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Una classifica inchioda la scuola italiana per i suoi difetti, che non sono la matematica per le ragazze

I nuovi dati OCSE-PISA, i primi dopo la pandemia, mostrano che la scuola italiana arranca da ogni punto la si guardi. Ora tocca decidere se aspettare la prossima rilevazione statistica, come si è sempre fatto, o ridare alla scuola forza, dignità e risorse necessarie. E sul gender gap nelle scuole siamo sicuri che ci sia davvero un problema?

Ogni dato statistico mostra la crisi della nostra scuola. I dati sono sempre nuovi, cambiano gli istituti di indagine, i termini di confronto, i campioni analizzati, ma drammaticamente non l’esito: la scuola italiana imbarca acqua da tutti i lati.

L’ultima indagine deriva dallo studio internazionale OCSE-PISA e non lascia spazio a dubbi, confermando preoccupazioni e tendenze già chiare da molto, sia per chi legge i dati e si occupa di scuola solo quando esce una nuova classifica, sia per chi entra in classe ogni giorno e grida di sconforto e di rassegnazione ogni volta. Inascoltato.

Cosa dicono i dati. Dicono che il Covid ha causato enormi ritardi per chi avrebbe dovuto essere sui banchi e invece, in Italia più che altrove, non c’è stato. Dicono che nonostante l’impegno nel favorire le discipline scientifiche tra le studentesse, resta un certo divario tra le prestazioni maschili e quelle femminili in matematica. Dicono che tra Nord e Sud c’è ampio divario di preparazione, così come certificano la crisi degli istituti tecnici e il disastro di quelli professionali. Ribadiamo, sono conferme, non novità. La scelta di garantire la precedenza alla ripresa economica rispetto al ritorno alla frequenza scolastica presenta ora il conto, ed è certificato e salato, così come la questione meridionale riemerge per ogni indagine INVALSI da dieci anni a questa parte, per ogni esito di ogni maturità da quando la televisione era in bianco e nero.

Guadagna nuova attenzione invece il divario femminile nelle discipline scientifiche, le cosiddette STEM. E’ in corso, da qualche anno, una politica di avvicinamento del genere femminile alla matematica tramite manuali, libri, pubblicazioni, ma anche per mezzo di concorsi, attività e iniziative politiche che consentano di accorciare le distanze che, in termini di interesse prima e poi di risultati, paiono evidenti. C’è da chiedersi se queste iniziative, per cui si stanno impiegando anche alcuni fondi del PNRR, siano a medio o a lungo termine, se siano efficaci, se qualcuno le stia monitorando, se servirà una verifica in itinere. La scuola, inoltre e in questo caso soprattutto, è immersa nella società ed è difficile attribuirle colpe circa il gender gap. I docenti in classe si rivolgono agli studenti, senza differenza alcuna, e le classi sono costituite tenendo conto di varie specificità, tra cui c’è anche l’equipollenza numerica tra i sessi.

Cosa può fare la scuola per risanare questa situazione? Certamente occorre prendere in considerazione dati anche differenti per contestualizzare una situazione che, forse, non è così emergenziale come sembra. Ogni anno più ragazzi scelgono il liceo scientifico, più ragazze il linguistico e il classico. E’ frutto di uno stereotipo? Si tratta di scelte libere? Si tratta – ecco il tema – di scelte che devono essere riviste perché indotte? Difficile stabilirlo, soprattutto dall’osservatorio della scuola superiore, che si ritrova gli iscritti ai banchi-nastri di partenza, senza operare selezioni. Se si trattasse di scelte obbligate o comunque veicolate da mentalità retrograde, certo il tema è educativo – a casa – e lavorativo – per stipendi e tutele. La questione intellettuale però si può risolvere più speditamente smontando alcuni stereotipi. Il primo è quello per cui chi va bene in matematica sia più brillante, più intelligente, più orientato al successo. E’ una mentalità settaria, paludata, datata quanto quella di chi ritiene che le ragazze debbano leggere e scrivere mentre i ragazzi si debbano orientare a far di conto a scuola per far soldi poi.

In secondo luogo, un dato illuminante: più della metà degli studenti liceali è femmina; le ragazze sono in minoranza – non netta - allo scientifico, ma prevalgono in tutti gli altri corsi doppiando di varie volte i colleghi maschi per cui, sempre che non si assegni alla scienza la palma del primato – su quali basi? Sarebbe interessante discuterne e rivedere questo enorme stereotipo– ecco che il problema risulta più relativo e meno grave di quanto alcuni titoli vogliano far credere.

I problemi della scuola, se si parla di scuola, sono davvero ben altri.

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Marcello Bramati