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(Ansa)
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Dopo 40 mesi «senza» serve un Ad per Milano-Cortina 2026

Nel giugno del 2019 vincemmo la corsa per le olimpiadi invernali. Da allora alla guida del progetto c'è stato un debolissimo e poco amato (anche dai suoi) Vincenzo Novari; bisogna trovare un nome condiviso e di peso o rischiamo una figuraccia mondiale, anzi, olimpica

Il tempo corre veloce e nella linea tra passato e futuro, tra il giorno dell’assegnazione (24 giugno 2019) e quello della prevista cerimonia inaugurale (6 febbraio 2026), il treno delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina è già passato oltre la stazione mediana. Da 1.228 giorni sappiamo di essere stati incaricati di ospitare i Giochi per la quarta volta nella nostra storia e solo 1.189 ne mancano al momento dell’accensione del braciere olimpico. Sarà per questo che il presidente del CONI, Giovanni Malagò, assiste sempre più inquieto al balletto intorno al ruolo cardine di tutta la macchina organizzativa, vacante dallo scorso 10 agosto e rimasto sospeso nell’estate della politica italiana che ha prodotto un nuovo governo, inibendo quello precedente dalla scelta del profilo giusto, senza che quello nuovo sbloccasse subito la situazione.

Questione di ore, si dice, ma era così anche la settimana scorsa e intanto la clessidra del tempo si svuota di sabbia. Serve un candidato forte e unico per il posto di amministratore delegato della Fondazione Milano Cortina 2026 dopo l’addio del (poco) rimpianto Vincenzo Novari, messo lì dall’allora ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, per essere poi rimosso a furor di stakeholder perché ritenuto non funzionale all’incarico. Da quel giorno sono passati tre mesi. Mario Draghi, che aveva preso di petto la situazione favorendo l’ingresso del Governo nella Fondazione, è rimasto insabbiato negli intrecci della politica romana. Aveva pensato a Paolo Scaroni, attuale presidente del Milan con delega totale sulla questione del nuovo San Siro, salvo incassarne un cortese ma fermo diniego, poi si è arreso alla scadenza delle urne del 25 settembre. Giorgia Meloni, nuovo premier, ha messo il dossier in mano ad Andrea Abodi – a sua volta uno dei nomi spesi in questi mesi – con la richiesta di fare in fretta e bene, se possibile.

Il ministro dello Sport del neonato esecutivo si è messo subito al lavoro, ma l’inquietitudine di CONI e CIO non si è placata. Rumors di palazzo descrivono lo stato dell’arte come un duello tra due manager di alto profilo con passato e presente nel campo della comunicazione, entertainment e sport: Alessandro Araimo, attuale general manager di Warner Bros Discovery Italia e Iberia e Andrea Zappia, già amministratore delegato di Sky Italia e oggi alla guida di New Markets di Sky. Lo scorso 25 ottobre Abodi aveva messo nero su bianco le sue intenzioni: “Ritengo opportuno associare al carattere d’urgenza anche una metodologia condivisa” con la certezza del “rispetto dei tempi” garantendo, però, “la qualità della scelta”. Anche perché margini d’errore non ce ne sono, ora che si entra nella fase decisiva di tutto il progetto e gli occhi del mondo saranno progressivamente sempre più puntati sull’Italia.

La Fondazione è il motore di tutto il dossier olimpico, lavora a contatto diretto con il CIO per organizzare i Giochi di cui si occupa in ogni ambito. Il numero uno dello sport mondiale, Thomas Bach, è consapevole dell’importanza strategica che ci sia una guida ed è per questo che si sarebbe atteso una svolta alla ripresa dei lavori a settembre. In ballo non ci sono solo le opere infrastrutturali e gli impianti che dovranno rendere possibili le Olimpiadi del 2026, ma anche la rete di accordi commerciali e di gestione amministrativa senza la quale il rischio è di non sfruttare a pieno le potenzialità dell’evento.

A livello di lavori l’allarme rosso non è ancora suonato. L’iter per le opere si è messo in moto rapidamente già pochi mesi dopo l’assegnazione alla candidatura italiana e secondo i diretti interessati procede entro i tempi previsti. Nelle scorse settimane Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, ha genericamente parlato di opportunità “di anticipare i tempi” per alcuni interventi che rischiano altrimenti di essere terminati a ridosso della cerimonia inaugurale, però ad oggi non risultano modifiche rispetto alla tabella del CIO che immagina di vedere concluso il Villaggio Olimpico (la madre di tutte le opere) già nel mese di luglio 2025 così da non dover assistere a una disperata corsa contro il tempo nelle settimane successive.

L’area che si trova nel vecchio scalo ferroviario dismesso di Porta Romana è stata fin qui oggetto di bonifica del terreno al pari di quella che dovrà ospitare il palazzo del ghiaccio per le partite di hockey su ghiaccio, rinominato PalaItalia, situato nel quartiere di Santa Giulia. Sulla ristrutturazione del Palasharp, il palazzetto “provvisorio” costruito a Milano dopo le nevicate del 1985 che avevano fatto crollare il tetto dell’allora Palazzo dello Sport in zona San Siro (sono passati 37 anni e la struttura sta ancora lì) pende il ricorso con l’Istituto religioso delle Suore della Riparazione che si trova vicino e che lamenta il rischio di disturbi. Recentemente l’ad della società Infrastrutture Milano-Cortina 2026, Luigi Valerio Sant’Andrea, ha fatto sapere che le opere stradali di collegamento, per le quali è stato nominato commissario straordinario, viaggiano senza ritardi.

Ufficialmente, insomma, non ci sono problemi. Resta, però, la casella di amministratore delegato della Fondazione ancora vacante, la promessa del ministro Abodi di intervenire in fretta (forse già in questo fine settimana) e l’immagine di una macchina organizzativa che fatica a mettersi a regime. Anche il balletto intorno al nome di Letizia Moratti ha sconcertato gli osservatori interni ed esterni: annunciata via stampa come persona prescelta senza che gli enti ne fossero a conoscenza. Lei ha dovuto rinunciare tornando a mischiare le carte della politica lombarda (si è appena dimessa da assessore al Welfare in rottura con il presidente leghista Fontana) e la caccia all’uomo giusto è ripartita.

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Giovanni Capuano