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Il divorzio di Egonu dalla nazionale non è un affare di Stato

Paola litiga col ct (che fallisce l'Europeo), ma il caso finisce sulle prime pagine solo per il simbolo che lei rappresenta. Facendo del male sia all'atleta che allo sport italiano

L'Italvolley femminile giocherà il torneo che porta alle Olimpiadi di Parigi della prossima estate senza la sua stella più luminosa, giocatrice tra le migliori al mondo e tassello prezioso (nel bene e nel male) della stagione di una nazionale che ha le carte per stare nell'élite mondiale. Il divorzio per nulla consensuale tra Paola Egonu e il ct Davide Mazzanti al termine di un Europeo andato male, perché la medaglia di legno continentale non può essere considerata obiettivo raggiunto, lascia in eredità un finale paradossale. Ma anche un paio di riflessioni che è giusto fare a voce alta, visto che il caso Egonu ha rapidamente travalicato i confini delle vicenda sportiva per trasferirsi nel dibattito pubblico.

In rapida sintesi, la Egonu ha vissuto un Europeo da riserva perché il ct ha preferito dare il suo ruolo a Ekaterina Antropova, russa naturalizzata italiana. Brava, forte, ma alla fine non è andata bene. Come non era andata a livello delle aspettative nelle ultime Olimpiadi e al Mondiale dove invece la Egonu era rimasta al suo posto, cioè al centro del villaggio azzurro. In ogni caso, lei ci è rimasta male e ha salutato la nazionale, la federazione non può muoversi perché siamo alla vigilia del preolimpico che non si può sbagliare e la resa dei conti sarà successiva.

Dinamica da spogliatoio, nemmeno troppo sorprendente pur considerando una specie di mossa tafazziana rinunciare alla classe di Paola. Però, questo dovrebbe essere e non altro. Invece la questione Egonu si è trasformata in un momento di analisi sociologica e politica sulla società italiana, la presunta incapacità di premiare il merito e il talento, la tendenza dei capi (ufficio o progetto) di circondarsi solo di soldatini ubbidienti e via andando.

Decisamente troppo, anche perché accade solo per quello che Paola Egonu rappresenta al di fuori del rettangolo di gioco: un simbolo, anche nel dibattito sul razzismo in Italia. Lei piace a quelli che (si) piacciono e, dunque, un normale scazzo con un allenatore diventa affare di Stato. Bisognerebbe sfidare editorialisti e commentatori generalisti a spiegare qualcosa a proposito di diagonali, doppio opposto e tattica pallavolistica. Di certo saprebbero rispondere. O forse no. Forse si occupano di Paola Egonu non perché amano la pallavolo e lo sport italiano, ma semplicemente perché viene facile l'operazione di appiccicare su di lei l'ennesima etichetta. Scomoda. La Egonu resta un'atleta meravigliosa e giovane. Lei e Mazzanti si chiudano in uno spogliatoio e si scontrino quanto vogliono e serve, ma tenendo la porta chiusa. E lasciando fuori politica e benpensanti.

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Giovanni Capuano