PNRR: Governo-Corte dei Conti, hanno entrambi ragione
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PNRR: Governo-Corte dei Conti, hanno entrambi ragione

Da mesi il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è il protagonista di frizioni sul piano politico. Clarich (ordinario di diritto amministrativo): «Vi spiego i motivi del contendere»

Marcello Clarich, ordinario di diritto amministrativo alla Sapienza di Roma, sostiene che «più che la reazione stizzita del Governo ad uno sgambetto della Corte dei conti sarebbe necessario un ripensamento complessivo del sistema».

Da alcuni mesi la Corte dei Conti ha messo nel mirino il PNRR surriscaldando le giornate politiche, al punto che la fiducia che il governo ha posto alla Camera, ha di fatto acceso il dibattito politico-istituzionale, con il ministro per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo arrivato a porre la questione di fiducia sul testo del Decreto legge. E a testimonianza dello stato dei rapporti tra Governo e Corte dei Conti, i magistrati contabili si sono riuniti in assemblea straordinaria per discutere l’emendamento del governo che di fatto limita i poteri di vigilanza sull’attuazione dell’importante piano di aiuti economici. La situazione è peggiorata quando la Commissione della Camera ha abolito il c.d. controllo concomitante sulla spesa dei fondi del Piano e ha prorogato fino a giugno 2024 lo scudo erariale che limita la responsabilità contabile da condotte attive ai soli casi di dolo. Il governo Meloni ha assunto questa iniziativa all’indomani delle tensioni che si registravano da tempo con il massimo organo di controllo contabile, tensioni che a maggio avevano fatto registrare un picco dopo che la Sezione di controllo concomitante aveva lanciato l’allarme su un “ritardo ormai consolidato” in materia di appalti legati proprio al PNRR.

Panorama.it, ha chiesto al giurista Marcello Clarich di semplificare i tratti di una vicenda tecnica che sta contrapponendo il governo alla Corte dei conti, con inevitabili risvolti sul piano politico.

Professore, la materia del contendere è alquanto complessa.

«E si riduce a due punti. Il primo riguarda l’ulteriore proroga governativa di una norma approvata nel 2020 e confermata l’anno dopo e che limita la responsabilità dei dirigenti e dei funzionari pubblici per il c.d. danno erariale, disciplina che “spaventa” proprio i dirigenti di Stato ed enti e la cui responsabilità è limitata, ora, all’ipotesi più grave del “dolo”: in via transitoria, infatti, è stata limitata la responsabilità per la “colpa grave”. Ebbene, questo passaggio normativo ha, di fatto, limitato i poteri della Corte dei Conti, perché un risarcimento potrà essere chiesto soltanto per i danni causati con “dolo”, è evidente che l’operatività “giudiziaria” della Corte dei Conti viene a ridursi di molto».

Questo è il primo tema, allora?

«Esattamente: il primo motivo di frizione tra governo e Corte dei conti riguarda una norma transitoria che doveva decadere è che, invece, è stata ulteriormente prorogata».

E’ in atto uno scontro allora?

«Non del tutto, perché governo e Corte dei conti hanno manifestato l’intenzione di ripensare la materia, di avviare, cioè, una riforma che metta ordine alla complessità fattuale e normativa della materia».

Al di là del dato normativo, questa proroga governativa ha inciso sulla responsabilità delle sfere apicali dello Stato.

«Il punto è che non si può pensare che i danni causati da dirigenti e funzionari per loro “colpa grave” restino senza nessuna risposta: capiamo facilmente che anche in un’azienda privata, se un dipendente commette dei fatti con colpa grave, sarà molto probabile che l’azienda stessa si attiverà per far riconoscere questa responsabilità ed ottenere un risarcimento per l’eventuale azione in danno. In Italia le pubbliche amministrazioni, per la verità, sono sempre state molto benevoli e comprensive, e raramente hanno richiesto il pagamento di risarcimenti per il danno causato dai dipendenti».

Questo lassismo cosa può provocare. Cosa ha giù provocato?

«La Corte dei Conti, in pratica, ha svolto un ruolo di supplenza per ottenere dai dipendenti che causavano danni il ristoro di quanto commesso. Il tema importante, nel nostro ragionamento, è il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal PNRR e quindi evitare che si crei e si diffonda la c.d. “paura della firma”. Il problema è che se la colpa accertata a carico di un dirigente statale o di un ente locale è davvero grave, è impensabile che il dipendente resti immune da qualunque provvedimento sanzionatorio, quasi intoccabile, senza nessun effetto, per esempio, sulla carriera o sullo stipendio».

Professore, ci perdoni: l’elemento discretivo tra colpa lieve e grave è molto labile…

«Infatti, e in molti casi la Corte dei Conti ha qualificato come “colpa grave” episodi causati da comportamenti sorretti dalla colpa lieve…. Quindi fuori dalla responsabilità del funzionario pubblico».

Ricordiamo che la Corte dei conti agisce per accertare e sanzionare responsabilità contabili.

«Certo, ci riferiamo al “danno erariale”, il cui accertamento avviene tramite un processo che si svolge innanzi alla magistratura contabile: la Procura presso la Corte dei Conti dirige le indagini, e se accerta colpa grave o dolo dopo aver rinviato a giudizio l’imputato, si celebrerà un processo innanzi la Corte dei Conti che potrà condannare il dipendente pubblico al risarcimento».

E c’è un secondo motivo di frizione…

«Si tratta del tema del “controllo concomitante”. Di regola la Corte dei conti svolge un controllo successivo sulla gestione degli enti pubblici, attraverso verifiche periodiche su come sia stato gestito un ente pubblico e se vi siano, come detto, carenze e responsabilità degli amministratori. Ebbene, nel 2020, proprio a seguito della nascita del PNRR, è stata rivitalizzata un’altra forma di controllo, quella “concomitante”, che è possibile esperire durante la gestione di un ente. Questa forma è stata potenziata proprio con finalità di controllo lo stato di avanzamento e applicazione di interventi esperibili nell’ambito del PNRR».

In questo modo la Corte dei conti ha visto potenziare i suoi poteri…

«Anche attraverso la creazione di un collegio apposito per il controllo concomitante sulle amministrazioni pubbliche che avessero a che fare con il PNRR. E questo è un punto francamente ambiguo, perché il controllo concomitante di gestione dovrebbe essere funzionale -almeno così la penso- al miglioramento della gestione, ovvero per conseguire gli obiettivi che il PNRR si è prefisso di raggiungere in un determinato settore».

E invece?

«Invece, la Corte dei Conti, sia per come è scritta la norma, sia per la sua storica mentalità, appare ancora piuttosto orientata ad individuare inadempimenti (leggi il mancato raggiungimento degli obiettivi del PNRR) ipotizzando responsabilità e sanzioni a carico dei dirigenti che non abbiano conseguito gli obiettivi prefissati. Da qui l’inasprimento di procedimenti contabili…».

Quando è nata la vicenda?

«Quando il Collegio di controllo concomitante, con la delibera n. 17 dello scorso 26 aprile, ha accertato che un obiettivo di PNRR, che doveva essere conseguito entro il 31 marzo non era stato raggiunto. Riguardava gli investimenti per le stazioni di idrogeno all’interno dei punti di ricarica. Insomma: un obiettivo del PNRR non era stato raggiunto nei termini previsti».

E la Corte come ha proceduto?

«Dopo aver accertato il fallimento di un obiettivo previsto dal Piano, la Corte ha inviato questo suo accertamento al Ministero delle infrastrutture per far valere la responsabilità dei rispettivi dirigenti».

Quindi la delibera citata aveva poco di collaborativo e molto di sanzionatorio…

«Certo, perché mirava a punire un grave inadempimento, una grave irregolarità, “un ingiustificato ritardo”, come recita la norma. Ciò ha fatto scattare una reazione del Governo che ha rimarcato come il mancato raggiungimento degli obiettivi del PNRR in base alle norme europee è di competenza della Commissione europea. Il governo sostiene dunque che la Corte contabile si è sovrapposta alle competenze europee».

A questo punto lo scontro è tratto…

«Certo, ma bisogna anche ricordare che queste competenze della Corte dei conti non sono previste dalla Costituzione: infatti questo controllo concomitante non è previsto dalla nostra carta fondamentale, ma introdotto nel 2009 dalla Legge Brunetta (quella sull’efficienza della pubblica amministrazione, nda). Tale norma, insomma, non va ad incidere su competenze garantite a livello costituzionale. Non c’è una questione di costituzionalità, per intenderci».

E l’opinione pubblica come sta percependo questo “scontro” costituzionale?

«L’ho definita come una reazione stizzita del governo ad uno sgambetto della Corte dei conti! Non è che il governo stia ripensando in modo generale al ruolo della Corte, ci mancherebbe. Però potrebbe essere l’occasione per una rivisitazione della normativa di questo modello che rappresenta un unicum in Europa. Nessuno paese, nel Vecchio continente, presenta un modello di controlli e di responsabilità erariale come il nostro».

E il cittadino “medio” è in grado di comprendere il momento di frizione tra i due organi?

«Al cittadino dobbiamo far capire che serve un intervento generale della disciplina, non sotto la polemica di un evento circoscritto ad una delibera specifica della Corte dei conti. Credo sia giusto rivedere il sistema complessivo, per non disorientare l’opinione pubblica». *

Marcello Clarich, triestino di origine, classe 1957, è ordinario di diritto amministrativo nel Dipartimento di Scienze Giuridiche de “La Sapienza” Università di Roma e avvocato cassazionista con studio in Roma. È stato ordinario di diritto amministrativo presso il Dipartimento di giurisprudenza della LUISS “Guido Carli” di Roma sin dal 1999, e tra dal 2009 al 2012 ha fatto parte della Commissione istituita presso il Consiglio di Stato per la redazione del Codice del processo amministrativo. Nel 2012 è stato componente della Commissione di studio istituita dal Presidente della Corte dei Conti per l'elaborazione di un progetto di riforma dello stesso organo, mentredal 2012 al 2014 è stato Commissario straordinario presso l'Istituto per il Credito Sportivo in amministrazione straordinaria,nominato dalla Banca d'Italia. Dal 2014 al 2018 ha ricoperto l'incarico di presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Collabora, dal 1991, con il gruppo editoriale de Il Sole 24 Ore e, più di recente, con Milano Finanza.

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Egidio Lorito