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Calcio

La Supercoppa in Arabia ha esportato le ipocrisie del calcio italiano

Bilancio della settimana a Riyad tra luci e ombre. I presidenti la vogliono anche se pubblicamente ne parlano male e lo spettacolo è stato simile a quello di ogni settimana in Serie A

Adesso che è finita si può dire: la settimana della Supercoppa Italiana in Arabia Saudita è stata in linea a quelle che l'hanno preceduta e purtroppo a quelle che seguiranno. Abbiamo esportato il meglio e il peggio del nostro calcio senza farci mancare nulla. Le ultime due fotografie sono state, in ordine rigoroso di apparizione, la premiazione disertata da Mazzarri convinto di aver subito un furto (recidivo, gli era già capitato nel 2012 a Pechino allora con tutto il resto della squadra) e i giocatori dell'Inter a dare in mano il trofeo ai capi di una curva messa sotto inchieste dalla Procura di Milano e certamente molto discussa.

Nulla di nuovo, insomma. Il tutto mentre a qualche migliaio di chilometri di distanza il campionato viveva il week end del ritorno del razzismo negli stadi e delle pietre lanciate dagli spalti. Tutto bene, no? In realtà abbiamo anche esportato altro e non tutto è stato negativo.

Ad esempio, al netto dello stadio desolatamente vuoto al debutto della manifestazione, si sono viste tre partite godibili e nelle quali nessuno dei protagonisti ha tirato indietro la gamba. La Lazio ha fatto una figuraccia, ma la nettezza con cui Sarri se ne è assunto la responsabilità indica come non fosse accettato essere usciti quasi senza essersi presentati in campo. A livello tecnico, dunque, la Serie A ha confermato di avere dei contenuti che possono interessare anche fuori dai nostri confini e molta della delusione del pubblico locale era riservata all'assenza di Milan e Juventus e non al prodotto messo in mostra in campo.

Il contratto da 23 milioni di euro a stagione, da spartirsi tra le presenti e (7 milioni) tutto il resto dei club non è la sola spiegazione per la quale sia valsa la pena andare fino a Riyad e impegnarsi a farlo ancora nei prossimi anni. Senza presenza sul territorio è ingenuo immaginare che la Serie A possa attecchire su un mercato ricchissimo e già occupato manu militari dalla solita Premier League e dalle Liga spagnola. Si va dove ci sono i soldi che è una delle regole base dell'economia, non solo quella calcistica.

Semmai fa sorridere che della Supercoppa in Arabia si divertano tutti e parlare male anche se tutti la vogliono. E la votano. Dopo Maurizio Sarri che l'ha definita un torneo "prendi i soldi e scappa" c'è stata la conversione di Aurelio De Laurentiis che in extremis aveva proposto di restare in Italia dando 'buca' agli arabi. A bocce ferme ha spiegato di essersi convinto del contrario, ha definito l'Arabia Saudita un paese sulla strada di una "straordinaria democratizzazione" che presto sarà il centro del mondo.

E' andato oltre, però, sostenendo che dall'anno prossimo la Supercoppa Italiana semplicemente non andrebbe più disputata perché senza senso. Lo ha detto a pochi metri da chi, per ospitare la Supercoppa Italiana senza senso del 2024, ha impegnato altri 23 milioni di euro. E lo stesso nel 2025 e nel 2026. Un capolavoro assoluto di comunicazione. Nulla di cui stupirsi per chi è abituato a frequentare le cose italiane, magari di più per gli altri. Ma nel pacchetto venduto a Riyad evidentemente erano comprese anche ipocrisie e contraddizioni del nostro calcio e non solo i gol di Lautaro Martinez.

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Giovanni Capuano