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Assad sfrutta il terremoto per fermare le sanzioni contro la Siria

La tragedia ha colpito un popolo già piegato da 12 anni di guerra civile. Il regime scarica le colpe sulle misure internazionali, ma la realtà è un'altra

Quanti siriani sono morti nel devastante terremoto del 5-6 febbraio 2023? Quattro, cinque, seimila… Oppure sono di più? Impossibile saperlo con certezza perché a secondo delle fonti che si consultano - vedi quelle governative, dei ribelli o quelle delle istituzioni internazionali - i numeri cambiano. Di certo c’è che per la martoriata Siria dove da 12 anni si combatte una guerra civile che ha provocato la morte di più 500.000 persone senza contare che secondo l’Unhcr, Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni unite: «In Siria il terremoto ha già messo in strada 5 milioni e 370 mila persone», che vanno a sommarsi a più di 6,5 milioni di profughi.

Della situazione ha parlato Ahmed Rahmo, capo progetto per l’intervento a Idlibdi di Medici Senza Frontiere: «Pochissimo sostegno internazionale. Qui i bisogni sono immensi: oltre 2 milioni di persone vivono in campi per sfollati, hanno bisogno di tutto, cibo, acqua, indumenti, coperte. E adesso bisogna fare fronte anche ad una recrudescenza dell’epidemia del colera. Sono stati aperti centri di accoglienza per ospitare un maggior numero di sfollati». Ma tutto va a rilento perché l’aiuto umanitario è oggetto di strumentalizzazioni da parte del regime e dei ribelli che controllano il Governatorato di Idlib.

L’Italia si è subito attivata e domenica scorsa sono arrivate in Siria quattro ambulanze, 13 bancali di materiale medico, di soccorso ed è previsto l’arrivo di quattro medici. Visti questi numeri del sisma il temine che più si addice alla situazione in Siria è «Apocalisse». Il dittatore siriano Bashar al-Assad, sostenuto da Russia e Iran, che ha più volte gasato il suo popolo (come fece suo padre Hafiz) per reprimere le proteste, è stato abilissimo fin dalle prime ore del disastro a sfruttare il dramma facendo chiedere alle organizzazioni legate al regime (ad esempio, all'Unione nazionale degli studenti siriani e tutti i sindacati) di «porre immediatamente fine all'assedio e alle sanzioni economiche coercitive unilaterali imposte alla Siria e al suo popolo per 12 anni».

Lo stesso hanno fatto i sostenitori storici del dittatore siriano come Rania Khalek, giornalista di testate pro-Assad e legate a Mosca, che su ha twittato: «La Siria deve affrontare questo orribile disastro mentre sotto le sanzioni statunitensi, che hanno rovinato il suo settore medico e la sua capacità di risposta, queste sanzioni sono criminali». Poi il regime ha minacciato di bloccare qualsiasi assistenza alle aree controllate dall'opposizione nel nord-ovest della Siria, con il suo ambasciatore alle Nazioni Unite, Bassam Sabbagh, insistendo sul fatto che Damasco deve supervisionare tutte le consegne nel Paese. Mentre scriviamo l’emittente panaraba di proprietà saudita al-Arabiya ha reso noto che «un primo convoglio delle Nazioni Unite composto da 11 veicoli con a bordo aiuti umanitari è arrivato nelle aree del nord-ovest della Siria poste sotto il controllo dei gruppi di opposizione, dopo aver attraversato il valico di Bab al-Salam al confine con la Turchia», ma si tratta di una goccia nell’oceano.

Le sanzioni contro la Siria

Le sanzioni alla Siria sono state comminate il 29 aprile 2011, sei settimane dopo che agenti della polizia siriana a Daraa (sud del Paese) avevano arrestato e abusato di alcuni ragazzini che con dei graffiti protestavano contro il regime dispotico e corrotto di Assad. Barack Obama, allora presidente degli Stati Uniti, ordinò il blocco delle proprietà di coloro che sono coinvolti in violazioni dei diritti umani. Un mese dopo l’Unione Europea e il Canada fecero lo stesso disponendo anche divieti di viaggio e «il congelamento dei beni per le persone e divieto di esportazione di beni e tecnologia che potrebbero essere utilizzati dalle forze armate del regime». Poi nell’agosto 2011 Washington ha esteso le sanzioni «al settore petrolifero e per vietare qualsiasi esportazione di merci dagli Stati Uniti alla Siria».

Nel 2017 gli Stati Uniti hanno inserito nella loro lista nera18 alti funzionari siriani ritenuti, come scritto dalla Reuters, «collegati al programma di armi di distruzione di massa del Paese, dopo che un'indagine internazionale ha scoperto che le forze governative siriane erano responsabili di attacchi con gas sarin e cloro contro civili». Nuovo inasprimento degli Usa il 20 dicembre 2019 con il varo del Caesar Syria Civilian Protection Act arrivata dopo la visione delle fotografie di 6.785 detenuti, la maggior parte dei quali torturati a morte nelle carceri del regime. La misura è mirata alle industrie legate alle infrastrutture, alla manutenzione militare e alla produzione di energia siriane.

Le sanzioni comprendono gli aiuti umanitari? Un falso di Assad

Ma le sanzioni statunitensi, europee ed internazionali includevano esenzioni per gli aiuti umanitari. Nel novembre 2021, dopo le segnalazioni delle Ong, ad esempio The Carter Center che nel suo Navigating Humanitarian Exceptions to Sanctions Against Syria Challenges and Recommendations parlava degli ostacoli alle loro operazioni, il Tesoro degli Stati Uniti ha corretto il tiro «per facilitare attività umanitarie legittime continuando a negare il sostegno ad attori malintenzionati». Poi quando l'Unione europea ha esteso le sue misure nel maggio 2022 ha ribadito che «l'esportazione di alimenti, medicinali o attrezzature mediche non è soggetta a sanzioni dell'Ue e sono previste una serie di eccezioni specifiche per scopi umanitari».

Qui occorre ricordare che gli aiuti sono stati consegnati a Damasco durante la rivolta nonostante la repressione in corso, ma gran parte di essi è finita nelle tasche del regime di Assad e del suo ristretto giro. Un esempio? Un controllo su 779 appalti delle Nazioni Unite per il periodo 2019-2020 ha rilevato che, con la manipolazione dei tassi di cambio, il regime siriano ha dirottato 100 milioni di dollari nelle tasche di Assad e sodali mentre altri soldi sono stati distratti da Ong operanti nelle aree controllate dal regime. Human Rights Watch e il Syrian Legal Development Program hanno riassunto che il caso Siria ha mostrato come «le agenzie delle Nazioni Unite fossero esposte a un rischio reale e reputazionale significativo di finanziare attori abusivi e/o attori che operano in settori ad alto rischio senza garanzie sufficienti».

Nonostante queste premesse, l'Unione europea ha accolto la richiesta del regime di assistenza nell'ambito del meccanismo di protezione civile dell'Ue. Così 3,5 milioni di euro « sono stati stanziato per l'accesso a rifugi, acqua e servizi igienico-sanitari e vari articoli sanitari nonché per il supporto delle operazioni di ricerca e soccorso». La Germania ha seguito con l'annuncio di uno stanziamento pari a 26 milioni di euro in assistenza umanitaria e il Regno Unito con 3 milioni di sterline.

Poi lo scorso 9 febbraio l'Office of Foreign Assets Control del Tesoro americano ha rilasciato la Syria General License 23, che autorizza per 180 giorni tutte le transazioni relative ai soccorsi in caso di terremoto che sarebbero altrimenti vietate dal Syrian Sanctions Regulations e tutto questo «per chiarire che le sanzioni statunitensi in Siria non ostacoleranno gli sforzi per salvare la vita del popolo siriano». Intanto, mentre ogni ora il bilancio delle vittime sale, sia il regime siriano che nelle aree controllate dall'opposizione della Siria, lucrano sul dramma della popolazione al punto che il ministro degli Esteri del regime siriano, Feisal Mikdad, incontrando giovedì un alto funzionario delle Nazioni Unite, ha affermato senza apparente ironia: «La politicizzazione occidentale dell'assistenza umanitaria è inaccettabile». Da che pulpito.

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Stefano Piazza