I terroristi islamici dichiarano guerra alla Cina, che vuole espandersi in Africa
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I terroristi islamici dichiarano guerra alla Cina, che vuole espandersi in Africa

Forniture di armi, finanziamenti, interessi politico-economici. Pechino sta facendo acquisti in Africa ma ha un nemico

Lo scorso 18 marzo 2022 , il governo della repubblica popolare cinese ha consegnato al governo della Somalia una serie di equipaggiamenti militari «per aiutare a rafforzare la campagna militare e di sicurezza del governo contro gli al-Shabaab, affiliati ad al-Qaeda». Nel container arrivato nel porto di Mogadiscio che era atteso dall'ambasciatore cinese in Somalia Fei Shengchao e dal ministro della difesa somalo Abdikadir Mohamed Nur Jama c’erano veicoli militari, inclusi veicoli corazzati per il trasporto di personale, camion dell'acqua, rilevatori di mine, ambulanze e molto altro materiale militare. A proposito della generosità cinese: il generale somalo Odowa Yusuf Rage ha annunciato che la Cina fornirà ulteriori aiuti militari e che un'altra spedizione è in arrivo.

Gli al-Shabaab non appena si è diffusa la notizia hanno condannato il pacchetto di assistenza militare cinese con una durissima dichiarazione diffusa dall'agenzia di stampa ufficiale del gruppo denominata Shahada News nella quale si sono scagliati contro Pechino dichiarando la Cina «un nemico per il suo genocidio contro i musulmani uiguri del Turkistan orientale». Poi citando un recente commento fatto su Twitter dal generale statunitense a quattro stelle Stephen Townsend comandante dello United States Africa Command, meglio conosciuto come AFRICOM, gli al-Shabaab hanno accusato la Cina di cercare «di voler stabilire più basi militari e di cercare di espandere la propria impronta di sicurezza in Africa». Inoltre sempre nella dichiarazione hanno affermato che Pechino sta lavorando «per aumentare la sua influenza politico-economica sul continente attraverso la Belt and Road Initiative e ottenere l'accesso alle risorse naturali».

Il carico di armi cinesi è arrivato pochi giorni dopo che l’11 marzo scoro, il gruppo terroristico somalo aveva attaccato e di seguito rivendicato,il cantiere di un autostrada in costruzione che sta per essere completata a Majengo, nella contea di Lamu, in Kenya. Nell’attacco sono morte cinque persone, tra le quali un cittadino cinese, oltre a numerosi feriti. Non è certo la prima volta che gli al-Shabaab ostili alla Cina fin dal lontano 2013 attaccano gli interessi del Dragone in Africa. Il 23 gennaio 2022 un commando di guerriglieri somali erano entrati in un cantiere nella zona di Omolo-Bodhei sull'autostrada Lamu-Garissa (Kenya) della China Communications Construction Company in Kenya dando alle fiamme i camion dell’azienda e facendosi largo con una serie di esplosioni. Un chiaro segnale di come gli al-Shabaab sia in Somalia che in Kenya mal tollerano la presenza cinese che però continua ad espandersi in tutta l’Africa: Continente ritenuto centrale gigantesco progetto infrastrutturale di Pechino denominato Belt & Road Initiative meglio conosciuto come la Nuova Via della Seta con il quale i cinesi stanno costruendo porti, strade, autostrade, ospedali e altre infrastrutture in diversi Paesi africani che sono finiti per questo nella “trappola del debito cinese”.

A tal proposito nel 2020 sono crollati i prestiti delle banche cinesi per finanziare la “Belt and Road Initiative” in Africa, tutta colpa dell’alto debito del Continente Nero e delle pressanti richieste di ristrutturazione pervenute da molti Paesi africani. Così le banche cinesi, hanno tagliato i prestiti ad Angola, Camerun, Gibuti, Etiopia e Repubblica del Congo. I principali mutuatari sono stati Ghana, Sud Africa, Egitto, Costa d’Avorio e Nigeria. Clamoroso il caso dello Zambia, su cui grava un debito di 6,6 miliardi verso la Cina, il doppio rispetto alle stime ufficiali di due anni fa. Per tornare al terrorismo, gli al-Shabaab non sono certo i soli a minacciare gli investimenti cinesi in Africa oltre alla stabilità dell’intero continente perché è lo Stato islamico a dominare la scena dell’islamismo africano nel Mali, Nigeria, Burkina Faso, Niger, Ciad e Somalia ma anche nell'area centrale e in quella equatoriale, come nella martoriata Repubblica Democratica del Congo e nel Mozambico.

Secondo Matteo Giusti giornalista e africanista «lo Stato islamico decise di puntare sull’Africa dopo una serie di batoste in Medio Oriente e ha visto nel Continente africano una grande opportunità, dato il numero di musulmani presenti che cercano di fare breccia nelle aree più povere e nelle classi più disagiate. Per farlo utilizza alcuni predicatori che sul territorio fanno proselitismo e finanzia e organizza sia dal punto logistico che mediatico gruppi già esistenti ma mal organizzati e mal diretti. Un successo quello dello Stato islamico che è arrivato in maniera ampia e che inizialmente sorprese tutti». «l’ISIS ha puntato prima di tutto sul tumultuoso Sahel - scalzando Al Qaeda che da anni agiva nella regione» -continua Giusti- «Qui ha creato lo Stato islamico del Grande Sahara che agisce in Mali, Niger, Burkina Faso. Poi ha preso il controllo della decadente Boko Haram che da anni terrorizza il nord della Nigeria creando l’ISWAP (Stato Islamico dell’Africa Occidentale) che agisce in Nigeria, Ciad e Camerun. La mano dell’ISIS è poi calata in Africa centrale con l’affiliazione degli ugandesi delle Forze Democratiche Alleate (ADF) che agiscono in Congo e anche nella Repubblica centroafricana. In Somalia dove i potenti al-Shabaab restano fedeli ad al-Qaeda hanno tentato di formare un gruppo con alcuni fuoriusciti ma con scarsi risultati. Molto meglio in Mozambico dove ora controllano la regione petrolifera di Cabo Delgado con il gruppo Ansar al-Sunna che ora minaccia anche il Sud Africa. Anche l’ISIS minaccia gli interessi economici della Cina, ad esempio nella Repubblica Democratica del Congo dove i cinesi hanno acquistato numerose miniere di coltan, ma non solo come ci conferma Matteo Giusti: «L’ISIS fa lo stesso in Tanzania e anche in Kenya. La Cina ha investito molto sulla costa dell’Oceano Indiano e questi Paesi sono fondamentali per la Belt and Road Initiative. Inoltre va ricordato il fatto che i membri di Ansar al Sunna” che colpiscono in Mozambico sono in buona parte tanzaniani e hanno le loro basi in Tanzania dove possono colpire facilmente le infrastrutture cinesi. Il fondatore di questo gruppo era un clerico kenyiota con profondi legami nel Paese senza dimenticare che le stesse ADF possono colpire il Kenya con molta facilità».

Ora il costante aumento degli attacchi degli al-Shabaab somali e quelli dello Stato islamico contro gli interessi cinesi lascia presagire ulteriori problemi per il continente africano che di tutto ha bisogno tranne che di una guerra tra gruppi terroristici islamici e la Cina.

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Stefano Piazza