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(Getty Images)
Salute

Tutti gli errori fatti sulla sanità in Calabria, soprattutto dal governo

Le vicende degli utlimi giorni sono solo la punta dell'iceberg di un malcostume e malgoverno

In Italia la mancanza di investimenti e i tagli operati dal governo nella sanità hanno messo il paese in ginocchio rendendolo vulnerabile allo stato di emergenza. A pagarne il prezzo più alto sono le regioni del sud. La Calabria infatti dopo 10 anni di commissariamento si ritrova ad essere zona rossa per la precarietà del suo sistema sanitario e con una proroga del commissariamento di altri due anni. Ad accendere le luci sulla Calabria però non é stata la carenza di risorse che ha incrementato la mortalità dei calabresi ma i suoi ultimi due commissari che hanno messo in imbarazzo il Governo creando un vero e proprio caso mediatico.
«In generale nel piano di rientro commissariale c'è stata una carenza organizzativa, amministrativa e di interessi di malaffare che ha condizionato la sanità della Calabria insieme ai tagli lineari del personale. Il numero di terapie intensive è al di sotto della media nazionale. Ci sono 115 posti letto invece di 280 per una regione come la Calabria che conta circa due milioni di persone» -spiega il Dott. Domenico Minniti Presidente AAROI-EMAC CALABRIA (Ass. Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani-Emergenza ed Area Critica)

Qual'e la programmazione prevista per l'aumento delle terapie intensive?

«Ci sarà un incremento delle terapie intensive che verrà ricavato da posti di fortuna. In alcuni casi adattando altri tipi di terapie intensive come unita coronariche o recovery room o chiudendo delle sale operatorie.I pazienti così potranno essere trattati ma finita l'emergenza torneremo alle terapie intensive che avevamo. Nella fase iniziale l'1 per cento dei soggetti positivi necessitava di terapia intensiva ora la percentuale oscilla tra lo 0,3 e lo 0,4 per cento. Possiamo reggere ancora qualche giorno. In più c'è una migrazione sanitaria a causa delle liste di attesa. Un quinto dei calabresi non disponendo di servizi dovuti alla carenza di personale va fuori regione».

Ci sono stati dei ritardi da parte del Governo?

«Il problema non è tanto nei ritardi del Governo e che Arcuri l'ha presa alla leggera ma nel fatto che ci sono pochi rianimatori. Sono sempre meno i medici che scelgono questa specializzazione perché c'è un percorso di studi da fare che dura 11 anni e che trova il suo impiego solo nel pubblico. Le scuole da quest'anno però hanno incrementato il numero dei medici e per far fronte alla pandemia adesso vengono impiegati gli specializzandi del terzo e quarto anno. La scarsa capacità dei nostri ospedali e l'assenza di terapie intensive è solo la punta dell'iceberg. Il vero problema sul territorio è che i medici non monitorano i pazienti positivi isolati a casa. Queste persone peggiorano congestionando gli ospedali che sono poco ricettivi. Servono più medici che visitino di persona perché telefonicamente è impossibile intercettare i peggioramenti clinici. Sono tantissimi i medici appena laureati che sarebbero perfetti per questo. Seguire il contact tracing di ogni singolo positivo lascia il tempo che trova perché Il covid ormai è sfuggito di mano».

Dello stesso avviso è il Dott. Ciro Indolfi Presidente Società Cardiologi Italiani e direttore della Cardiologia all'Universita Magna Grecia Catanzaro. Quali sono i problemi sanitari della Calabria?

«I problemi non sono solo della Regione Calabria ma si stanno verificando in tutte le Regioni dove da anni non c'è stato un turn over dei medici e non sono stati realizzati nuovi ospedali. In particolare il piano di rientro della Calabria ha bloccato il potenziamento della sanità. La politica non ha investito sulla sanità perché evidentemente non è stata considerata una priorità. In Calabria c'è questa situazione da 10 anni. Ci troviamo senza specialisti come tutte le regioni del sud che sono state inceppate dal virus. I reparti Utic sono diventati centri covid. A marzo con la nostra Società abbiamo dimostrato che durante il lockdown c'è stata una riduzione di ospedalizzazioni del 50 per cento e la mortalità è aumentata di tre volte tanto. Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte. C'è una piramide da rispettare dove in cima insieme al covid devono esserci i pazienti affetti da malattie cardiovascolari e i malati oncologici che non devono essere abbandonatI. Invece sì è solo focalizzati sul covid. Queste sono gravi mancanze, non c'è prevenzione a causa del blocco dei ricoveri non urgenti. Un fermo del sistema sanitario che farà più morti del covid».

Cosa ne pensa di tutta questa attenzione sulla Calabria?

«Tutta questa attenzione mediatica in Calabria non giova all'esigenza del paziente. Il cittadino comune ha bisogno di normalità e di una sanità fatta di operatori e risorse. Abbiamo cambiato tanti commissari, ma non abbiamo un assessore alla sanità da oltre 10 anni. Siamo passati dal comandante dei carabinieri, al generale della finanza, al capitano Ultimo, ai prefetti. Mettere un generale a comandare la sanità è come mettere me a comandare i Carabinieri. Chiaramente capisco il problema della legalità, ma questo è un settore molto complicato servono competenze ed esperienze insieme ad un personale formato e delle risorse».

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Linda Di Benedetto