Russia vs Ucraina
(Ansa)
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Russia vs Ucraina: attaccare o difendersi?

Attaccare o difendersi, dove e come, con quali costi e con quali conseguenze. Questo è il dilemma operativo che accomuna Russia e Ucraina in questa fase della guerra

In un’intervista pubblicata due giorni fa su Foreign Affairs, autorevole rivista statunitense dedicata alle relazioni internazionali, il generale Mark Milley, Capo dello stato maggiore congiunto degli Stati Uniti ha fornito una visione aggiornata della situazione militare in Ucraina nel contesto più ampio dell’analisi della politica estera di Washington negli attuali scenari di confronto geopolitici.

Non è la prima volta che Milley si esprime sulla guerra e ogni volta che è intervenuto, sempre in occasioni pubbliche, ha costantemente messo in guardia i propri ascoltatori sulle aspettative di vittoria non tanto da parte delle forze di Mosca ma, cosa abbastanza sorprendente, anche di Kiev. Anche in quest’ultimo caso non ha fatto eccezioni poiché ha ribadito la convinzione che, almeno nell’anno in corso, le probabilità di conseguire i rispettivi obiettivi strategici da parte dei due belligeranti sono molto scarse se non nulle. E tutto ciò al netto di tutto il supporto, di pianificazione, di addestramento e di hardware fornito alle forze armate ucraine che, secondo Milley, sarebbero in grado di intraprendere sia operazioni offensive che difensive, ma nel primo caso con esiti incerti: dal successo completo al fallimento. Per i russi, la situazione sarebbe speculare e opposta. Anche loro possono scegliere se attaccare o difendersi avendo riportato il livello delle forze impiegate al fronte a circa 200.000 unità, ma anche per loro neutralizzare e vincere le difese dell’avversario costituirebbe una grande sfida.

Attaccare o difendersi, dove e come, con quali costi e con quali conseguenze. Questo è il dilemma operativo che accomuna Russia e Ucraina in questa fase della guerra. Abbiamo più volte sottolineato, anche da queste pagine, come la lunga pausa operativa invernale (e oramai primaverile) sia servita per ridefinire dall’una e dall’altra parte, il disegno operativo per il prosieguo del conflitto e ricostituire le unità perse durante un anno di guerra. Abbiamo anche evidenziato come il settore di Bakhmut abbia impegnato risorse cospicue di attaccanti e difensori superando il limite della comprensione umana, e di come gli aiuti occidentali da una parte e la mobilitazione delle risorse nazionali dall’altra stentino a mettere in campo una “massa critica” capace di assicurare risultati decisivi in qualunque parte del fronte. E più passa il tempo, più soddisfare quest’ultimo requisito diventa difficile poiché il rafforzamento reciproco delle difese rende vana ogni prospettiva di una guerra di manovra.

Nei settori ritenuti decisivi e maggiormente esposti all’iniziativa dell’avversario, almeno in termini d’impiego di forze meccanizzate e corazzate, i russi hanno completato la realizzazione della terza linea di apprestamenti difensivi seguendo i criteri dottrinali dell’Armata Rossa, già in voga durante la Guerra fredda e ampiamente studiati dalla mia generazione di militari. Tre livelli in grado di “assorbire” ed esaurire le puntate offensive di forze ben organizzate, figuriamoci di quelle con poco addestramento. Anche gli ucraini si sono organizzati secondo gli stessi principi (vengono dalla stessa scuola) e in Donbass, oltre Bakhmut, attendono i russi dietro un altrettanto articolato sistema di linee difensive interconnesse che le neo costituite unità russe devono superare.

Per intenderci, si tratta dello stesso tipo di organizzazione difensiva di origine sovietica realizzata da Saddam Hussein al confine con l’Arabia Saudita a seguito dell’invasione del Kuwait (la cosiddetta “Linea di Saddam”). All’inizio della prima Guerra del Golfo molti analisti ne avevano descritto le caratteristiche indicandola come il maggior ostacolo per un eventuale intervento proprio per gli elevati costi umani che avrebbe inflitto all’attaccante. Gli americani la superarono agevolmente perché i difensori si arresero in massa a seguito delle prime azioni di fuoco mirate al suo superamento. Nel caso ucraino attaccanti e difensori hanno caratteristiche assolutamente differenti, e difficilmente dovremmo assistere ad una analoga disfatta e i costi, soprattutto in termini di vite umane, saranno elevatissimi. In ogni caso, nel contesto appena delineato, e se le difese reggeranno, difficilmente si potrà affidare a colpi di mano e sabotaggi (anche eclatanti) il conseguimento degli obiettivi che ci si ostina a non ridimensionare.

Dal punto di vista militare, l’intervista di Milley non aggiunge nulla di significativo al quadro di situazione che avevamo già da tempo delineato e che la recente pubblicazione di dati classificati da Washington ha ulteriormente confermato. Nelle prossime settimane vedremo chi, dove e in quale modo assumerà l’iniziativa. Lo stallo continua poiché le possibilità di successo e/o di sconfitta si equivalgono, paradossalmente, per le due parti in campo. Ma il successo, se verrà, non sarà sinonimo di vittoria. Non per quest’anno, come dice Milley, ma forse neanche nel prossimo futuro.

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Maurizio Boni