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(Ansa)
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Riabilitazione internazionale. La grande opportunità ora nelle mani di Israele

Criticata ed isolata per la guerra a Gaza oggi, da attaccata, può con le sue scelte future verso l'Iran riconquistare terreno sullo scacchiere internazionale

Israele, insieme agli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia, ha respinto con successo l'operazione aerea iraniana della scorsa notte. Anche la Giordania ha abbattuto i droni e i missili iraniani che sono entrati nel suo spazio aereo. Come scriveYedioth Ahronoth questo evento ha offerto a Israele l'opportunità di riaffermare la propria legittimità politica e internazionale, che era stata messa più volte in discussione in passato.

L'attacco iraniano ha messo alla prova il piano difensivo dell'IDF, sviluppato su una base di intelligence accurata, l'abilità dei piloti dell'aeronautica militare e l'efficacia dei sistemi di difesa attiva. Dei 331 missili e droni lanciati dall'Iran contro Israele 185 dei 185 droni kamikaze sono abbattuti, 103 missili balistici su 110 sono stati abbattuti e 36 missili Cruise su 36 sono stati distrutti. L'Iran ha utilizzato due approcci: in primo luogo, ha attaccato le basi aeree a Nebatim e altre infrastrutture, e in secondo luogo, ha provato ad utilizzare la tattica di "saturazione", ovvero ha provato a sovraccaricare e a paralizzare i sistemi difensivi israeliani con un alto volume di missili e droni. Nonostante tutti questi sforzi, l'approccio iraniano basato sulla quantità non ha avuto alcun successo. L'attacco iraniano ha visto il lancio di circa 36 missili da crociera. A titolo comparativo, l'attacco iraniano agli impianti petroliferi in Arabia Saudita nel 2019 aveva coinvolto 17 droni e quattro missili da crociera, che erano riusciti a evitare l'intercettazione.

Questo insuccesso dell’Iran non solo ha confermato l'efficacia dell'intelligence e la superiorità aerea di Israele, ma avrà conseguenze politiche rilevanti perché ha offerto all'Occidente l'opportunità di correggere il suo percorso e ad Israele di ristabilire la propria legittimità, superando l'isolamento politico derivante dalla crisi umanitaria nella Striscia di Gaza. Ora, la principale questione in sospeso riguarda la natura e la tempistica della risposta di Israele.

Evidente che non ci sarà una risposta militare immediata israeliana e il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Yov Galant e il ministro Benny Gantz, incaricati dal Consiglio dei ministri di formulare una risposta, stanno riflettendo sui rischi e sulle opportunità che si presentano nell’attuale situazione. Prima di tutto occorre scoraggiare ulteriori azioni da parte dell'Iran; I mullah hanno compiuto un passo senza precedenti attaccando Israele con l'intento di infliggere danni significativi e minare la sicurezza dei suoi cittadini. Una mancata risposta decisa potrebbe essere interpretata come una debolezza non solo dagli ayatollah e dai loro alleati dell'"Asse della Resistenza", ma anche da altri paesi della regione che stanno considerando la normalizzazione delle loro relazioni con Israele. Tuttavia, bisogna tenere conto delle chiara richiesta da parte degli Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania e Canada, che vogliono che Israele eviti una risposta sproporzionata che potrebbe destabilizzare la regione. È molto probabile che Israele accoglierà la richiesta dei suoi alleati e in modo da focalizzarsi nuovamente sui conflitti attuali a Gaza e nel nord, posticipando l'approccio strategico verso l'Iran per un momento più opportuno anche se non si fermeranno le operazioni mirate nel caso si presentasse l’opportunità di colpire depositi di armi, postazioni di lancio di missili oppure altri target di interesse. In tal senso stamani ci sono stati nuove operazioni aeree contri gli Hezbollah nel nord del Libano.

La decisione su come rispondere richiede grande attenzione e una pianificazione meticolosa e il desiderio di vendetta (comprensibile), non deve far perdere di vista l’obbiettivo principale di Israele che resta il mantenimento della sua legittimità internazionale e l'importanza di stabilire un nuovo dialogo con l'Occidente. Mentre la deterrenza può essere temporanea, l'alleanza con l'Occidente e l'architettura difensiva regionale rappresentano investimenti strategici a lungo termine e si tratta di un patrimonio che va preservato. Pertanto, rispondere alle richieste degli Stati Uniti oggi è la scelta più saggia e non è certo un caso che stamattina che il ministro della Difesa americano, Lloyd Austin e il segretario di Stato, Antony Blinken hanno affermato che «gli Stati Uniti non esiteranno a proteggere le proprie forze e a sostenere Israele».

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Stefano Piazza