L'Isis rialza la testa e colpisce dove arriveranno i soldati italiani
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L'Isis rialza la testa e colpisce dove arriveranno i soldati italiani

I terroristi islamici hanno attaccato un prigione facebdo fuggire diversi uomini del califfato, ora pronti a colpire in Iraq e in Siria nell'area dove arriveranno i nostri militari

Si complica ogni giorno che passa la situazione in Siria e in Iraq a pochi mesi da quando sarà l’Italia a guidare il rinnovato impegno della Nato in Iraq che inizierà come noto nella prossima primavera. Questa notte l’ISIS ha attaccato la prigione di Ghwayran ad Al-Hasaka (Nord-Est della Siria) che è una delle più grandi strutture carcerarie destinate ai terroristi dello Stato islamico. A tal proposito è bene ricordare che nelle carceri siro-irachene sono detenuti più di 20mila miliziani dell’ISIS che non aspettano altro che fuggire. L’attacco di questa notte, spettacolare e pianificato nei dettagli, è iniziato con un’autobomba che è esplosa davanti alla prigione, poi gli uomini dell’ISIS hanno iniziato a sparare all’impazzata uccidendo, un fatto che ha permesso la fuga di molti detenuti tra i quali ci sarebbero alcuni comandanti di primo piano dell’organizzazione terroristica. In una nota le Forze democratiche siriane, l’alleanza di milizie che è diretta ai curdi, fanno sapere che si è trattato di ‹‹una nuova insurrezione avvenuta grazie a cellule dormienti dell’ISIS che si sono infiltrate dai quartieri circostanti e che si sono scontrate con le forze di sicurezza interne››.Il primo bilancio parla di 18 membri della milizia curda uccisi, così come sono le 20 guardie che sono state uccise all'interno della prigione.

Quanto accaduto stanotte dimostra essenzialmente due cose: la prima è che le cellule dell’ISIS possono contare sul supporto della popolazione civile che gli permette di nascondersi in mezzo a essa; mentre la seconda è che si tratta dell’ennesima dimostrazione di forza dell’ISIS nella regione nella quale il nuovo califfo Amir Mohammed Abdul Rahman al-Mawli al-Salbi, meglio noto con il nome di battaglia di Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi dopo un periodo di difficoltà, ha impresso la sua impronta fatta di poca dottrina religiosa contrariamente al suo predecessore Abu Bakr Al Baghdadi che era un imam. Questa strategia ha prodotto centinaia di attacchi tra il 2020 e il 2021 e tutto questo nonostante siano stati catturati numerosi comandanti delle bandiere nere come Mohammed Abid al-Awad, alias Rasheed, uno dei più importanti ‹‹emiri›› dell’ex ISIS (piu’ volte dato per morto) , che è stato catturato alla fine del 2021 poco prima di tentare di attaccare lo stesso carcere preso di mira stanotte.

Per tornare all’Iraq, l’ISIS dai primi giorni di gennaio ha concentrato molte delle sue forze nella zona di Tarmiya che si trova a circa 50 chilometri a nord della capitale irachena Baghdad, che è diventato ormai il teatro quotidiano di attentatori suicidi fortunatamente tutti uccisi prima di raggiungere il loro obiettivo anche dai droni americani come accaduto lo scorso 18 gennaio quando, secondo quanto dichiarato Yehia Rasoul, portavoce del comandante in capo delle forze armate irachene, sono stati eliminati ‹‹il comandante della cosiddetta divisione Karkh settentrionale della Wilayat di Baghdad, Khalil Ibrahim Fayyad al-Jubouri, e il suo assistente terrorista anche noto come Saqr, insieme a uno dei loro compagni soprannominato Abu Qais››.

Altro obbiettivo privilegiato dell’ISIS sono i campi di prigionia come quello di Al-Hol città nel governatorato di al-Hasakah (nel nord-est della Siria) che si trova a soli 220 km da Mossul (Iraq). Qui gli uomini e le donne dell’ISIS attaccano anche il personale della Croce Rossa Internazionale come avvenuto qualche giorno fa ad un medico gravemente ferito dopo essere stato accoltellato. Peggior destino ha avuto un infermiere della Mezzaluna Rossa ucciso con le stesse modalità. Due episodi che hanno spinto la Croce Rossa Internazionale a interrompere per qualche giorno le proprie attività nel campo ed è un fatto che ha ulteriormente esacerbato gli animi delle oltre 20.000 famiglie (più di 58.000 persone) molte delle quali sono imparentate con miliziani dell'ISIS uccisi in battaglia o fatti prigionieri che sono presenti nella struttura dove le condizioni igienico-sanitarie sono a dir poco spaventose. È questo lo scenario nel quale tra pochi mesi agiranno i militari italiani e di questo abbiamo parlato con l’on. Alberto Pagani (PD) membro della Commissione Difesa e attento osservatore di quanto accade nel Siraq: ‹‹La responsabilità affidata all’Italia deriva anche dal fatto che, per diverse ragioni, non c’è ostilità verso le FF.AA. italiane come può esserci nei confronti dei nostri alleati americani. Un ruolo di stabilizzazione e pacificazione riesce meglio a chi gode di un rapporto migliore con il governo e le popolazioni locali. In Siria e Iraq l’influenza di Teheran è molto pesante. Il regime del dittatore alawita e bahaatista Bashar al Assad è legatissimo al regime clericale militare iraniano, ed anche il governo iracheno, nonostante l’esito delle ultime elezioni sia in controtendenza per ragioni contingenti, deve tener conto dell’influenza politica iraniana sui partiti e sulle milizie sciite nel sud del Paese, come sui curdi al nord. L’unico aspetto positivo di questa situazione è che il regime iraniano è nemico dell’ISIS e di tutte le formazione terroristiche di matrice sunnita. La nostra capacità di dialogare con tutti deve essere, ed in questo caso può realmente essere, condizione utile per preparare e mettere in campo il massimo delle capacità autonome delle forze locali per il contesto dell’ISIS e di Al Qaeda, che restano una grave minaccia anche per noi››. Intanto, mentre scriviamo si combatte ancora attorno alla prigione di Ghwayran con l’aviazione della coalizione che opera nei cieli sopra la città. Alzi la mano chi è disposto ad accogliere delle bare avvolte nella bandiera italiana.

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Stefano Piazza