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(Ansa)
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Per la Corte Suprema del Michigan, Trump è candidabile (alle primarie)

Per i supremi giudici dello Stato, l'ex presidente può correre per le locali primarie repubblicane. Reste però in sospeso la sua candidabilità in sede di General Election

Vittoria legale per Donald Trump. La Corte Suprema del Michigan ha rifiutato di cassare una sentenza di grado inferiore che riconosceva all’ex presidente il diritto di concorrere alle primarie presidenziali repubblicane di questo Stato. In particolare, la corte d’appello aveva stabilito che le autorità statali non dispongono dell’autorità per vietare una candidatura alle elezioni primarie: i giudici di appello avevano infatti sostenuto che “le azioni del segretario di Stato [del Michigan] sono meramente amministrative”. “Prima che la potenziale squalifica di Trump dalla carica di presidente possa diventare una preoccupazione rilevante, sarebbe necessario che Trump prevalesse nel processo delle primarie. Questo processo deve ancora iniziare, e se Trump prevarrà nelle primarie o diventerà il candidato repubblicano alla presidenza sono al momento questioni puramente ipotetiche”, recitava ancora la sentenza. A novembre, la Corte Suprema del Minnesota aveva raggiunto una conclusione similare, sostenendo che Trump risulta candidabile alle primarie, pur lasciando aperta la possibilità a ulteriori sfide legali in sede di General Election.

Ora, è chiaro che queste due sentenze non mettono del tutto al riparo l’ex presidente dall’interdizione. Tuttavia esse si discostano significativamente dalla controversa sentenza della Corte Suprema del Colorado che, con una maggioranza di quattro a tre, aveva recentemente impedito a Trump di concorrere alle primarie repubblicane statali: una decisione congelata fino al 4 gennaio, in attesa che la Corte Suprema degli Stati Uniti decida di esprimersi sulla questione. In particolare, la sentenza del Colorado aveva decretato l’interdizione dell’ex presidente, sostenendo che quest’ultimo si sarebbe macchiato di attività sediziosa il 6 gennaio del 2021 in occasione dell'irruzione in Campidoglio. La maggioranza dei togati aveva quindi fatto scattare la clausola del Quattordicesimo emendamento che vieta di assumere incarichi pubblici a coloro che abbiano condotto attività sovversive. Il problema è che quella sentenza è stata emessa senza che prima Trump sia stato non solo condannato ma addirittura accusato di uno dei due reati che, nel codice americano, identificano il golpismo insurrezionale: “insurrezione” e “seditious conspiracy”. Dall’altra parte, come abbiamo visto, la Corte Suprema del Michigan e quella del Minnesota non sono entrate nel merito se l’ex presidente sia o meno colpevole di attività insurrezionali.

Ciononostante la buona notizia per Trump è duplice. Innanzitutto non sembra essersi verificato quell’effetto domino che avrebbe potuto innescarsi a seguito della sentenza del Colorado. In secondo luogo, la Corte Suprema degli Stati Uniti potrebbe avvalersi delle due decisioni del Michigan e del Minnesota per ribaltare il pronunciamento del Colorado stesso. Bisognerà semmai capire se i supremi giudici si esprimeranno sulla candidabilità di Trump in via definitiva o soltanto in sede di primarie. Le incognite all’orizzonte restano quindi numerose. Ma quella del Michigan, almeno al momento, per l’ex presidente è una buona notizia.

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Stefano Graziosi