Mike Pompeo
(Ansa)
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Mike Pompeo punta in alto

L'ex segretario di Stato ha tutta l'intenzione di candidarsi alle primarie repubblicane del 2024. Alla fine potrebbe anche spuntarla, ma gli ostacoli non sono pochi.

Tra le figure che stanno scaldando i motori in vista delle primarie repubblicane del 2024 si scorge quella di Mike Pompeo. Che l'ex segretario di Stato nutra delle ambizioni presidenziali è noto da più di un anno. Inoltre, negli ultimi mesi, le speculazioni su un suo interesse per la nomination sono aumentate a seguito di alcuni significativi segnali.

Da quando ha lasciato il suo incarico a Foggy Bottom lo scorso gennaio, Pompeo ha effettuato un viaggio in Iowa e tenuto un intervento in videoconferenza in New Hampshire: gli Stati, cioè, da cui tradizionalmente prendono avvio le primarie statunitensi. In tutto questo, il diretto interessato ha pronunciato un discorso all'ultima Conservative Political Action Conference: evento a cui hanno preso parte anche altri probabili candidati alla nomination repubblicana del 2024. Non solo: ad aprile l'ex segretario di Stato è altresì diventato contributor di Fox News. Un fattore significativo: nonostante si tratti di un volto già noto al grande pubblico in forza del suo incarico ai vertici della diplomazia statunitense, presidiare –per così dire– l'universo mediatico può rivelarsi comunque un fattore di forte utilità nel caso di una eventuale discesa in campo. Una discesa in campo che, come recentemente notato anche da The Hill, tutti questi segnali rendono abbastanza probabile. Tra l'altro, il diretto interessato ha anche rilasciato dichiarazioni molto dure dopo il primo discorso di Joe Biden alle camere riunite. "Finora, il presidente Biden ha delineato con successo un'agenda socialista radicale per i prossimi 4 anni. Questo dovrebbe disturbare ogni americano amante della libertà", ha twittato in quell'occasione.

D'altronde, Pompeo ha svariate frecce al proprio arco. Può rivendicare innanzitutto la prestigiosa esperienza come segretario di Stato e ha, in secondo luogo, le carte in regola per presentarsi come erede di Donald Trump. Il suo rapporto personale con l'ex presidente è infatti stato abbastanza solido, nonostante i due nutrano idee non completamente sovrapponibili in materia di politica estera: tendenzialmente realista Trump, più falco interventista Pompeo. Delle differenze (ai limiti della divergenza) che sono tuttavia state sovente appianate da una relazione personale particolarmente cordiali e amichevole. Senza poi dimenticare che, all'interno della precedente amministrazione, l'allora segretario di Stato si sia rivelato uno degli alleati più decisi dello stesso Trump. Un'eventuale candidatura di Pompeo punterebbe quindi prevedibilmente soprattutto sui temi di politica estera, tenendo ben presente che costui si sia contraddistinto specialmente per due caratteristiche: la strenua difesa di Israele e una altrettanto strenua ostilità nei confronti della Cina. Un ulteriore elemento a suo favore risiederebbe probabilmente nel forte sostegno da parte del mondo evangelico e, almeno in parte, di quello cattolico. Ricordiamo, da questo punto di vista, che –durante il suo mandato a Foggy Bottom– Pompeo abbia assai spesso sottolineato il principio della difesa della libertà religiosa.

La strada per l'ex segretario di Stato non sarebbe comunque automaticamente in discesa. In primis, resta per ora sul tavolo l'incognita di una eventuale ricandidatura di Trump: un'ipotesi che, se si concretizzasse, manderebbe probabilmente in frantumi le ambizioni di Pompeo (il quale potrebbe tuttavia magari sempre sperare in un posto da candidato vicepresidente). In secondo luogo, è plausibile che, nel 2024, si registrerà un alto numero di candidati, molti dei quali cercheranno anch'essi di intestarsi l'eredità dell'ex presidente repubblicano (in particolare il governatore della Florida, Ron DeSantis, e la governatrice del South Dakota, Kristi Noem): uno scenario che renderà probabilmente la vita difficile all'ex segretario di Stato. In terzo luogo, va ricordato che Pompeo sia finito nel mezzo di una fastidiosa controversia, essendo stato accusato di aver usato i dipendenti del Dipartimento di Stato per mansioni personali: non si tratta di uno scandalo gravissimo, è vero. Ma, si sa, in campagna elettorale elementi di questo tipo tendenzialmente vengono utilizzati per azzoppare i candidati in campo. Infine, un dato storico: l'ultimo ex segretario di Stato a diventare presidente fu James Buchanan nel 1856, mentre il tentativo di Hillary Clinton nel 2016 si risolse in un insuccesso. Tempo ce n'è, è vero. Ma, se realmente vuole scendere in campo, Pompeo deve affrettarsi a elaborare un messaggio elettorale chiaro e convincente: un messaggio che non si limiti alle questioni di politica estera e che possa rivelarsi attrattivo per quote elettorali trasversali.

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Stefano Graziosi