La Libia è sull'orlo di una nuova guerra civile
Tripoli, agosto 2022 (Getty Images)
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La Libia è sull'orlo di una nuova guerra civile

Violenti scontri a Tripoli. La tensione è alle stelle. E per l'Italia si delinea all'orizzonte uno scenario da incubo.

La Libia è nuovamente sull’orlo della guerra civile. Sono morte almeno 23 persone negli scontri che, a Tripoli, hanno visto fronteggiarsi fazioni politiche rivali. A renderlo noto è stato il ministero della Salute libico, secondo cui si registrerebbero 140 feriti. Tutto questo, mentre gli ospedali sarebbero stati bombardati in quelli che sono stati definiti dei “crimini di guerra”. Le tensioni nella capitale non sono nuove: scontri si erano infatti verificati anche di recente. Quanto accaduto nelle scorse ore risulta tuttavia l’episodio più grave verificatosi nell’arco degli ultimi due anni: un fattore, questo, che rafforza il rischio di una nuova guerra civile.

D’altronde, è stato Fathi Bashagha a dichiarare che questi scontri sono avvenuti nell’ambito di un’operazione militare, denominata “Grande pesca”, volta a colpire il rivale Abdel Hamid Dbeibah. Sono mesi che si registrano tensioni tra i due premier: Bashagha è sostenuto dalla Camera dei rappresentanti e può contare sulle simpatie della Russia; Dbeibah, a sua volta, è riconosciuto dalle Nazioni Unite e gode di storici legami con la Turchia. A far precipitare la situazione potrebbe essere stato il recente (e inedito) accordo, stretto tra lo stesso Dbeibah e il generale Khalifa Haftar, che – storicamente spalleggiato dal Cremlino (e un tempo anche dalla Francia)– aveva in passato dato il proprio endorsement a Bashagha: un’intesa rispetto a cui probabilmente lo stesso Bashagha si è quindi sentito politicamente tagliato fuori. In tutto questo, secondo Libya Observer, gli scontri sono esplosi dopo una serie di negoziati che sarebbero stati “annullati bruscamente all’ultimo minuto” proprio da Bashagha, il quale è stato in tal senso accusato da Dbeibah di “tradimento”. L'ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, Richard Norland, ha frattanto condannato le violenze, invocando un cessate il fuoco.

Va da sé che un’eventuale guerra civile rischierebbe di determinare degli effetti disastrosi. E non soltanto dal punto di vista umanitario. Per l’Italia, si tratterebbe di uno scenario da incubo, che la esporrebbe prevedibilmente a ulteriori ondate migratorie, mentre si allontanerebbe ancora di più la possibilità di incrementare le importazioni di gas libico. Non è un caso che, nella relazione del 19 agosto scorso, il Copasir avesse evidenziato l’urgenza del dossier libico per il governo italiano. “Il teatro libico, di prioritario interesse strategico, richiede un forte impegno del nostro Paese”, sosteneva la relazione del comitato presieduto dal senatore di Fratelli d’Italia Adolfo Urso, evidenziando – oltre all’instabilità interna – anche il preoccupante peso della Russia nella parte orientale del Paese: peso che Mosca riesce a mantenere soprattutto attraverso i temibili mercenari del Wagner Group.

Non dimentichiamo, sotto questo punto di vista, che il Cremlino potrebbe usare i flussi migratori come strumento di pressione politica nei confronti dell’Unione europea (e in primis dell’Italia). Inoltre, Vladimir Putin utilizza l’Est della Libia anche come trampolino di lancio per irradiare la propria influenza sul Sahel: un’altra area strategica per il nostro Paese. Davanti a queste serie minacce, l’Italia non deve farsi trovare impreparata. Dovrebbe, anzi, chiedere urgentemente alla Casa Bianca un rafforzamento del fianco meridionale dell’Alleanza atlantica.

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Stefano Graziosi