Rendite finanziarie: chi paga di più
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Rendite finanziarie: chi paga di più

Col prelievo al 26%, i piccoli azionisti tassati più dei grandi investitori

Due pesi e due misure. E' la logica con cui il fisco italiano tratta gli investitori, avvantaggiando quelli grandi e penalizzando i piccoli, soprattutto ora che sta per aumentare dal 20 al 26% la tassazione sulle rendite finanziarie, per volontà del governo Renzi.

RENDITE FINANZIARIE: IL PRELIEVO DEL 26%

I piccoli azionisti di una società, infatti, pagheranno un' imposta di 26 punti percentuali sui dividendi dei titoli in loro possesso, cioè sugli utili dell'azienda distribuiti ogni anno ai soci. I grandi azionisti che hanno una partecipazione qualificata ( cioè superiore al 2% del capitale nelle imprese quotate in borsa o al 20% in quelle non quotate), continueranno invece a riportare gli utili nella propria dichiarazione dei redditi, cioè nel modello Unico. In questo modo, le rendite finanziarie verranno assoggettate all'irpef che ha un' aliquota variabile tra il 23 e il 43%, a seconda del reddito dichiarato. Gli azionisti qualificati non devono però indicare nel modello Unico tutti i dividendi incassati ma soltanto una parte, cioè poco meno del 50% (più precisamente il 49,7% circa). E' una regola stabilita dal fisco per evitare una doppia tassazione, visto che gli utili dell'impresa sono già stati assoggettati anche ad altre imposte come l'Ires (che grava sui redditi societari).

Dunque, un piccolo azionista che incassa un dividendo di 10mila euro, pagherà presto 2.600 euro di tasse (il 26% di 10mila). Se lo stesso dividendo viene percepito da un investitore che detiene una partecipazione qualificata, invece, l'imposizione sarà più bassa e determinata, a grandi linee, nel modo seguente: prima si prende la somma di 10mila euro e vi si calcola sopra il 49,7%. Totale: poco meno di 5mila euro, che saranno soggetti all'irpef. Se l'investitore non ha altri redditi e paga l'aliquota dell'irpef più bassa, la tassazione sarà di appena 1.150 euro circa (il 23% di 5mila). Se invece l'azionista qualificato è abbastanza ricco e ha altri redditi, l'imposizione arriverà a un massimo del 43% (l'aliquota irpef più alta) per un totale di circa 2.150 euro circa. Si tratta di una cifra comunque inferiore a quella pagata dal piccolo risparmiatore. E' un trattamento ben poco equo, al quale il governo può però rimediare, cambiando le regole fiscali anche per gli azionisti qualificati.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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