subsonica
(Chiara Mirelli)
Musica

I Subsonica ci fanno ballare sulla nostalgia del futuro

Lo storico gruppo torinese ha confermato ieri sera al Palasport di Roma di essere una delle migliori live band italiane, con un mix di successi e di nuovi brani dell’album Realtà Aumentata

I Subsonica, in quasi trent'anni anni di attività, hanno creato un sound inconfondibile, ipnotico e adrenalinico al tempo stesso, influenzato da ritmi underground e da linguaggi sonori sperimentali, che ha portato Torino al centro della musica italiana. Tra le due tendenze musicali più in voga allora, il rock e l’elettronica, è nata nel 1996 la «terza via» dei Subsonica dall’incontro del produttore e chitarrista Max Casacci con il frontman Samuel e l’eclettico tastierista Boosta, a cui si aggiunge la potente sezione ritmica formata dal batterista Ninja e dal bassista Pierfunk (sostituito tre anni dopo da Vicio, che da allora è una colonna della band).

Un gruppo con quasi trent’anni di carriera alle spalle potrebbe vivere tranquillamente sui successi del passato e sulla solida (e meritata) reputazione di essere una delle migliori live band italiane, mentre i Subsonica hanno confermato di essere sempre attuali e rilevanti anche nell’ultimo album Realtà Aumentata, il decimo lavoro in studio della band torinese. Un viaggio sonoro di undici brani, tra i migliori della loro recente discografia, che risentono tematicamente dell'isolamento forzato dovuto alla pandemia, oltre che dai progetti solisti di ciascuno dei componenti della band: tutte esperienze che hanno arricchito di inediti colori il sound inconfondibile della band, che qui torna per certi versi alle origini, anche se attualizzato in una forma espressiva nuova. Un album che piacerà ai loro fan storici per l'inconfondibile mix tra alt rock ed elettronica, ma che potrebbe conquistare anche un nuovo pubblico, vista la varietà di influenze musicale e l'attualità dei temi affrontati: la disumanità, la violenza e la rabbia sorda che attraversano le nostre città, le guerre più o meno visibili, le questioni ambientali, le ragazze e ragazzi di seconda generazione, la disforia di genere, lo scontro epocale tra conservazione e progressismo, i rischi e le opportunità della globalizzazione, la disinformazione da cui è sempre più difficile difendersi, l'alienazione e il livellamento verso il basso indotto dai social.

Il fatto che i Subsonica credano fortemente in Realtà Aumentata lo dimostra anche la scaletta del tour che ieri sera ha fatto tappa al Palasport di Roma, dove i fan di ieri e di oggi si sono ritrovati fianco a fianco per assistere a un concerto che, per compattezza sonora e per la tecnologia utilizzata, ha davvero pochi rivali in Italia.

I primi quattro brani del concerto, iniziato poco dopo le ventuno, sono tutti di Realtà Aumentata: l’antropomorfa e corrosiva Cani Umani, il coinvolgente electrofunk Mattino di Luce, il rock-reggae sulfureo di Pugno di Sabbia e l'afrobeat futuristico di Africa su Marte, che ha ispirato anche la copertina dell’album, in una perfetta fusione tra le radici terrestri e le visioni cosmiche della band. La prima cosa che salta all’occhio è il palco ipertecnologico di venti metri di lunghezza (ideato dal regista e scenografo Jordan Bavev), con cinque pedane basculanti su cui è posizionato ciascun musicista, con un braccio meccanico autonomo che si eleva fino a sei metri sopra il livello del palco. Alle spalle e di fronte alla band troviamo una sorta di “gabbia” che si trasforma in video quando viene sollevata, con un enorme videowall su cui vengono proiettati i visual di Riccardo Akasha Tommaso Rinaldì e Niccoló Borgia, mentre le luci stroboscopiche del light designer Davide Pedrotti esaltano i brani più dance dei Subsonica. Uno spettacolo per gli occhi e per le orecchie, grazie al tiro e al groove della band, che ci fa cullare nei ricordi del 1997 con il reggae ipnotico di Le cose che non ho, prima della scarica di bpm di Veleno, che fa alzare in piedi il Palazzo dello Sport per ballare sulla sua ritmica indiavolata e sui suoi synths minacciosi. Il momento discoteca prosegue con l’irresistibile hit Aurora Sogna, che già nel 2000 prefigurava la carne sintetica, e con Liberi Tutti, due dei brani più amati del loro capolavoro Microchip Emozionale. «Nel nostro viaggio abbiamo attraversato momenti particolari», spiega il frontman Samuel, che si prende una meritata pausa dopo aver cantato e saltato da una parte all’altra del grande palco. «L'ultimo album è stato un po’ un ritorno ai nostri inizi, anche per come lo abbiamo registrato. Ora siamo a metà percorso, ma negli anni Novanta immaginavamo un futuro migliore, mentre la grande finanza ci ha reso più poveri e intorno a noi c'è una patina di gelatina chiamata Glaciazione». Dopo le visioni apocalittiche di Glaciazioni, si torna alla festa sugli spalti con Discolabirinto, uno dei maggiori successi dei Subsonica, con il ritmo che si mantiene sostenuto nelle successive Nuvole rapide e Il centro della fiamma. Prende la parola Boosta, definito da Samuel “l’alchimista dei suoni” dei Subsonica con la sua futurista console di synths verticali e con la sua tastiera basculante, che chiede al pubblico: «Chi c’era venticinque anni fa ad ascoltarci a Il Locale di Vicolo del Fico? Pur non avendo noi esattamente un accento romano, Roma ci ha accolto fin dagli esordi come se fossimo di famiglia. Prima ho visto alcuni di voi limonare sui brani più ritmati, adesso potete farlo anche in un brano più lento come Missili e Droni».

In Missili e droni (al termine del quale sono state proiettate le scritte a caratteri cubitali Stop Bombing Gaza e Stop Bombing Ukraine), Dentro i miei vuoti e Giungla nord la band mette da parte la sciabola del ritmo a favore del fioretto delle tessiture sonore e dei suoni più atmosferici. Dopo gli archi avvolgenti del recente brano Universo, fa il suo ingresso il rapper Ensi che, con le sue barre infuocate e il suo flow old school, esalta i brani Il cielo su Torino e Scoppia la Bolla, prima di regalare un momento di puro hip hop con la sua epica Numero Uno e con Aspettando il Sole di Neffa (che ieri ha postato su Instagram lo snippet di un nuovo brano rap, dopo oltre vent’anni di lontananza dalla scena hip hop). Dopo la rabbia per l’attualità di Nessuna colpa, il concerto entra nella sua fase finale con alcuni dei brani più attesi e amati dai fan: Il diluvio, Lazzaro, Benzina Oghoshi, L’odore e il bis-non bis (nel senso che i Subsonica non hanno fatto finta di uscire per poi rientrare sul palco) di Tutti i miei sbagli e Strade, che sono rispettivamente il più grande successo della band e il brano che, pur non essendo propriamente una hit, è diventato nel tempo una sorta di inno identitario per i fan di vecchia data della band torinese.

Mentre nei concerti dei gruppi con diversi lustri di carriera alle spalle i nuovi brani vengono vissuti spesso dai fan come uno scotto necessario in attesa dei successi del passato, ieri le nuove canzoni di Realtà Aumentata si sono amalgamate perfettamente ai pezzi storici dei Subsonica, che si è confermata una live band straordinaria. Samuel, di cui invidiamo l’inesauribile energia con la quale canta, corre, salta e balla per due ore consecutive, è un frontman che sa come pochi accendere e coinvolgere il pubblico; Boosta dà spettacolo sopra e fuori dal palco con le sue tastiere che sembrano uscite da un film di fantascienza degli anni Cinquanta; Max Casacci è un vero artigiano delle tessiture sonore, che forniscono groove o atmosfera a seconda del brano; Ninja e Vicio formano una macchina della ritmica che va a cento all’ora, senza mai una battuta d’arresto.

I Subsonica , in conclusione, non sono una band degli anni Novanta che celebra il suo glorioso passato, ma una band contemporanea e attuale, che, pur avendo creato negli anni un sound distintivo e riconoscibile, non si accontenta di replicare il passato, ma è già proiettata nel futuro, verso nuove sfide sonore e tematiche che promettono di farci ballare anche mentre il mondo intorno a noi brucia.

La scaletta dei Subsonica al Palasport di Roma (8/4/24)

Cani umani

Mattino di luce

Pugno di sabbia

Africa su Marte

Cose che non ho

Veleno

Aurora sogna

Liberi tutti

La glaciazione

Discolabirinto

Nuvole rapide

Il centro della fiamma

Missili e droni

Dentro i miei vuoti

Giungla nord

Universo

Il cielo su Torino

Scoppia la bolla

Numero uno

Aspettando il Sole

Nessuna colpa

Il diluvio

Lazzaro

Benzina Oghoshi

L’odore

Tutti i miei sbagli

Strade

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Gabriele Antonucci