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Ansa/Daniel Dal Zennaro
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Angelino Alfano: un uomo solo allo sbando

Abbandonato dagli alleati e bocciato dai sondaggi sta portando AP al disastro elettorale. Ore cerca un Mister X da candidare a premier

Sarà per lo scarso appeal personale e istituzionale, il peccato originale del tradimento a Forza Italia, gli scarni risultati ottenuti nei vari passaggi da "ministro di tutto" (copyright Matteo Renzi); sarà quel che sarà, ma di certo in Italia c'è soltanto un uomo che nell'ultimo lustro ha attirato più antipatie del fu Rottamatore. Quell'uomo è, va da sé, il ministro degli Esteri Angelino Alfano.

Ovviamente l'antipatia dei due è proporzionata al peso dei rispettivi partiti. L'ultimo sondaggio disponibile, quello di Emg per il Tg La7, segnala che al 24 luglio 2017 il Partito democratico di Renzi ottiene appena il 26,7 per cento dei consensi (come sono lontani i tempi del 40,8 delle Europee 2014) mentre l'Alternativa popolare di Alfano arranca al 2,5 per cento, assai distante dall'8,5 di cui era accreditata poco più di due anni fa.

Il guaio è che tali dati, che vanno ben oltre l'avvilente, invece di portare i due leader a più miti consigli, li hanno resi diffidenti, incomprensibili, chiusi al punto da litigare pure fra loro, oltre che con molti altri: la lista degli (ex) amici, già lunga, rischia infatti di diventare sterminata con l'approssimarsi delle elezioni politiche. Ma mentre Renzi, per tenere agganciato a sé una parte importante del ceto politico dem, può promettere elezionee talvolta rielezione in Parlamento, Alfano ha mani e bocca legati dalla realtà: se, come sembra, la legge elettorale rimarrà il Consultellum, e se pure Ap superasse lo sbarramento del 3 per cento (al Senato è dell'8), designerebbe appena una decina di deputati rispetto agli attuali 49 parlamentari (25 senatori e 24 onorevoli).

Di più: mentre alcune personalità di Alternativa popolare sono appetibili per Pd e Forza Italia, Angelino sarebbe difficile da digerire per chiunque, a partire da Lega e Fratelli d'Italia.

E quindi lui, invece di cercare una soluzione che tuteli il suo partito e i suoi uomini (dimettendosi da segretario, per esempio), sta tentando di salvare la rielezione di se stesso percorrendo la strada dell'indipendenza. Perciò ha sentenziato contro Renzi ("La collaborazione con il Pd si è ormai conclusa") e attaccato Silvio Berlusconi, secondo Alfano pronto "a mettersi insieme a Matteo" per governare.

Insomma, la sua è la classica tattica dell'uomo solo al comando. Anzi, allo sbando.

Perché? Annunciando di voler costruire "un'area autonoma, popolare e liberale", il ministro degli Esteri ha smarcato il partito da quelli che chiama destra e sinistra ma in realtà sono già centrodestra e centrosinistra. Risultato: Ap è adesso un vaso di cristallo in mezzo agli elefanti.

Ed ecco spiegata, dunque, la grande fuga, appena iniziata, da Alleanza popolare. In una sola settimana hanno lasciato governo (per l'ostilità di Renzi) e partito (per l'avversione ad Alfano) il ministro per gli Affari regionali Enrico Costa e il sottosegretario al Lavoro Massimo Cassano: entrambi si sono diretti verso il centrodestra, dove hanno trovato una bella sfilza di alfaniani pentiti.

Il più noto è il senatore Gaetano Quagliariello. Lungamente offeso da Renzi, e mai difeso da Alfano, fino al 2015 fu esponente del partito di Angelino, prima di sbattere la porta: ora davanti alla porta di Quagliariello c'è la fila per prendere posto nel centrodestra, anzi nella lista di centrodestra che affiancherà quella di Forza Italia. In senso oppostonè invece andato il presidente della commissione Finanze della Camera, Maurizio Bernardo, che ha aderito al renzismo. E non è mica finita. Persino lo stesso Alfano lo ha ammesso: "Lo scontro si alzerà, ci sarà ancora maggior violenza nei nostri confronti, potremmo avere qualche altra defezione".

Nel frattempo, chi qualche voto e intelligenza politica ce l'ha - cioè Maurizio Lupi e Beatrice Lorenzin - hanno accettato la sfida con riserva, ovvero commissariando il loro leader con parole, opere e azioni. Quando Alfano ha contattato Carlo Calenda per proporlo quale candidato premier del Centro, i due gli hanno mostrato i sondaggi che rivelavano quanto il ministro dello Sviluppo economico fosse sconosciuto agli italiani. Stessa storia, seppur con qualche riconoscibilità pubblica maggiore, è capitata con Stefano Parisi, il candidato di centrodestra sconfitto da Beppe Sala nella corsa a sindaco di Milano.

L'unica certezza, a questo punto, è che Angelino non correrà per la presidenza del Consiglio: Lupi e Lorenzin non lo permetterebbero. Per stabilire come e perché agli elettori Alfano risulti respingente, non c'è manco stato bisogno di fare sondaggi: è scritto nei fatti. E va riconosciuto che il ministro degli Esteri, seppur attaccato alla poltrona, stupido non è. Ha capito l'antifona e promesso che entro settembre avrebbe trovato un Mister X, un nome unificante per il suo partito e i vari partitini di Centro, vecchi e nuovi, che intende federare con Alternativa popolare.

Peccato che tra i suddetti partitini trovi soltanto porte chiuse, almeno finora. Bruno Tabacci se n'è andato con Giuliano Pisapia. Ciriaco De Mita si schiera sempre con il migliore offerentee Ap di certo non lo è. Pier Ferdinando Casini sta trattando la ricandidatura nel Pd al Senato. Non solo, sempre a settembre, per meglio organizzarsi in vista delle elezioni, Ap avrà una triade al comando: Lupi per il Nord Italia, Lorenzin per il Centro e lo stesso Alfano per Sud e Isole. Tutti al servizio del candidato "Mister X". Il quale, attenzione, con un colpo di mano potrebbe essere lo stesso Lupi. L'uomo che ritiene sia "giunto il tempo di fare il Ppe italiano con Forza Italia e Udc". L'ex ministro per le Infrastrutture costretto da Renzi a lasciare il governo a causa di una storia giudiziaria che non lo ha visto nemmeno indagato. L'uomo giusto per riaccasare Ap nel centrodestra. Con o senza Alfano.

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Carlo Puca