Snam idrogeno
Hyundai Nexo, SUV a idrogeno (Hyundai Press)
Green

Guida alla mobilità green: l'idrogeno

• Storia di un propellente di cui si parla da tanto tempo e che è destinato a diventare la vera alternativa all'elettrico. Tutte le caratteristiche e alcuni miti sfatati. Un esempio? Se avete un incidente non esplode come una bomba atomica.
• L'idrogeno è già su strada. Hyundai ha in commercio un modello: Nexo. Si ricarica in cinque minuti.

Terza puntata

Ci sono diversi aspetti delle auto a idrogeno che entusiasmano, fanno discutere ma anche spaventano. Questo gas, il più diffuso nell'universo e presente nell'11,2 per cento circa nell'acqua, al vertice della tabella degli elementi chimici (ha il numero 1) e dalla densità molto contenuta (meno di 90 grammi in un metro cubo, cioè 1.000 litri), ha la proprietà di essere facilmente infiammabile e per questo di poter sprigionare energia. Ma proprio questa caratteristica, se da un lato spinge a sfruttarne il potere energetico, dall'altra incute timore specialmente nelle vecchie generazioni, forse perché ricordano il disastro del dirigibile Hindenburg avvenuto nel maggio 1937.

Ecco allora che pensando alle automobili si rimane perplessi, anche se in realtà è sufficiente sfatare qualche mito per rendersi conto di quanto l'idrogeno sia oggi sicuro e promettente. Ciò non significa facile, nel senso che le difficoltà per aumentare la diffusione delle auto a idrogeno sono in via di soluzione. Ma che questo gas sia destinato a occupare presto una fetta di mercato paragonabile a quanto avviene per le auto a metano oppure per le elettriche è certo.

Intanto occorre ricordare che non tutte le auto a idrogeno sono uguali.Esistono veicoli dotati di motori a combustione interna che usano l'idrogeno come combustibile o Hicev, Hydrogen Internal Combustion Engine Vehicle, tecnologia sperimentata inizialmente da Bmw, che oltre dieci anni fa costruì in cento esemplari esemplari la Hydrogen 7. Si trattava di una Serie 7 equipaggiata con un motore V12 da sei litri che poteva viaggiare indifferentemente a benzina o a idrogeno. Ma quest'ultimo era mantenuto allo stato liquido, quindi a bassissima temperatura (-253 °C) in un apposito serbatoio, prima di essere iniettato e bruciato. L'esperienza Bmw si è rivelata modesta sia a causa del basso rendimento sia del costo elevato di questa soluzione tecnica, e la casa fermò il progetto. Successivamente, con il miglioramento della tecnologia delle celle a combustibile, la cui invenzione risale all'Ottocento e l'applicazione pratica avvenne sulle capsule Nasa nei primi anni Sessanta, si è riusciti a installare sui veicoli un serbatoio di idrogeno ad alta pressione (attorno 700 bar con all'interno 6 kg di idrogeno per circa 600 km di autonomia dell'auto, per un peso di circa 170 kg), dal quale alimentare la cella producendo energia elettrica e ottenendo come scarto soltanto vapore acqueo e calore. Questi serbatoi, a differenza di quelli per gas naturale o metano, proprio a causa della pressione elevata al loro interno, erano inizialmente realizzati in acciaio, quindi pesanti, mentre recentemente sono stati introdotti quelli in materiali compositi, più leggeri e funzionali.

L'energia elettrica prodotta dalla cella a combustibile viene quindi utilizzata da uno o più motori elettrici presenti nel veicolo passando da una batteria di piccole dimensioni che ha la funzione di soddisfare eventuali picchi di richiesta dell'energia. E a mantenerla carica contribuisce la frenata rigenerativa del veicolo stesso. Da questa architettura, apparsa per la prima volta nel 1966 sul furgone Electrovan della General Motors, sono nati altri modelli come la Toyota Mirai, la Hyundai Nexo e la Honda Clarity, che si definiscono Fcev, Fuel Cell Electric Vehicle. Costruite in questo modo, le auto a idrogeno hanno potuto raggiungere autonomie utili, circa 600 km, potendosi anche rifornire in poco tempo (qualche minuto) grazie alle colonnine di rifornimento in pressione. Proprio questo è oggi uno dei freni alla diffusione di queste auto, e anche se entro il 2025 l'Italia dovrebbe vedere l'attivazione di un centinaio di stazioni, almeno la metà delle quali accessibili al pubblico (nel numero degli impianti sono considerati anche quelli delle società di trasporto pubblico come l'Atm di Milano).

L'altro problema riguarda il fatto che l'idrogeno va prodotto poiché non è presente in natura e questo comporta giocoforza l'utilizzo di energia e, qualora ciò non avvenga da fonti rinnovabili, ecco che si torna comunque a produrre anidride carbonica. Ma rispetto alle auto elettriche a batteria, le celle a combustibile non richiedono l'impiego di materiali rari, se non per una limitatissima quantità platino che generalmente viene recuperato dai catalizzatori usati delle autovetture con motore tradizionale.

Facendo un rapido calcolo energetico e valutando l'evoluzione di batterie, celle a combustibile e serbatoi per l'idrogeno comincia a delinearsi un futuro vantaggioso che dovrebbe vedere l'uso delle sole batterie per le utilitarie, mentre un aumento dell'utilizzo di celle a combustibile per gli automezzi più grandi. Per riuscirci, una buona idea è quella applicata in Germania presso talune stazioni di rifornimento, che producono l'idrogeno in piccole quantità ma sul posto usando un mix di energia prodotta da pale eoliche, rinnovabili e solare.

Sicurezza: non scoppia neppure a seguito di un incidente. L'idrogeno non è tossico, nocivo e neppure corrosivo. In un'automobile a idrogeno un'esplosione è un evento praticamente remoto anche in caso di incidente. L'omologazione dei serbatoi prevede che questi siano costruiti con coefficienti di robustezza molto elevati e posizionati laddove le dinamiche degli urti hanno una probabilità remota di verificarsi. In pratica sono molto più resistenti dei normali serbatoi per benzina o diesel. Inoltre, in quelli di progettazione più recente è possibile annegare nella struttura elementi inertizzanti in grado di fermare la fuoriuscita del gas. I raccordi e le valvole dalle quali fuoriesce l'idrogeno verso la cella a combustibile sono ridondanti e dotati di blocchi di sicurezza. Gli ultimi ritrovati in fatto di tecnologia dei materiali destinati alla costruzione dei serbatoi sono i cosiddetti «Mof ultrapuri» o Nu-1501 basati su strutture metallo-organiche estremamente porose e meno costose dell'acciaio che possono immagazzinare una maggiore quantità di idrogeno trasferendolo verso la cella a combustibile a pressione inferiore.

Dall'idrogeno «grigio» a quello verde, come si fabbrica e quanto costa il gas pulito. Esistono diversi metodi per produrre idrogeno, alcuni più ecologici di altri. Ma anche in questo caso bisogna sfatare un mito: l'idrogeno non è una fonte rinnovabile. Il metodo più diffuso, detto «reforming con vapore», o «grigio» prevede che un gas composto sinteticamente con alto contenuto di idrogeno venga ottenuto bruciando metano o altri idrocarburi e vapore acqueo con temperature tra 720° C e 1.100° C. Da questo si ottiene una grande quantità di anidride carbonica e appunto l'idrogeno ma in rapporto di 15:1, quindi è il meno ecologico ma il più economico, meno di 2 dollari al chilo.

Più pulito è il cosiddetto «idrogeno blu», sempre prodotto attraverso la generazione di anidride carbonica, ma che al posto di essere dispersa viene quasi totalmente conservata in serbatoi interrati. Il costo sfiora i 4,3 dollari al chilo.

Per essere totalmente ecologico l'idrogeno deve essere prodotto per elettrolisi quindi definito «verde», ovvero dalla separazione dell'ossigeno presente insieme al gas nell'acqua. Ma la macchina che lo produce, l'elettrolizzatore, costa molto e funziona a energia elettrica e quindi anche questa deve essere generata da fonti rinnovabili. In questo caso il prezzo varia da 5 a 10 dollari al chilo secondo il luogo di produzione. Tenendo presente che per produrre un chilogrammo di idrogeno sono necessari da 18,5 a 25 Kwh di corrente. La buona notizia è che il costo degli elettrolizzatori sta scendendo e secondo le previsioni di Bruxelles entro un decennio il tipo «verde» costerà meno di 2 euro al chilo in tutto il mondo.

Infine esiste il processo di pirolisi, ovvero eliminando l'ossigeno all'interno di processi di combustione, in modo da ricombinare i legami chimici in molecole più semplici. Ma anche in questo caso, per attivare il processo serve energia che deve essere pulita. Il costo dell'idrogeno in Italia oscilla attorno a 15 euro al chilo contro i 10 della Germania e con un chilogrammo di idrogeno, un'auto a celle a combustibile può percorrere circa 100 km. A onor del vero, il modo più economico per avere idrogeno pulito sarebbe quello di utilizzare l'energia residua e il calore prodotti delle centrali nucleari. Ma questa è tutta un'altra storia.

L'idrogeno è già su strada. Hyundai ha in commercio un modello: Nexo. Si ricarica in cinque minuti.

Andrea Crespi, direttore generale di Hyundai Italia.

Hyundai

di Guido Fontanelli

Per Hyundai l'idrogeno non è un'opzione futuristica, è già realtà: il brand coreano ha infatti nel suo catalogo una vettura a idrogeno dal 2018, la Nexo, che si può acquistare normalmente e che già circola in Alto Adige, dove questo tipo di alimentazione è sostenuto da un progetto della Provincia ed è in funzione un distributore aperto al pubblico per rifornire sia autovetture sia autobus.

«La nostra casa» sottolinea Andrea Crespi, direttore generale di Hyundai Italia, «è l'unica ad avere tutte le cinque tecnologie di elettrificazione, dal "mild hybrid" fino all'elettrico puro e all'idrogeno». Oggi la Nexo è ancora cara, costa 69 mila euro, ma il suo prezzo si è molto ridotto nell'ultimo anno. Secondo Crespi, l'alimentazione a idrogeno «risolve in un colpo solo tutte le necessità della mobilità: la Nexo offre quasi 700 km di autonomia, si rifornisce in cinque minuti e non inquina, emette solo vapore acqueo». Il prossimo passo è creare un'infrastruttura per questo tipo di vetture seguendo, dice il numero uno della casa coreana, «alcuni esempi molto positivi, come quello della provincia di Bolzano, dove ci sono già tanti automobilisti che noleggiano le vetture a idrogeno e percorrono tantissimi chilometri senza inquinare. Si potrebbe fare lo stesso in altri territori del Paese, imboccando la stessa strada per una mobilità sostenibile».

Hyundai non si limita alle automobili a idrogeno: il gruppo ha annunciato una Fuel Cell Vision al 2030 che prevede 6,7 miliardi di dollari di investimento per arrivare a produrre 500 mila veicoli all'anno a celle combustibili, sia automobili sia mezzi commerciali, oltre a sviluppare altre applicazioni per treni e navi. «In Svizzera» aggiunge Crespi «sono già stati consegnati i primi camion a idrogeno prodotti in serie, gli Hyundai Xcient Fuel Cell, con l'obiettivo di arrivare a 2 mila
unità all'anno. Insomma, la Hyundai si propone come protagonista della future smart mobility basata sull'idrogeno».Mica fantascienza.


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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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Guido Fontanelli