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No, cara Egonu, l'Italia non è un Paese razzista

No, cara Paola, l'Italia non è come hai detto tu. Non è un "Paese razzista" anche se, hai aggiunto "sta migliorando". E non è nemmeno razzista con la precisazione che "non vuol dire che tutti sono razzisti, o tutti cattivi o ignoranti". E non è questione di voler nascondere la testa sotto la sabbia. Tu dici: "Non voglio sembrare polemica o fare la parte della vittima ma semplicemente dire come stanno le cose". Non è così, perdonami. Non siamo un Paese razzista e non ci meritiamo che questa etichetta ci venga appiccicata addosso dalla sala delle conferenze del Festival di Sanremo, la ribalta più vasta e nazional popolare del Paese che definisci razzista e che su quella ribalta è felice di vederti così come trepida quando trascini la nostra nazionale in campo.

Essere razzisti è un'etichetta che non rende giustizia alla nostra gente, che meravigliosamente rappresenti quando esprimi il tuo essere fuoriclasse della pallavolo. E' vero che in Italia ci sono persone che ancora faticano ad adeguare il proprio modo di pensare e comunicare al presente ed è indiscutibile che uno sportivo professionista, che frequenta abitualmente stadi e palazzetti, troppo spesso sia costretto a imbattersi in queste sconcezze. Così come ferisce l'immagine che diamo di non riuscire quasi mai ad andare oltre l'indignazione del momento, così da rendere episodi di razzismo dentro e intorno lo sport semplicemente l'ennesima occasione di sterile dibattito per poi voltare pagina, proseguire e ricascarci ancora.

Dunque nessuno vuole nascondere che in Italia ci sia una sacca di resistenza discriminatoria. Non solo nello sport. Ma l'Italia è il Paese che rappresenti quando indossi la maglia della nazionale e la tua capitana è una meravigliosa ragazza di colore. E tanti donne e uomini con la pelle scura di hanno onorato del loro talento. L'Italia non è un Paese razzista, perché se lo fosse in maniera così netta e senza appello da meritare l'etichetta che gli appiccichi addosso, in un momento di enorme visibilità e popolarità, non avrebbe consentito che il suo Tricolore fosse portato al cospetto del braciere olimpico da Carlton Myers nell'estate del 2000 a Sydney. E tu stessa hai sfilato con quella del CIO a Tokyo due anni fa, riempendo tutti d'orgoglio.

Quella definizione ("L'Italia è un Paese razzista") fa male e ferisce. Anche l'enorme maggioranza di questo Paese che razzista non è ma che ogni giorno si sbatte per renderlo moderno e accogliente. Ferisce i ragazzi che stanno crescendo senza quasi più badare al colore della pelle. Cancella tutti gli sforzi fatti per cancellare le sacche di resistenza. Ci espone tutti al giudizio degli altri. Crudelmente e immeritatamente, rendendo più debole anche chi si batte al tuo fianco perché ogni discriminazione sia solo un retaggio del passato. Pensaci, cara Paola Egonu. Le parole hanno un peso e possono fare male, non solo quelle che tu hai avuto modo di sentire in un palazzetto o nel corso della tua straordinaria vita.

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Giovanni Capuano