Berlusconi, l'addio dell'Italia che ama
Ansa
Politica

Berlusconi, l'addio dell'Italia che ama

I funerali di Stato, il lutto nazionale e la grande partecipazione di popolo contro le polemiche e l'odio di chi non ha mai compreso fino in fondo la sua figura - COSA PREVEDE LA CERIMONIA DEL FUNERALE DI STATO

Di fronte a quella bara, Milano si ferma, con l’Italia tutta. Il saluto delle istituzioni, nella basilica, e delle migliaia di cittadini in piazza Duomo, e dei milioni collegati dalla tv, è l’ultimo tributo al personaggio italiano più popolare nel mondo degli ultimi trent’anni. Mentre scorrono le immagini dell’evento mediatico che resterà negli annali, tra presidenti, ministri, volti televisivi e tanta gente comune, in sottofondo si ode un cicaleccio. Quello di un pezzo di Paese che Berlusconi non l’ha mai compreso. E si ostina a non capirlo anche nei momenti del raccoglimento collettivo.

Rosy Bindi che si scaglia contro il lutto nazionale dimentica che Berlusconi, prima che un politico, è stato uomo di popolo e di spettacolo. Divisivo, nella sua figura di partito, ma amato da quasi tutti, sul piano umano. Una figura di rilievo indiscutibile nella storia della Repubblica, se vogliamo anche un simbolo dell’italiano medio, con i suoi pregi e suoi difetti, come riconoscono in queste ore, forse un po’ fuori tempo, anche alcuni tra più acerrimi nemici, come Michele Santoro e Massimo D’Alema.

Eppure c’è chi sente il bisogno di distinguersi anche in questi momenti, mentre il presidente della repubblica, con le alte cariche, pone il sigillo istituzionale ai funerali di Stato. E’ libero Tomaso Montanari, rettore a Siena, di disobbedire sulle bandiere a mezz’asta; è libero Gad Lerner di fare ora e sempre resistenza, con Michele Serra, al cerimoniale da statista; è libero Giuseppe Conte, di chiedersi “mi si nota di più se vado o non vado?”, per poi restarsene a casa, unico nel panorama politico. Sono tutte piccole schegge recalcitranti, in un mare di affetto per il padre, l’imprenditore, il presidente, il capoazienda, l’amico. Schegge ancora oggi incapaci di leggere la realtà, di sintonizzarsi con gli italiani, di elaborare quelle immagini che arrivano dal Duomo, la grande folla commossa e colpita, per un punto di riferimento nazionale che scompare.

Quando si dice che Berlusconi ha vinto, forse s’intende proprio questo. Mentre da un lato, rumoreggia una minoranza di irriducibili che anche nel giorno dei funerali si incaponisce nel guardarsi l’ombelico, dall’altro ricordiamo un personaggio che del rapporto intimo con il Paese ha fatto il suo punto di forza. Buona parte degli italiani lo amato, e al Cavaliere è rimasto legato nel profondo. Tutta la politica nazionale, a destra e a sinistra, è il frutto della sua azione politica e comunicativa: nella sua struttura partitica, nei suoi volti, nei suoi gesti e nei suoi linguaggi, altro non è che un lascito berlusconiano. Che ci piaccia o no, che si faccia parte o meno di quella comunità politica, l’eredità storica berlusconiana sul tessuto e sulle istituzioni italiane è un portato indiscutibile. E chi lo nega certifica il suo fiato corto nel leggere la realtà, a ulteriore riprova del segno indelebile lasciato da Berlusconi. Che oggi, di fronte a queste polemiche, probabilmente reagirebbe con un sorriso.

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Federico Novella