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Non ci resta che il voto, finalmente

Ingoiamo l'ultimo rospo della legge di Bilancio - un provvedimento senza visione - e andiamo alle elezioni: una sana immersione nella democrazia

Ci hanno detto che l'Italia sta crescendo più del previsto, che andremo forse a un più 1,5 per cento rispetto al 2016. E fin qui siamo tutti felici.

Chiunque sia abituato a far di conto si aspetterebbe che a un incremento della crescita corrisponda una possibilità di spesa maggiore, di benessere in favore di chi è rimasto indietro. E invece no.

Il Prodotto interno lordo ci dà soddisfazioni inaspettate, ma per tutti noi non cambia nulla. Senza far ragionamenti da premi Nobel questa circostanza appare, a chiunque sia mediamente istruito, un mistero.

Per giunta dovremmo anche essere felici perché dal governo sottolineano che grazie a questa crescita inattesa non ci saranno nuove tasse e si eviterà di introdurre nella manovra balzelli strambi come negli anni passati. Il che equivale a dire al cittadino di sorridere perché per una volta invece di bastonate riceverà botte ma con una verga rivestita di velluto. Sai che soddisfazione.

C'è però una notizia positiva e incontestabile che la legge di bilancio del 2017 si porta dietro: è l'ultima di questa legislatura scassata. Dal 2013 a oggi si sono succeduti tre presidenti del Consiglio (Letta, Renzi e Gentiloni) sul cui arrivo a Palazzo Chigi nessun italiano, nessun bookmaker internazionale, nessun mago avrebbe scommesso un centesimo per un motivo banale: nessuno di loro affrontò una campagna elettorale per conquistare la poltrona di premier.

Eppure senza alcun mandato popolare hanno governato per cinque anni grazie a una maggioranza figlia a sua volta del peggior voltagabbanismo parlamentare della storia repubblicana con i suoi 500 (diconsi cinquecento) cambi di casacca.

È grazie ad Angelino Alfano, alla sua incrollabile coerenza oltre che alla sua lungimiranza politica, se questa legislatura è durata tanto.

Di questo gli italiani devono dargliene atto tenendolo bene a mente quando tra qualche mese si recheranno alle urne.

Però vediamo il traguardo, finalmente si torna a votare anche se con un sistema elettorale senza spina dorsale che rispecchia totalmente chi l'ha voluto.

Dunque ingoiamo questo ultimo rospo chiamato legge di Bilancio. Che, come nel passato, non ha né il respiro né la profondità della visione: è il solito ruttino, né più né meno.

Obbligati a destinare ben 16 miliardi sui 20 della manovra per evitare l'aumento delle aliquote Iva, rimangono solo le briciole.

È inutile star lì a concionare e pensare a quanti investimenti avremmo potuto fare se solo avessimo avviato una seria spending review ai tempi dell'uomo che sussurrava alle slide.

Non serve a niente. Non chiedete quale sia la rotta o in che direzione stiamo andando. Non c'è. Rimane soltanto la certezza del voto, una sana immersione nella democrazia. E vi sembra poco dopo anni di ibernazione?

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Giorgio Mulè