Prigozhin
(Ansa)
Dal Mondo

Dietro la rabbia sul volto di Prigozhin ci sono fallimento e paura

L'analisi della nostra profiler del discorso con cui il leader del Gruppo Wagner attacca il Cremlino e annuncia la ritirata da Bakhmut

Come un fulmine a ciel sereno è arrivato l’annuncio da parte del fondatore dell’organizzazione paramilitare di Mosca Yevgeny Prigozhin del ritiro del gruppo Wagner da Bakhmut. Nelle precedenti settimane aveva invitato Mosca a porre «coraggiosamentefine alla guerra» attraverso qualche operazione militare «avendo ormai raggiunto i propri obiettivi». Sorprendente quindi l’annuncio del ritiro delle truppe di mercenari da Bakhmut entro il 10 maggio 2023 anche se tempo Prigozhin accusa i vertici militari di non aver fornito sufficienti mezzi militari per la guerra in Ucraina. Ma cosa c’è dietro alle sue parole?

Nel video notturno si rileverebbe in Prigozhin un uomo non interessato alla perdita di vite umane, come dichiarato verbalmente, ma avvinto nel tentativo di salvarsi. I soldati morti rappresenterebbero per lui la sconfitta che gli starebbe costando la vita. L’utilizzo dell’indice come puntatore, così come lo sporgersi in avanti con il busto accentuando il contenuto verbale collerico, sarebbero una messinscena finalizzata a trovare una via d’uscita relativamente alla propria situazione personale, un tentativo di mostrarsi minaccioso e intimidatorio. Si evidenzierebbe a tal proposito come, le microespressioni di rabbia, siano inizialmente più presenti e accese, ma come esse vadano man mano a scemare lasciando sempre più spazio al terrore di Prigozhin rispetto alla sua sicurezza. Le microespressioni di disprezzo rilevate ogni qualvolta fa riferimento ai cadaveri mostrerebbero non solo come questi non abbiano per lui il minimo peso, ma come abbiano l’unica funzione di rappresentargli il proprio fallimento sul campo, la cui conseguenza potrebbe essere rappresentata dalla perdita della propria vita. Prigozhin sarebbe una persona da sempre concentrata sull’acquisizione di potere e status e il cui sviluppo personale sarebbe stato caratterizzato da un’equiparazione tra beni materiali e relazioni interpersonali. Per mezzo dell’alienazione emotiva, il processo di identificazione, inteso come quel processo psichico mediante cui il soggetto acquista una qualità, un tratto, una funzione appartenente a un’altra persona rendendoli propri e fornendo degli elementi su cui si costruire la propria identità personale, avrebbe fatto sì che Prigozhin si identificasse solo con ciò che possedeva. Avrebbe così sviluppato una mente transazionale, ossia un modello basato sulla misura in termini di valore per sé stesso, senza considerare l’impatto delle proprie azioni sugli altri. Questa eccessiva focalizzazione gli avrebbe creato un senso di vanità e di presunzione facendogli sviluppare l’illusione di essere completamente indipendente e autosufficiente. La conseguenza sarebbe stata quella della perdita del contatto con la realtà, ignorando l’interconnessione e l’interdipendenza con le altre persone. Tali elementi sono quelli che gli avrebbero consentito di strumentalizzare le spoglie per i propri fini.

La capacità di rapportarsi agli altri sarebbe solo di natura superficiale e Prigozhin mostrerebbe assenza di sentimenti, di controllo e di senso etico. Ciò è quanto gli consentirebbe di agire crudelmente, violentemente e aggressivamente, rimanendo emotivamente freddo nel rifiuto delle norme sociali.

La seconda parte del video sarebbe presumibilmente girata successivamente e mostrerebbe come sia presente una difficoltà nel portare avanti la messinscena, come evidenziato dalla netta diminuzione delle espressioni di rabbia che lascerebbero il posto a microespressioni di natura meramente egoistica. Si consideri infatti che sarebbe presente uno spregio per la verità e per l’incolumità altrui. Ciò andrebbe ad indicare come il sentimento prevalente, di cui si sarebbe caricato nel corso della registrazione, sia l’angoscia per il rischio di perdita della propria vita. Prigozhin, a differenza di Putin, non sarebbe formato al controllo per cui emergerebbe con chiarezza come sia sempre più affaticato nel mostrarsi minaccioso in quanto, in realtà, non sarebbe più in grado di controllare il proprio terrore. Verrebbe inoltre a mancargli la possibilità di scarico della frustrazione per mezzo dell’agire condotte crudeli e violente nei confronti di quanto da egli considerato nemico, portandolo così a una totale perdita di controllo. Mancando il controllo si evidenzierebbe come comparirebbero sempre più espressioni che potrebbero essere ascrivibili al quadro di natura psicotica precedentemente descritto.

Il senso di fallimento avrebbe prodotto in Prigozhin quella che viene definita ferita narcisistica, ossia una forte umiliazione che farebbe sentire il soggetto che la sperimenta impotente e vulnerabile. La ferita narcisistica produrrebbe nel soggetto un senso di depressione e un’emozione di rabbia verso l’altro che farebbe vivere il prossimo con modalità svalutanti e persecutorie. Questi elementi farebbero sì che un presunto nemico venisse identificato come il bersaglio per una rivendicazione o una rivincita personale consentendogli così di scaricare gli impulsi aggressivi accresciuti dalla frustrazione. Nel caso in cui si verificasse il passaggio all’azione, l’azione violenta assolverebbe il compito di riscattarlo dal senso di umiliazione provato. Il condurre un’azione violenta di grande portata potrebbe perciò rappresentare una vera e propria missione in cui l’onnipotenza, l’aggressività e il senso di grandiosità patologici si canalizzerebbero trovando significato. L’efferatezza sarebbe inoltre resa possibile dal fatto che l’altro sarebbe percepito come oggetto di gratificazione per mezzo della messa in atto delle proprie fantasie di natura aggressiva. Queste modalità psichiche delineerebbero quindi Prigozhin come un soggetto in grado di portare a termine con successo le proprie imprese criminali.

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Cristina Brasi