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(Ansa)
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Sicurezza stradale, l'incidente di Milano, la tecnologia e l'educazione stradale

La tragedia di pochi giorni fa riporta all'attenzione pubblica il tema della difficile coabitazione tra mezzi pesanti e biciclette. Una questione da risolvere senza ipocrisie e sogni

Che ci si trovi in bicicletta, monopattino o moto, se accanto a noi c'è un mezzo pesante il dubbio viene: ci avrà visto? Dovrà svoltare dalla nostra parte? Bando a cuffiette e musica, che impediscono di percepire la reale situazione – ma in giro di persone che le usano anche in bicicletta, purtroppo se ne vedono ancora parecchie, anche soltanto per attraversare la strada - esiste effettivamente un problema di sicurezza. Davanti alla morte di una persona è sempre difficile affrontare le cause con il distacco che serve per proporre nuove regole sensate, tuttavia su quanto accaduto a Milano la scorsa settimana, con una giovane donna morta nell'incidente con una betoniera in pieno centro, sarebbe opportuno sforzarsi di capire qualcosa in più. Innanzi tutto: a prescindere da torti e ragioni, l'autista non si è potuto accorgere della presenza della ciclista. Che da parte sua era sulla strada benché il marciapiede in quel punto fosse enorme. Prima di tutto, quindi, cerchiamo di capire se la politica di restringere le carreggiate a favore di percorsi pedonali di 5 -10 metri abbia effettivamente senso o se, in quello spazio, non ci poteva stare o meno anche una pista ciclabile.Stante che per raggiungere i cantieri aperti in città (tanti) e necessari per eseguire le opere in corso, non è certo possibile vietare l'ingresso ai mezzi speciali, l'aumento dell'uso delle biciclette sta portando all'aumento del numero di incidenti. Basta una ricerca sul web per ricordarci che all'inizio di febbraio era accaduto un sinistro molto simile, come anche nel dicembre scorso.E' anche risaputo e innegabile che chi guida mezzi alti e ingombranti non possa fruire di una visuale completa del lato destro, e che dal basso delle biciclette sia spesso impossibile comprendere se il gigante che ci sta a fianco svolterà a destra schiacciando il ciclista tra un marciapiede sempre più alto - e anche su questo ci sarebbe da discutere - e il mezzo pesante.La tecnologia in questo caso potrebbe essere d'aiuto ed eliminare i punti ciechi dei camion (e non soltanto) attirando l'attenzione dell'autista con allarmi sonori e riportando l'immagine della situazione in essere nella parte invisibile. Perché l''applicazione dell'intelligenza artificiale oggi permette a un computer grande quanto un pacchetto di sigarette di distinguere un ciclista da un centauro. E forse sarebbe il caso di rendere tali tecnologie disponibili su larga scala.In Germania e Francia sono già diffusi, seppure non siano infallibili, come lo sono le indicazioni grafiche poste sui mezzi pesanti che avvisano chi sta intorno degli angoli ciechi del mezzo. Non saranno affidabili al 100%, ma in attesa del 2024, quando in Europa saranno dotazioni obbligatorie per tutti i mezzi di nuova immatricolazione, forse potrebbe andar bene anche qualche dispositivo after-market, almeno per quei mezzi che devono entrare nei centri cittadini. Peraltro, niente che la tecnologia dei radar che sono installati come dispositivi Adas sulle vetture non offra già. Ma anche più semplicemente, sarebbe sufficiente dotare gli sportelli di destra delle cabine di sfinestrature inferiori che consentano di vedere l'intera fiancata o di installare sui fianchi dei camion le bacchette flessibili e ad alta visibilità che segnalano a chi accosta che il mezzo deve curvare e che quindi invaderà lo spazio vitale di chi si accosta. Queste sono già soluzioni obbligatorie nel Regno Unito e non certo costose da realizzare anche su un parco di veicoli pesanti (oltre le 3,5 tonnellate) vetusto come il nostro, che secondo la Motorizzazione ha un'età media di quasi 15 anni e conta 710.000 mezzi. Per evitare che cose e persone finiscano sotto le ruote o schiacciati dalle parti esposte dei camion esistono anche delle protezioni che impediscono al fango di essere proiettato a distanze e altezze pericolose e agli oggetti di finirci sotto, ma anche in questo caso non esiste un obbligo che vada oltre le normative minime di omologazione. E su tutto, manca ancora molta educazione stradale a prescindere dal tipo di mezzo che si sta guidando.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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