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Garlatti (Garante Infanzia): «Ok il decreto ma si pensi anche al recupero dei minori»

Sta facendo discutere il decreto del governo approvato ieri e che pone una stretta per i reati commessi dai minori con pene più severe anche per i genitori

«Quello di cui veramente c’è bisogno è l’introduzione di sanzioni che siano a misura di minorenne: siamo di fronte a personalità che sono ancora in formazione e che, quindi, non possono essere destinatarie delle stesse misure applicabili agli adulti». Così Carla Garlatti, Autorità Garante per l'Infanzia e l'adolescenza, commenta il decreto che pone una stretta per i reati commessi dai minori approvato dal Consiglio dei Ministri. Una novità assoluta ritenuta necessaria dal Governo dopo gli ultimi fatti di cronaca avvenuti a Caivano e Palermo. Nel decreto sono presenti una serie di misure per contrastare la criminalità minorile tra cui carcere per i genitori che non mandano a scuola i figli, perdita della responsabilità genitoriale se "introduci un minore nelle dinamiche criminali", dichiara la premier Meloni, e l'ammonimento del questore per i dodicenni.

Cosa ne pensa del nuovo decreto per i minori?

«Quando parliamo di minorenni che commettono un reato occorre sempre partire da alcuni punti fermi, che a mio parere sono irrinunciabili. L’ho scritto alla presidente Meloni prima del Consiglio dei ministri. Da una parte, infatti, si deve prevenire la commissione dei reati, dall’altra vanno valorizzati, quali finalità principali del sistema, il recupero del minorenne e l’attenzione alla vittima. Inasprire le pene non serve, né avrebbe senso scegliere di abbassare l’età dell’imputabilità. D’altra parte, nel nostro sistema di giustizia minorile, che è uno dei migliori al mondo, esistono già strumenti di presa in carico di minorenni che commettono reati al di sotto dei 14 anni. Non dico che il minorenne non vada punito quando sbaglia, ma è indispensabile che alle sanzioni si accompagni l’uso di altri strumenti, come per esempio quelli offerti dalla giustizia riparativa, utili tra l’altro a contenere il rischio di recidiva. In questo modo non solo si aiuta l’autore del reato a prendere consapevolezza di quello che ha fatto e della sofferenza che ha provocato con il suo comportamento, ma si permette anche alla vittima di trovare finalmente un riconoscimento. Non si tratta di buonismo ma di un investimento sul futuro: non esistono ragazzi irrecuperabili e compito dello Stato è quello di prevedere ogni forma di percorso che possa portare al recupero di chi sbaglia».

Sulla dispersione scolastica sono previsti 2 anni di reclusione per i genitori che non si occupano adeguatamente dell'istruzione dei loro figli. Non erano già previste delle misure a riguardo?

«Sia sul piano penale che su quello amministrativo e civile ci sono già misure: è prevista un’ammenda di lieve entità, possono essere intraprese iniziative di sostegno al ragazzo e alla famiglia e si può arrivare ad assumere provvedimentiche riguardano la responsabilità genitoriale. In aggiunta a questo apparato servono però altri strumenti. Già lo scorso novembre ho scritto alla presidente Meloni proponendo di condizionare la concessione delle misure di sostegno al reddito da parte del percettore alla regolare frequenza scolastica dei figli e alla frequenza, da parte del genitore, di un percorso di formazione o istruzione. Scelte che vanno in questa direzione sono realistiche, mentre la reclusione del genitore che non manda il figlio a scuola – magariperché c’è bisogno che vada a lavorare per contribuire al reddito familiare – potrebbe rischiare paradossalmente di aggravare il fenomeno della dispersione».

Nel concreto il Daspo urbano è un provvedimento utile ed applicabile?

«Rispetto alla misura del Daspo urbano posso dire in generale che non sono contraria a disposizioni che vietino l’accesso a determinate aree».

Cosa ne pensa dell'ammonimento del questore per 12enni che commettono reati?

«In generale sono favorevole a tutti i provvedimenti che vedano coinvolti la famiglia del minorenne e i servizi sociali perché si tratta di strumenti portano alla luce segnali di allarme da monitorare e permettono di avviare percorsi educativi mirati che vedano il coinvolgimento anche delle famiglie. D’altra parte, la convocazione in questura del dodicenne - con avviso a non ripetere l’azione commessa - è prevista per reati di una certa entità: danneggiamento aggravato, lesioni gravi, furto o rapina aggravati. Colgo l’occasione anche per esprimere apprezzamento per il fatto che il decreto abbia esteso l’applicazione dell’istituto dell’ammonimento da parte del questore già previsto dalla legge 71/2017 per il contrasto al cyberbullismo anche ai casi di bullismo: si tratta infatti di un valido strumento educativo perché stimola il minorenne a riflettere sul suo comportamento e sulle sue conseguenze»

È d'accordo sulla decadenza della responsabilità genitoriale per la famiglie legate ai clan ?

«Quanto all’ipotesi di disporre la decadenza della responsabilità genitoriale per le famiglie che appartengono alla criminalità organizzata ricordo in primo luogo che il codice civile prevede che il provvedimento di decadenza dellaresponsabilità possa essere disposto in tutti quei casi nei quali vi sia un grave pregiudizio del figlio per violazione o trascuratezza dei doveri genitoriali e certamente far vivere il minorenne all’interno di un ambiente fortemente permeato dall’illegalitàpuò rappresentare un grave pregiudizio per il suo sviluppo e per la sua crescita. Come dimostra il progetto “Liberi di scegliere”, infatti, l’allontanamento dal nucleo familiare può essere uno strumento utile ad evitare al minorenne di percorre una strada già tracciata e di scoprire che esistono delle alternative possibili di futuro».

Cosa manca secondo lei nel decreto e cosa invece è stato inserito di efficace?

«Mi preme ribadire che quando si parla di criminalità minorile non si può avere soltanto un approccio di tipo repressivo. È necessario investire nella prevenzione, rafforzando gli interventi educativi - in particolare nelle zone a maggior criticità - valorizzando il lavoro di rete tra scuole, autorità giudiziaria e servizi del territorio, creando percorsi di presa in carico che supportino l’intero nucleo familiare. Per questo diventa indispensabile investire prioritariamente nelle aree a maggior rischio, oltre ad adottare una nuova visione di scuola, più attrattiva e aperta al territorio. Ogni intervento in questa direzione è benvenuto».

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Linda Di Benedetto