Intervista esclusiva all’Ambasciatore d’Italia in Cina, Massimo Ambrosetti
Massimo Ambrosetti, Amb. d'Italia in Cina
Economia

Intervista esclusiva all’Ambasciatore d’Italia in Cina, Massimo Ambrosetti

La Rubrica - Un Europeo in Cina

Nella nostra rubrica abbiamo condotto interviste con numerosi imprenditori e rappresentanti del Sistema Italia all’estero. Questa volta abbiamo avuto l'onore di intervistare il nuovo Ambasciatore d’ Italia presso la Repubblica Popolare Cinese S.E. Massimo Ambrosetti che ha iniziato il suo incarico il 16 maggio scorso.

L’Ambasciatore si è laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche Internazionali presso l'Università di Padova. Nel corso della sua carriera, ha continuato a perseguire un alto livello di formazione accademica, tra cui un Master in Relazioni Internazionali a Cambridge, un Master in International Human Rights Law a Oxford e un Dottorato a Georgetown University con un PhD conseguito a Cambridge. La sua carriera diplomatica ha preso il via nel marzo 1991, concentrando inizialmente la sua attenzione sulla Cina presso l'Ufficio Asia della Direzione Generale Affari Economici del Ministero degli Affari Esteri. Ha prestato servizio all'Ambasciata d'Italia a Pechino come Vice Capo dell'Ufficio Economico-Commerciale dal 1994 al 1999. Successivamente, tra il 1999 e il 2002, ha lavorato presso la Rappresentanza Permanente d'Italia presso la NATO a Bruxelles, prima come Capo Segreteria del Rappresentante Permanente e successivamente come Consigliere di Legazione.

Dopo aver svolto incarichi di rilievo negli Stati Uniti e Bruxelles, nel 2018 è stato nominato Ambasciatore d'Italia a Panama. Prima di ritornare in Cina, dall'aprile 2022 al maggio 2023, ha ricoperto la posizione di Direttore per gli Affari Strategici Internazionali presso l'Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN).Un curriculum di tutto rispetto per rappresentare l’ Italia in Cina che ricordiamo e’ la seconda potenza manufatturiera d’ Europa, membro G7 e tra gli Stati fondatori dell’ Unione Europea.Di seguito l’ intervista in cui tocchiamo diversi punti, la cooperazione commerciale tra Italia e Cina gli scambi culturali e naturalmente un po’ di geopolitica.

Ci risulta che Lei abbia iniziato la Sua carriera diplomatica “un po’ di tempo fa” proprio in Cina, ritornarci come Ambasciatore d’Italia, ci può raccontare le sue sensazioni?

«Ho servito la prima volta in Cina nella seconda metà degli anni ’90, allora come vice capo dell’ufficio economico-commerciale. Era, ovviamente, un’altra Cina, in una fase di profonda trasformazione, apertura e sviluppo. Da allora, naturalmente, molto è cambiato, non solo grazie al forte processo di urbanizzazione e agli enormi investimenti infrastrutturali, ma anche a seguito dello sviluppo tecnologico e alla digitalizzazione della società cinese. Ho ritrovato una Cina molto diversa, ma dal punto di vista della mentalità e di un certo retroterra socio-culturale, non così dissimile da quella che avevo conosciuto trent’anni fa».

Come pensa sia cambiato/evoluto il rapporto tra la Cina e l’Italia negli ultimi anni?

«Il nostro rapporto bilaterale è stato influenzato anche dalle dinamiche interne, basta guardare ai diversi percorsi di crescita dei due sistemi economici nell’ultimo quarto di secolo. Negli anni Novanta -solo per fare un esempio significativo in questo senso- la Repubblica Popolare Cinese era ancora beneficiaria di aiuti allo sviluppo italiani. Quello che non è cambiato è il rapporto fra Italia e Cina, solido e di lunga durata, che affonda le sue radici in un lungo percorso di scambi e contatti fra due civiltà millenarie. Il partenariato fra Italia e Cina presenta caratteristiche di collaborazione consolidate, tanto sul piano bilaterale quanto nei principali fora internazionali e nell’ambito delle relazioni UE-Cina. Sono profili e ambiti di collaborazione che continuano ad offrire una solida base per l’ulteriore sviluppo delle nostre relazioni, nonostante i mutamenti del contesto internazionale, che non possiamo sottovalutare in una fase che è caratterizzata anche da elementi di competizione strategica».

Secondo Lei, quali sono le nuove opportunità e le sfide per le imprese italiane che operano in Cina o che vedono la Cina come un nuovo mercato dove approdare?

«La Cina è la seconda economia del mondo, con grandi capacità di innovazione tecnologica, con un notevole capitale umano e con una classe medio-alta in costante espansione. È un mercato che continua a presentare opportunità per i prodotti, le imprese e gli investimenti italiani, dai tradizionali settori industriali e dei beni di consumo a quello innovativo -e in dinamica crescita- dei servizi. Ciò, pur a fronte di un recente quadro congiunturale caratterizzato da livelli di crescita economica, domanda e indici di fiducia per la prima volta decrescenti dopo decenni. Indubbiamente, le sfide che le imprese incontrano in questo particolare sistema economico, accentuate dai cambiamenti geopolitici in atto su scala globale, sono rilevanti. A livello istituzionale, continuiamo a lavorare per un ribilanciamento dei rapporti commerciali attraverso un maggiore accesso al mercato, una genuina parità di condizioni e trattamento per le nostre imprese, una miglior tutela dal punto di vista del sistema legale e in termini di protezione della proprietà intellettuale. Il mercato cinese continua ad essere caratterizzato da considerevoli opportunità unitamente ad una indubbia complessità del contesto operativo e regolatorio, che rende più costoso ed impegnativo operarvi per le imprese straniere. Per queste ragioni, rimane fondamentale per le imprese adottare un approccio strategico, dotandosi di risorse e competenze adeguate e definendo il proprio posizionamento su questo mercato in un’ottica di lungo periodo basata su un’attenta analisi dei costi e dei benefici potenziali. Allo stesso tempo, soprattutto per rilanciare settori fondamentali per il nostro export, come i prodotti di gamma alta, di design e di lusso, bisogna rafforzare senza ulteriori ritardi quell’approccio di sistema che è un fattore imprescindibile per avere successo su questo mercato».

Finalmente sono riprese le visite politiche dei rappresentanti italiani in Cina. Di recente, il Vice Premier e Ministro degli Affari Esteri e cooperazione internazionale On. Antonio Tajani è venuto a Pechino per il rilancio delle relazioni bilaterali e per parlare tra le altre cose anche del rinnovo dell’ accordo sulla BRI. Ci puo’ dire come e’ andata la visita?

«La visita del Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Tajani è stata indubbiamente un successo perché ha offerto un’occasione di confronto costruttivo e strategico con le controparti cinesi: il Ministro degli Esteri Wang Yi e il Ministro del Commercio Wang Wentao. Sono state affrontate tutte le principali questioni del rapporto bilaterale, in ambito politico, economico, scientifico e culturale. I due Ministri degli Esteri hanno inoltre co-presieduto l’XI sessione plenaria del Comitato Governativo Italia-Cina, che costituisce il principale meccanismo di coordinamento delle collaborazioni bilaterali nei vari settori di reciproco interesse. Con il Ministro degli Esteri Wang Yi è stato possibile affrontare anche importanti temi dell’agenda internazionale, anzitutto la guerra in Ucraina, ma anche le relazioni UE-Cina. Prima missione a Pechino di un Membro di Governo dalla pandemia, la missione del Vice Presidente del Consiglio è stata una visita molto intensa e proficua, preceduta peraltro da visite di Ministri cinesi in Italia. È stata confermata la volontà delle due parti di continuare tale rinnovato scambio di visite, e infatti recentemente si è svolta un’articolata missione in Cina del Ministro del Turismo Santanchè. Si tratta di un vero e proprio rilancio della collaborazione bilaterale, dopo gli anni della pandemia, anche in vista del ventesimo anniversario, l’anno prossimo, del partenariato strategico globale istituito tra Italia e Cina nel 2004. Come dichiarato in recenti occasioni dal Ministro Tajani e dalla stessa Presidente Meloni, è questo il quadro di riferimento primario per l’ulteriore sviluppo della collaborazione tra Italia e Cina, al di là delle future decisioni del Governo sul Memorandum sulla Belt and Road Initiative».

Guardando al futuro, può condividere con noi quali sono gli ambiti in cui intende lavorare per approfondire il rapporto bilaterale magari trovando la soluzione per ridurre il crescente trade deficit tra i due paesi? E quali sono le sfide e prospettive?

«La promozione delle nostre esportazioni in Cina in un’ottica di riequilibrio della bilancia commerciale deve essere perseguita attraverso un sempre maggiore e migliore accesso al mercato cinese, obiettivo assolutamente prioritario della nostra azione, che dobbiamo affrontare non solo a livello bilaterale ma contribuendo da protagonisti alle relazioni tra Unione Europea e Cina. Il partenariato strategico bilaterale ci offre tutti i canali e strumenti per sviluppare queste azioni: in questa prospettiva occasioni importanti saranno la prossima Commissione Mista Economico-Commerciale, da convocare in Italia in tempi ravvicinati, e il negoziato per il prossimo piano d’azione triennale Italia-Cina. Anche la partecipazione qualificata delle nostre imprese alle principali Fiere cinesi offre una significativa cornice per promuovere le nostre eccellenze, incluso l’alto di gamma. Come ha sottolineato il Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri Tajani, la nostra azione è ispirata dalla “diplomazia della crescita”, che si fonda sulla articolata promozione del nostro export e l’internazionalizzazione delle nostre imprese, incluse le PMI che costituiscono una parte importante del nostro tessuto industriale. La Cina continua a rappresentare un mercato strategico ma dobbiamo anche rendere l’Italia più strategica per la Cina, soprattutto a livello di qualificati investimenti cinesi che favoriscano la nostra crescita tecnologica».

Nei mesi precedenti, Lei ha partecipato ad una serie di eventi culturali in Cina tra cui l’apertura della mostra a Shanghai dedicata a Botticelli ed il Rinascimento. Crede che la cultura possa essere uno strumento per rafforzare il dialogo e la cooperazione fra i due paesi?

«Le relazioni culturali rappresentano da sempre uno strumento privilegiato di dialogo tra Cina e Italia e un vantaggio comparato rispetto alla maggioranza degli altri Paesi. Negli ultimi mesi l’arte e la cultura italiana sono state straordinarie protagoniste dell’agenda tra due Paesi che sono unanimemente riconosciuti come “superpotenze culturali”. In Cina si guarda all’Italia come erede di una millenaria civiltà che, al pari di quella cinese, ha segnato il corso della storia e dello sviluppo dell’umanità. Negli anni a venire la diplomazia culturale continuerà ad occupare una posizione cruciale nel quadro delle relazioni bilaterali con la Cina. In un contesto internazionale complesso come quello attuale, aggravato dalla guerra di aggressione in Ucraina, la cooperazione internazionale in ambito culturale è infatti ancor più necessaria, in quanto prezioso strumento di dialogo, reciproca conoscenza e di comunicazione strategica tra stati e popoli. In questo senso, lavoriamo per proiettare una diversificata offerta culturale per il pubblico cinese, sia nelle grandi città come Pechino e Shanghai, ma anche in centri urbani meno conosciuti. Con riferimento al solo settore delle mostre allestite nel 2023, voglio ricordare quella sui Capolavori dell'autoritratto dalla collezione delle Gallerie degli Uffizi, “The Light of Ancient Roman Civilization” presso il China World Art Museum; la stupenda mostra di Botticelli e del Rinascimento che lei ha citato; la mostra sulle civiltà dei grandi fiumi; ma anche la recente apertura a Pechino di un’altra splendida mostra su Pompei del Museo Archeologico di Napoli, cui seguiranno nelle prossime settimane le mostre su Tiziano a Hong Kong e su Caravaggio a Shanghai. Grande successo, per passare al contemporaneo, hanno avuto la mostra sul Trittico del Centenario e la nascita del design italiano e quella che ha esposto a Xi’an capolavori della Collezione Farnesina. Per il 2024, a celebrazione dei 20 anni del partenariato strategico bilaterale e dei 700 anni della morte di Marco Polo, stiamo inoltre lavorando ad un ambizioso programma di iniziative per ripresentare al pubblico, fra l’altro, la figura del noto esploratore, che qui rappresenta – insieme a Matteo Ricci - uno dei modelli di dialogo tra Oriente e Occidente».

A cura di: Avv. Carlo Diego D’Andrea, Vice Presidente della Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina

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