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(Ansa)
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«In questo ghetto sono stato abbandonato da piccolo, ma ora la combatto»

Parla Bruno Mazza, a capo dell'associazione “Un’infanzia da vivere” che dal 2008 opera nel Parco Verde di Caivano

A Caivano la notizia delle due cuginette stuprate dal branco ha solo riacceso i riflettori su una realtà in cui i bambini e gli adulti sono lasciati soli tra violenza, abusi, degrado e criminalità. Un inferno in cui 9 anni fa Fortuna Loffredo di 6 anni fu violentata e buttata giù dal balcone da uno dei palazzoni del rione IACP e prima di lei nel 2013 anche Antonio Giglio di 4 anni, è morto cadendo dallo stesso edificio. Un orrore senza fine dove le persone pagano l’assenza dello Stato e nonostante le morti e gli abusi ad oggi nulla è stato fatto. Un degrado totale che tiene in ostaggio le persone di Caivano che non fanno più distinzione tra la realtà di un tessuto sociale sano e quella di uno spazio in cui si cerca di sopravvivere con le finestre chiuse per non essere testimoni di quello che accade. Un comune quello di Caivano di 37mila abitanti tra Caserta e Aversa dove la criminalità organizzata ha localizzato nel Parco Verde i suoi traffici con 14 piazze di spaccio che sono le più grandi d’Europa. Un ghetto, senza servizi costruito negli anni 80 per gli sfollati del terremoto e divenuto da subito base logistica della Camorra di Raffaele Cutolo e poi succursale di Scampia e Secondigliano. Una giungla in cui i residenti in questi giorni sono infastiditi dalla presenza dei giornalisti perché rivendicano che lo stupro delle due ragazzine è avvenuto a Caivano mentre da loro c’è solo Camorra e spaccio. Contestazioni che la dicono lunga sulla disperazione di queste persone che vivono lo stupro avvenuto a qualche metro di distanza come una rivincita sociale. Di tutto questo abbiamo abbiamo parlato con Bruno Mazza dell’associazione “Un’infanzia da vivere” che dal 2008 opera nel Parco Verde

«Ho deciso di creare la prima associazione di volontariato nel Parco Verde per cercare di salvare i bambini dalla strada. In questo ghetto sono stato abbandonato da piccolo e mi ha preso la camorra, ma ora la combatto».

Qual è la sua storia?

«Vivo qui da 40 anni dopo il terremoto dell’Irpinia. Doveva essere una soluzione temporanea ma siamo rimasti qui per sempre. E proprio in questo posto ho cominciato a commettere reati come furti, rapine e scippi entrando ed uscendo dal carcere, perché ero solo. Mio padre è morto subito e la scuola non mi ha aiutato perché non capiva il disagio e la sofferenza che provavo. Così è iniziata la mia “carriera” e sono stato anche affiliato ad un boss di Camorra fino al 1999 ma poi fui arrestato e condannato a scontare 12 anni di carcere. Durante il periodo di detenzione ho iniziato a studiare fino a prendere il diploma di geometra mentre quando ero entrato avevo solo la quinta elementare. Ho visto morire tanti amici in scontri a fuoco e mio fratello di overdose. Dopo questa esperienza uscito dal carcere ho deciso di fare volontariato per salvare l’infanzia ai bambini che vivono nel Parco Verde, perché non soffrissero come me. Abbiamo fatto tante cose come un campo di calcetto e delle attività extra scolastiche anche grazie all’aiuto dell’associazione Fondazione con il Sud che ha donato un murales con le due bambine con scritto “Nessuno resti solo”».

Cosa può dirci dello stupro?

«Due degli stupratori delle bambine sono del Parco Verde abbiamo visto i Carabinieri entrare nelle loro case per sequestrare i telefoni. Ma qui gli abusi sessuali non ci sono mai stati. Mentre nel palazzo degli orrori del rione IACP a Caivano sono morti due bambini ed è stato ucciso un ragazzo. Il suo corpo era stata sotterrato e solo dopo che abbiamo manifestato l’hanno restituito alla famiglia. Sia Caivano che il Parco Verde sono abbandonati dalle istituzioni. I servizi sociali qui sono venuti solo adesso a togliere la bambina violentata alla famiglia ma ne hanno una di 3 anni e mezzo che è rimasta con loro».

Qual è la soluzione?

«Vorremmo che lo Stato ci protegga perché sappiamo che è possibile, lo abbiamo visto con l’arrivo di un nuovo comandante dei carabinieri alla compagnia di Caivano Antonio Maria Cavallo. Al suo arrivo sono state smantellate quattro piazze di spaccio che c’erano da 40 anni. Servono poi servizi ed istruzione per cambiare le cose. Molti bambini stanno a casa e non vanno a scuola. Noi ci stiamo provando con delle iniziative e abbiamo fatto molto ma serve il supporto delle istituzioni».

Non ha paura?

«Mi hanno bruciato due pulmini e sparato nella sede dell’associazione ma io continuo denunciare per cercare di cambiare le cose per non lasciare i bambini nelle mani della criminalità. Vede sono 6000 gli abitanti del Parco Verde, 400 gestiscono le piazze di spaccio e altri 600 sono collusi perché così ottengono la spesa, il regalo di Natale e dei favori. Ma nel Parco Verde ci sono anche 5000 persone che vivono nella legalità ma non hanno paura di affacciarsi al balcone, e per entrare nei palazzi dove vivono devono esibire il documento agli spacciatori, ma non denunciano perché non si fidano soprattutto dopo che nel 2004 hanno arrestato tre poliziotti corrotti».

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Linda Di Benedetto