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(Rosita Stella Brienza)
Dal Mondo

Diario da Amman, dove la vita scorre malgrado droni e missili sopra la testa

Ero io Giordania proprio nei giorni degli attacchi Iran-Israele

Un vecchio detto recitava “si può fare colazione a Gerusalemme, il pranzo ad Amman e la cena a Beirut”. Oggi le cose sono cambiate, ma il sogno di tutti è che questo detto ritorni a essere attuale. La vita ad Amman procede regolarmente anche dopo l’attacco iraniano a Israele del 13 aprile, quando i cieli si sono riempiti di droni o razzi e la gente pregava che quelle palle infuocate e in movimento non cadessero proprio sulle loro case. Ognuno continua a fare la vita di sempre.

A est la città è più modesta, le case sono addossate tra loro e le vie più strette. E’ qui che vive Mohamed, un uomo di 29 anni. Ammette di essere preoccupato, ma non ha paura. “Il 13 aprile abbiamo sentito forte l’odore della guerra. Ma, noi non abbiamo paura perché, se si ha paura, non si può vivere in Giordania. Amman, tra l’altro, ha radici arabe e significa “protetto”. Sappiamo di essere protetti non solo dal nome Amman e da Dio, ma anche da una politica interna che ci aiuta a rimanere neutrali e ad andare avanti”.

A ovest, la città è ricca e moderna. In questa zona si trovano la residenza privata dei reali e gli alberghi più lussuosi. In uno dei corridoi degli alberghi, due bimbi giocano alla guerra. Vestiti in calzoncini mimetici e dotati di arco e frecce imitano due guerriglieri, mentre continuano a prendere a calci la porta di una stanza, dove probabilmente soggiornano i genitori. Tra est e ovest, si trova il cuore di Amman, dove si percepiscono la quiete della Cittadella e il caos di Downtown.

“Siamo nella Cittadella, su uno dei 25 colli di Amman, quello più panoramico. Insomma, siamo nel cuore di Amman, dove i turisti sono meno numerosi, ma continuano ad arrivare. Questo è il periodo di alta stagione e il turismo è il primo settore a risentire di questa situazione di crisi. Siamo circondati da famiglie con bambini, ma anche da turisti anziani. Da qui, possiamo guardare l’anfiteatro romano costruito da Domiziano nel II secolo d.C. con 6000 posti. Era un sito visitatissimo, oggi lo è molto meno. Ma, dobbiamo essere positivi e guardare al futuro con speranza”. Sono le parole di Khaled Al Homsi, guida turistica esperta che, insieme al suo gruppo continua a fare ammirare i siti più belli della capitale giordana.

(Rosita Stella Brienza)

Ci spostiamo a Paris Square, in uno dei quartieri residenziali della città, dove la piccola piazza ospita caffè e piccole botteghe. “Siamo qui nel mio coffee room e ammetto che il 13 aprile abbiamo avuto paura, adesso però quella paura è sparita totalmente. Noi vogliamo solo una cosa: desideriamo che la guerra a Gaza finisca presto”. Accanto al coffee room, c’è un piccolo negozio di ceramiche, dove Omar, un uomo di 63 anni è preoccupato per la guerra in Palestina e racconta che la Giordania è sempre stato un territorio sicuro anche in tempo di guerra in Medioriente “Non c’è un vero pericolo che viene dall’Iran, ma da Israele. L’Iran per me è un problema secondario. Il business non va bene perché la guerra a Gaza impedisce gli arrivi degli stranieri in Giordania. Per questo, cancellano le prenotazioni. Ma qui non è pericoloso, la situazione è tranquilla. Noi viviamo questa situazione dal 1948, ma è un problema che riguarda Israele e non riguarda noi. La Giordania è un posto sicuro, dove si sta bene e non manca nulla”.

Anche Shahied, una giovane donna di 19 anni proprietaria di un negozio di prodotti tipici a France Square, dice di essere preoccupata per la guerra in Palestina “Siamo in alta stagione e il mio negozio va avanti, ma non va bene come prima. Per esempio, noi lo scorso anno vendevamo 30 barattoli di miele al giorno, quest’anno riusciamo a venderne a malapena 10. Non ho paura della guerra. Qui i conflitti ci sono sempre stati, ma spero che presto la guerra in Palestina finisca per tornare alla nostra vita economica di sempre. Le nostre attività economiche non vanno più tanto bene. Abbiamo bisogno di riprendere in mano la nostra normalità, dobbiamo farlo tutti assieme per garantirci un futuro. Lavoriamo insieme”. La speranza che il conflitto tra Israele e Palestina si risolva presto rappresenta per tutti il sogno della ripresa anche nel segno della rinascita di quel vecchio detto che parlava di poter fare colazione a Gerusalemme, pranzare ad Amman e cenare a Beirut.

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Rosita Stella Brienza