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Economia

L'inflazione rallenta in Italia ed Europa: primi segnali di uscita dall'emergenza

Sebbene il +11,8% di dicembre sia il dato più elevato dal 1985 in Italia i prossimi mesi lasciano ben sperare sulla fine dell’onda inflazionistica

Il picco dell’inflazione pare essere alle spalle anche se le stime preliminari dell’Istat per il mese di dicembre dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) parlano di un +11,8%. Una doppia cifra sotto la quale l’Italia, a differenza di altri Big Europei non riesce ancora a scendere, ma che nella sua pur lieve flessione (-0,3%), sembra far ben sperare per i prossimi mesi.

Cosa ha determinato il calo

Il rallentamento su base tendenziale dell’inflazione è dovuto, come spiega Istat, prevalentemente ai prezzi dei beni energetici, (che, pur mantenendo una crescita molto sostenuta, passano da +67,6% di novembre a +64,7%), in particolare della componente non regolamentata (da +69,9% a +63,3%). In calo anche i prezzi dei beni alimentari non lavorati (da +11,4% a +9,5%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +6,8% a +6,0%).

Il nodo degli energetici

Il dato avrebbe poturo essere migliore se i prezzi dei beni energetici regolamentati fossero stati più contenuti e invece hanno segnato rincari che oscillano tra il +57,9% e il +70,3%. Non accennano a diminuire anche i prezzi dei beni alimentari lavorati (da +14,3% a +14,9%), di quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +5,5% a +6,2%) e dei servizi relativi alle comunicazioni (da +0,2% a +0,7%).

L’elemento che resta preoccupante è che l’inflazione di fondo (ovvero quella al netto di energetici e alimentari freschi) accelera dal +5,6% a +5,8% ed è proprio questo il dato cui la Bce guarda per valutare e decidere eventuali mosse di politica monetaria.

Cosa pesa di più nel carrello degli italiani

A registrare la variazione tendenziale maggiore è ancora una volta la voce abitazione, acqua, elettricità e combustibili: +54,5%. Seguono i prodotti alimentari e bevande (+13,1%) e i servizi ricettivi e di ristorazione (+8,1%) e i mobili, articoli e servizi per la casa (+7,6%).

L’istituto nazionale di statistica spiega che “Nel 2022 i prezzi al consumo hanno registrato una crescita in media d’anno di +8,1%, segnando l’aumento più ampio dal 1985 (quando fu pari a +9,2%). In base alle stime preliminari l’inflazione acquisita, o trascinamento, per il 2023 (ossia la crescita media che si avrebbe nell’anno se i prezzi rimanessero stabili fino al prossimo dicembre) è pari a +5,1%, ben più ampia di quella osservata per il 2022, quando fu pari a +1,8%”.

Torna a crescere il potere d’acquisto delle famiglie

Torna a riprendere lentamente quota anche potere d’acquisto delle famiglie sebbene ancora frenato dai prezzi. Nel terzo trimestre 2022 infatti il reddito delle famiglie consumatrici è aumentato in termini nominali dell’1,9% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi finali sono cresciuti del 4,1%. Il potere d’acquisto delle famiglie, frenato dalla crescita dei prezzi, è tuttavia cresciuto sul trimestre precedente dello 0,3%. In un simile contesto non può che diminuire anche la propensione al risparmio stimata al 7,1%, in calo di 1,9 punti rispetto al trimestre precedente.

Cosa succede in Europa

Il trend italiano è in linea con il calo generico dell’inflazione in tutta la zona euro dove la crescita dei prezzi rallenta in Spagna, Germania e Francia sebbene a ritmi più sostenuti rispetto all’Italia. A dicembre, infatti, il tasso di inflazione si è assestato al 5,8% in Spagna, al’8,6% in Germania mentre non ha superato il 5,9% in Francia. In calo anche l’inflazione in Portogallo dove è passata al 9,6% rispetto al +9,9% di novembre).

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Barbara Massaro