (Alireza Zahedi, Reza Mahdavi, Hassan Mahdavi), era nato il 2 novembre 1960, nella sua carriera Zahedi aveva ricoperto posizioni di rilievo, da capo delle Guardie rivoluzionarie a comandante dell’aeronautica e dell’esercito. Negli anni Ottanta si era distinto e arricchito al comando di unità schierate contro la guerra con l’Iraq, arrivando a essere perseguito dall’Onu e dai governi di Regno Unito, Canada e Australia. Negli ultimi anni era quindi diventato il principale responsabile delle operazioni militari segrete dell’Iran in Siria e Libano, tessendo rapporti militari ed economici con Hezbollah, organizzazione paramilitare sciita e antisionista che opera in Libano dal 1982. Secondo l’intelligence occidentale il generale era di fatto alla guida di circa quattromila pasdaran iraniani alleati dell'esercito siriano di Al Assad ma soprattutto uomo di collegamento tra la Siria e gli Hezbollah per il trasferimento nel Libano delle armi destinate a combattere Israele, inclusi missili di costruzione iraniana. E questo ha fatto dell’uomo un bersaglio primario. La sua morte rappresenta perciò una delle perdite più significative per l’Iran dopo la morte di Qasem Soleimani, ucciso a Baghdad il 3 gennaio 2020 da un attacco mirato delle forze militari statunitensi.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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